Nebraska (USA 2013) Regia: Alexander Payne Sceneggiatura: Bob Nelson Cast: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Mary Louise Wilson, Stacy Keach, Devin Ratray, Angela McEvan Genere: grandpa movie on the road Se ti piace guarda anche: Una storia vera, Parto con mamma, A proposito di Schmidt, Uomini di parola
“California Dreamin’ on such a winter’s day” cantavano negli anni ’60 i Mamas & Papas. “Ti sogno California e un giorno io verrò” cantavano i Dik Dik plagiand… ehm coverizzando quel celebre brano in italiano. “California, here we come” cantavano pure i Phantom Planet nella sigla della serie tv teen The O.C..
Sognando la California, lo facevano pure i fratelli Vanzina nel loro trashissimo film omonimo che vidi addirittura al cinema quando avevo 10 anni. E mi piacque pure un casino. In pratica tutti sognano la California, anche io. Tutti tranne Woody Grant, lo scorbutico alcolizzato (ma non osate dirglielo) vecchino protagonista del nuovo film di Alexander Payne. Lui sogna il Nebraska. What the fuck? Oh, il mondo è bello perché vario e ognuno è libero di sognare quel che vuole. Certo che, con tutti i posti sulla faccia della Terra, per sognare proprio il Nebraska le rotelle a posto non devi avercele. Ma perché Woody Grant vuole andare proprio lì? Per la figa?
Vi pare che il Nebraska sia un posto noto per la figa? Sarà allora per i divertimenti?
Questo qui sopra è il massimo del divertimento che può offrire il Nebraska, quindi no, non è nemmeno per quello. Woody ci vuole andare per ritirare un premio da un milione di dollari. A questo punto ci vorrei andare pure io, nel merdoso Nebraska. Woody ha ricevuto a casa una lettera in cui gli si comunica la grandiosa vittoria e così decide di partire dal suo paesino nel Montana fino al Nebraska. Essendo un po’ troppo vecchio, e pure troppo alcolizzato (ma continuate a non dirglielo) per mettersi alla guida, il figlio decide di accompagnarlo e il film diventa il più classico dei road movies, dirigendosi a un bivio che può portare in due direzioni: da una parte la commedia in stile Parto con mamma, il recente film con Seth Rogen e Barbra Streisand, dall’altra la pellicola esistenziale alla Una storia vera di David Lynch. Nebraska si posiziona su una strada intermedia. È una visione che garantisce un buon numero di risate, il tocco comedy è presente per tutto il percorso, eppure la sua ambizione è quella di raccontare qualcosa di più. Anche il risultato rimane intermedio. Nebraska è un film che procede molto bene e fa riflettere su tante cose, sul rapporto tra genitori e figli, su come i sogni siano la cosa più importante per farci andare avanti sempre e comunque nella vita, e soprattutto è un viaggio dentro la vecchiaia, osservata in maniera a tratti divertente e a tratti un pochino deprimente. Nonostante le ottime ambizioni, il film non raggiunge i vertici di poesia e gli abissi di profondità di Una storia vera. D’altra parte Alexander Payne, bravino e tutto eh, non è certo David Lynch. E a proposito… ma l’avete visto, domenica scorsa, David Lynch a Che tempo che fa? Lui grandissimo. Un uomo stupendo dotato di un carisma unico anche se la spiegazione sulla meditazione trascendentale è risultata più complicata della prima visione di Mulholland Drive. Splendido vedere lui, Lui, però l’intervista portata avanti da Fabio Fazio e Carlo Verdone che facevano a gara su chi se ne intendeva di più di arte, citando Bacon e Hopper per fare i fighi, è stato un punto di televisione davvero basso. Tra un po' si tiravano giù i pantaloni per fare a gara anche a chi ce l'ha più lungo. Hai ospite uno dei più grandi registi e geni viventi e butti via tutto così?
E non gli fai manco mezza domanda su Twin Peaks?
È come avere ospite Messi e non parlare di calcio. Come avere Paul McCartney e non menzionare i Beatles. Come avere Justin Bieber e non chiedergli se Selena Gomez ha la patatina rasata o ha un boschetto.
Lasciamo un vecchino in formissima (sarà merito della meditazione trascendentale?) come David Lynch e torniamo a un altro vecchino un po’ meno in forma, Woody Grant (interpretato dal ripescato Bruce Dern), che comunque è pure lui un idolo. Uno che, dialogando con il figlio, ci regala perle di saggezza come la seguente:
“Avete mai parlato di avere dei figli?” “No.” “E perché ci avete fatto?” “Perché a me piace scopare e tuo madre è cattolica. Fai un po’ tu la somma.”
"Sono giovane, voglio un Manhattan Classic del McDonald's!"
"Giovane tu? Ma se potresti essere il nonno di Napolitano ahah!"
"Ma cos'avrà quella Jennifer Lawrence più di me?"
C’è un’altra cosa che Nebraska ricorda, a parte Una storia vera o gli altri “grandpa movies” recenti: i film di... Alexander Payne. D'altra parte il regista è lui. Questo è un tipico Alexander Payne movie e a me i suoi movies piacciono, solo che non riescono mai a conquistarmi del tutto. Questo non fa eccezione. Come road story ricorda da vicino soprattutto un altro suo grandpa movie come A proposito di Schmidt, ma ha anche un pizzico di follia alcolica alla Sideways, senza dimenticare i complicati intrecci famigliari del recente Paradiso amaro. Nebraska insomma è una specie di summa del cinema molto americano di Alexander Payne, girato questa volta con un evocativo bianco e nero, un gran bel viaggio in un paese per vecchi (siamo sicuri sia il Nebraska e non l’Italia?) che però, come già gli altri film del regista, non riesce a essere del tutto originale e trascinante. Ora vi saluto, babbei. Mi è appena arrivata una lettera che dice che ho vinto un milione di dollari. Nebraska, aspettami che sto arrivando!