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L'arte della guerra è antica come l'uomo, questo è ben noto a tutti. Ma se ci immaginiamo che i nostri antenati combattessero soltanto con spade e archi, siamo ben lontani dalla realtà. Non solo c'erano armi relativamente complesse come catapulte, trabucchi, fuoco greco o polvere da sparo, ma anche una complessa gamma di armi chimiche e biologiche.
Intorno al 250 d.C., l'impero persiano voleva assolutamente appropriarsi della città di Dura, al tempo utilizzata come base militare da Roma. Era una città dotata di mura difensive realizzate con mattoni di fango, spesse circa un metro e di difficile superamento o abbattimento tramite le tecnologie d'assedio del tempo.
I persiani iniziarono quindi a scavare una serie di tunnel sotto le mura, in modo tale da farle crollare e consentire all'esercito di penetrare nella città. I tunnel iniziavano a circa 40 metri dalle mura, partendo da una tomba situata nella necropoli sotterranea di Dura.
Ma i Romani non restarono di certo a guardare: iniziarono a scavare cunicoli per intercettare i lavori di scavo persiani. Sembra quasi uno scenario da guerra di trincea di circa un secolo fa, ma tutto questo avveniva quasi 2.000 anni nel passato.
Intorno agli anni '20-'30 del 1900, l'archeologo francese Robert du Mesnil du Buisson iniziò a scavare dentro questi tunnel, trovando i resti di almeno 19 soldati romani e di un solo persiano. Ma se al tempo ci si immaginò un duro combattimento a colpi di spada, oggi si ritiene invece che ad uccidere i soldati in quel tunnel sia stata un'arma chimica.
L'ipotesi precedente era che i soldati persiani, dopo il combattimento sotterraneo, avessero dato fuoco al tunnel romano. Cristalli di zolfo e bitume sembravano sostenere questa idea.
Ma secondo Simon James, archeologo dell'Università di Leicester, la ricostruzione non ha molto senso: è infatti difficile combattere con le spade in un tunnel che si attraversa soltanto chinandosi, e la disposizione dei corpi non sembra essere coerente con quella di uno scontro. "Non era un mucchio di persone raccolte in uno spazio angusto e cadute una volta colpite. Era un mucchio deliberato di corpi" dice James.
Cosa accadde in quel tunnel? Una pratica ben nota ai persiani: armi chimiche. "Nel mondo antico c'erano molte armi chimiche" spiega Adrienne Mayor, storica della Stanford University. "Poche persone sanno quanti documenti storici ci raccontano di questa guerra chimica".
Ad esempio, quasi 400 anni prima di questo episodio, i Greci utilizzarono piume e soffietti per spingere il fumo all'interno dei tunnel d'assedio romani. Per creare il fumo, venivano utilizzati bitume, pece o petrolio.
L'idea che i Persiani abbiano utilizzato il fumo per uccidere gli invasori romani sarebbe quindi molto verosimile.
I Persiani avevano già avvertito la presenza dei Romani sotto il livello del terreno, e decisero quindi di piazzare una trappola. Non appena i Romani irruppero nel tunnel persiano, appiccarono il fuoco dal loro lato del passaggio sotterraneo e spinsero il fumo di zolfo e bitume nel condotto, uccidendo i nemici e un soldato del loro schieramento con questo mix letale. All'interno dei polmoni, infatti, il mix chimico del fumo si tramuta in acido solforico, uccidendo chiunque si dovesse trovare nel mezzo dei vapori.
Una volta che il fumo lasciò il tunnel, i soldati persiani fecero crollare il condotto e accatastarono i cadaveri nella posizione in cui du Mesnil li scoprì.
Il problema è che dimostrare questo scenario potrebbe essere un po' complicato: du Mesnil ricoprì il tunnel dopo aver effettuato gli scavi e aver riportato la sua scoperta sulla carta tramite appunti e disegni. Ma le tracce di bitume e di zolfo sono ancora presenti nel terreno, e sono un indizio concreto a sostegno dell'ipotesi di James.
Buried Soldiers May Be Victims of Ancient Chemical Weapon
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