Magazine America
Nel post precedente parlavo di dignità messicana, vi racconto perciò un fatto che mi ha colpito molto.
Ogni mattina andavamo a prendere i bambini con lo scuolabus. Notavo una mamma che arrivava in autobus con i suoi quattro figli, tre dei quali sarebbero saliti sul pulmino con noi mentre, l'altro, in fasce, rimaneva in braccio alla madre.
La donna portava sempre gli stessi vestiti. Deducevo che non avesse abbastanza soldi per possedere un'auto, che non poteva lasciare il bambino più piccolo a casa con qualcuno e che, probabilmente, vivesse sola.
Ho anche pensato che fosse una gioia, per lei, poter accompagnare i suoi figli al pulmino che li avrebbe condotti a trascorrere una bella giornata con i loro amici, giocando e divertendosi.
La donna senza dubbio si sacrificava accompagnandoli lì tutte le mattine in autobus e pagando anche un piccolo contributo economico al Centro.
Una mattina, pioveva a dirotto e lei era venuta ugualmente. Una volta assicuratasi che i suoi figli erano saliti sull'autobus con noi, si avviò verso la fermata ad aspettare il suo di autobus
(non pensate che le fermate dove si aspetta l'autobus in Messico siano come da noi, con panchina e la tettoia; c'è solo un palo con il cartello che indica la fermata e non è detto che l'autista si fermi, non è così scontato, bisogna sbracciarsi per fermare l'autobus.)
Purtroppo la signora non aveva nemmeno l'ombrello e, sfortunatamente, per cercare di ripararsi sotto un albero, non è riuscita a fermare l'autobus.
Io ho visto tutto perché stavamo aspettando gli ultimi bambini prima di partire.
Il nostro autista si è fermato per lei e l'ha dovuta convincere (ci credereste?!) per farsi dare un passaggio alla fermata degli autobus più avanti che era un pochino più visibile e meno nascosta di quella, dove, magari c'erano altre persone ad aspettare. Quando la donna è salita sull'autobus mi ha colpito molto la sua espressione, mi aspettavo di trovarla giustamente irritata dal contrattempo, invece nulla, serena, quasi con il sorriso.
Ringraziava l'autista per il passaggio e nulla di più. Mi ha colpito perché mi sono reso conto di quanto siamo stupidi e bigotti noi che invece ci proclamiamo gente più civile ed intelligente, solo perché abbiamo una vita più agiata.
Siamo solo più fortunati, per il resto, per certe cose, abbiamo solo da imparare.
Come vi immaginate avrebbe reagito una donna milanese con tanto di tailleur, tacchi e cappotto di Yves Saint-Loirent se, andando in ufficio durante una giornata di pioggia, una macchina passando l'avrebbe schizzata? Penso che immaginiate bene la sua reazione.
Il Messico è questo e molto altro. Io personalmente mi sono trovato benissimo; ci sono stato due mesi e avrei potuto rimanerci ancora altro tempo.
Certo la famiglia, la fidanzata e il cibo italiano mi mancavano. Ma, a parte la fidanzata, per il resto mi sarei potuto gestire senza drammi. Il Messico non sono solo cose belle; ci sono tanti problemi, come nella maggior parte dei paesi latino americani. Non dimentichiamoci l'enorme problema legato al narcotraffico, c'è tanta corruzione e il clima non sempre è meraviglioso come si può pensare. Però io credo che se non “cerchi rogne” ci si può vivere benissimo. Personalmente non posso raccontare nulla di negativo che mi sia successo e nemmeno ho assistito a qualche episodio spiacevole.
Mi reputo fortunato di aver vissuto quest'esperienza perché ho avuto così la possibilità di conoscere il vero Messico, quello dei messicani. In due mesi non ho visto nessun turista. Se conoscete qualcuno che è andato in Messico vi parlerà di Chiapas, Yucatàn, la riviera Maya con le sue piramidi, Cancun o Playa del Carmen. Io non ho visto nessuno di questi posti; ero nel pieno centro del Paese e la costa più vicina distava circa sei ore di autobus.
Ho conosciuto persone eccezionali e vissuto momenti unici, che porterò sempre dentro di me.
Quindi sì, lo rifarei, e un giorno tornerò in Messico!
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