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SOFY MAJOR, Idolize

Creato il 20 luglio 2013 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Sofy Major

A dispetto dell’uragano Sandy, che si è abbattuto sullo studio di registrazione di Brooklyn dove i francesi Sofy Major erano intenti a registrare la loro nuova release, Idolize è la classica dimostrazione di come determinazione e forza di volontà possano rispondere a testa alta anche di fronte alle più devastanti calamità. Persa la strumentazione e costretti a ripartire pressoché da zero, hanno creato un ritorno potente e ricco di spunti interessanti, a cavallo tra noise, stoner e post-metal dai riverberi souhern, quindi inaspettato crocevia tra cemento e polvere, spazi angusti e paesaggi sconfinati, rabbia urbana e ostilità temprata dagli elementi. Niente male se si pensa che la formazione viene dal vecchio continente e, per questo, mantiene comunque un approccio personale e meno yankee alla materia. In fondo, gli indizi per comprendere quanto certe sonorità “stelle e strisce” (in particolare, la vena noisy/AmRep) siano parte integrante del dna dei Sofy Major c’erano tutti: lo stretto legame di parentela con la Solar Flare, che non a caso ha realizzato l’album dei Pigs di Dave Curran (Unsane) e la presenza dello stesso Curran su “Steven The Slow” erano tracce evidenti che portavano in una direzione ma che, al contrario, non lasciavano intravedere l’altra componente del suono, quella vena che rende il tutto meno tributo e più melting pot, rielaborazione, voglia di rimasticare alla propria maniera. Così, dopo “UMPKK pt.1”, che prende letteralmente di sorpresa l’ascoltatore, ecco arrivare un brano che si pone a metà strada tra stoner e grunge, per dar vita al potenziale singolo dell’album, un pezzo in cui suoni caldi e corposi come un buon whisky invecchiato si sposano a un procedere sinuoso, ammaliante e capace di richiamare persino gli Alice In Chains. Si potrebbe andare avanti parecchio con esempi di quanto l’eclettismo sia caratteristica fondante e indispensabile di questo Idolize, ma ciò che più conta è l’essere di fronte a un disco che, pur senza ambire a titoli o trofei, sarebbe davvero un peccato perdersi per strada, visto che colpisce nel segno e si presta a ripetuti ascolti, oltre a poter invischiare nella sua rete tanto le menti aperte quanto gli appartenenti a scene differenti. In culo a Sandy.

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