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Sofia la giovane allodola

Da Fiaba

Martedì 19 Marzo 2013 10:27 Scritto da Monica F.

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C’era una volta una giovane allodola dalle ali bianche e gli occhi di una cangiante tonalità viola scuro, di nome Sofia.

Nata senza ali, storpia e malferma, impacciata nella postura, ma cocciuta e caparbia, lei non si era mai persa d’animo, e anche se claudicante e incerta, costretta a nutrirsi solo di semi e tanta, tanta acqua, non aveva mai smesso di cantare, seppur facendolo sui rami bassi - gli unici che riusciva a raggiungere balzando con le sue zampette - come la sua condizione le imponeva, ugualmente orgogliosa di riempire con le sue belle note il creato.

“Storpia!”, “E’nata senza ali!” echeggiavano le voci intorno “Ma come mai è nata senza le ali?”, “Ma non può affrontare il volo!”, “Vive fra le rocce!”, “Ma riesce a nutrirsi?”, “E nei periodi di magra come fa, se sulla pietra scarseggiano i semi?”, “Ma non si può guarire?” , “No, mai?”, “E con voi sorelle non canta mai?”, “E come potrebbe?”, “Come farebbe a seguirci in volo?”, “Alla festa della primavera, mi sembra, non sia mai stata invitata” , “E’ chiaro!”

“Ma io ho due ali, però!” fermò quel cicaleccio un giorno il bel pettirosso Tobia, gonfiando il petto “E potrei dividerle con lei!” sorrise tirando su il becco.

“Ma così saresti costretto tu a vivere storpio! E volare sui rami bassi!” frullò lei beccandogli contro, colpita.

Ma lui conosciuta l’allodola ancora piccolo, cresciuto con lei, da sempre invaghito del suo cuore così puro, dei suoi begli occhi viola e di quei suoi modi di avanzare senza ali così goffi, ma per lui particolari e speciali, seppur alle prese da sempre con quel piglio di lei così acido e scontroso, conoscendone l’animo, non aveva mai lasciato che i suoi sogni fossero distrutti “Ma io lo voglio! Lo voglio! Lo voglio con tutto me stesso! Sofia, io ne ho due!”

“Ma questo ti costringerebbe a vivere solo a metà quel cielo, che adesso puoi attraversare per intero libero e felice! E a nutrirti di foglie e tanta acqua!” drizzò lei le piume della coda, stizzita.

“E’ pazzo!”, “Inverosimile!”, “Fuori di senno!”, “Qualcuno lo faccia ragionare!”, “Forse scherza!”, “Vaneggia!”

E lei leggendo in lui la limpidezza dei suoi sentimenti, fuggì via, ribadendo il suo secco no.

Quella notte Tobia scelse per dormire un ramo basso accanto al suo, accoccolandosi morbido, morbido per darsi calore, su quell’arbusto ancora coperto di patina ghiacciata, l’ultimo gelo prima della bella stagione, e lei scorgendolo là solo e infreddolito, sciogliendo il becco in un sorriso, si accostò per scaldarlo.

Al risveglio, all’alba, Sofia aveva un’ala, Tobia l’altra.

E insieme presero a volare in due, adagio, con lentezza, gridando al modo intero la loro gioia in un canto meraviglioso: melodia d’amore, d’impareggiabile bellezza.

 


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