Magazine Economia

Soldi per tutti, tranne che per i Professionisti: intervista a Salvo Garofalo

Creato il 21 dicembre 2012 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT
Soldi per tutti, non per i Professionisti: intervista a Salvo Garofalo

Abbiamo scambiato alcune interessanti battute con Salvo Garofalo, il presidente di Inarsind, sindacato degli ingegneri e degli architetti, sulle questioni e i temi di attualità politica legati ai liberi professionisti: Riforma delle Professioni, crediti verso le pa, tariffe e parametri, Start Up, Smart Cities e Piano Città. Vediamo cosa ci ha detto.

Ediltecnico. Dal Decreto Sviluppo bis è stata cancellata la possibilità di includere le Società tra professionisti tra le Start Up innovative. Sarebbe stato un input positivo per incoraggiare anche i giovani a intraprendere la libera professione. Come vede il futuro dei professionisti, soprattutto dopo le ultime novità riguardanti il Governo Monti?
SG. Purtroppo questo governo che all’inizio parlava di equità e di aiuto ai giovani nei fatti, almeno nel settore delle professioni, non ha prodotto nulla di concreto. Quello delle Start Up innovative è solo un esempio, lampante.

Il governo dei tecnici ha continuato nel solco dei precedenti governi, sia di destra che di sinistra, ovvero assimilando i professionisti alle imprese solo quando c’è da prendere (vedi Irap e detrazioni sui redditi) mentre ci si dimentica di loro quando c’è da dare, come per esempio nel caso di finanziamenti, agevolazioni, dilazione creditizie, ammortizzatori sociali, ecc., concessi a tutti (dalle banche alle industrie e per finire ai disoccupati) tranne che alle libere professioni.

Con il numero di professionisti tecnici in costante aumento, una crisi economica che non accenna a rientrare, con i nuovi oneri economici introdotti dalla recente riforma delle professioni (assicurazione, formazione obbligatoria) e, dal 2010 al 2013, l’aumento dei contributi previdenziali, i nostri giovani colleghi si trovano davanti un percorso tutto in salita e inserirsi, da liberi professionisti, sarà, a meno che non ci siano interventi significativi, davvero dura, anzi quasi impossibile.

E. La Riforma delle Professioni è fatta, ma ci sono molte cose da rivedere. Nel corso dell’ultimo congresso InArSind ha dichiarato che si tratta di un’occasione persa. Perché?
SG.
Da un governo di tecnici i liberi professionisti si aspettavano di più. In pratica la riforma si è limitata a ribadire i punti previsti nella legge di stabilità del passato Governo Berlusconi attribuendone la regolamentazione ai Consigli Nazionali. Noi avevamo chiesto al Presidente del Consiglio che si approfittasse della Riforma delle Professioni per fare chiarezza su quali devono essere gli iscritti agli Ordini con uniformità e che si evitasse che in alcune categorie (avvocati, geometri o periti ecc.) gli iscritti fossero solo liberi professionisti e in altre (architetti, ingegneri, giornalisti ecc) indiscriminatamente tutti.

In poche parole: poche regole chiare e valide per tutti questo anche per mettere freno alla forte erosione del monte lavori dovuta al fatto che vi sono Architetti e Ingegneri che godono già di un lavoro e quindi di uno stipendio sicuro (dipendenti pubblici ma anche dipendenti di aziende private e docenti) e ai quali è consentito il cosiddetto doppio o anche triplo lavoro. Riteniamo ancora oggi che, per lo stato di grave sofferenza della nostra Professione e soprattutto dei nostri giovani, non sia più possibile permetterci simili sperequazioni proprio per questioni di equità.

E ancora pensavamo che la Riforma potesse mettere un punto fermo sulla “rappresentatività” e sul ruolo degli Ordini questo perché per rappresentare qualcuno occorre uno specifico mandato che viene attribuito solo con l’iscrizione volontaria e non obbligatoria come nel caso degli Ordini. In pratica in Italia se un tecnico vuole esercitare è obbligato a iscriversi a un Ordine che a quel punto equivale all’iscrizione alla Camera di Commercio per un’impresa. Con queste premesse gli Ordini non possono avere alcun mandato di rappresentanza e la nuova Riforma su questo tema aumenta, se è possibile, la confusione dei ruoli.

E. Le Smart Cities sono il grande “argomento mancato” del congresso, a causa dei problemi generati proprio dalla Riforma. A proposito di città intelligenti, che ne pensa del Piano Città, di come è stato impostato e del suo futuro?
SG.
Il Piano Città, se è vero che ci sono già disponibili due miliardi, come ha detto qualche mese fa il Vice Ministro Mario Ciaccia, è una grande occasione per riqualificare le nostre città. A mio avviso nella rigenerazione urbana oggi non si può fare a meno di operare per far diventare  le città e le aree di intervento interessate “Smart Cities” ovvero città intelligenti, capaci di coniugare l’innovazione con l’ambiente e soprattutto con la qualità della vita utilizzando le nuove tecnologie di cui disponiamo.

Speriamo che si riesca a portare avanti il progetto che a mio avviso sembra ben impostato e, se pensiamo che la proposta è nata in aprile di quest’anno, ben avviato, se è vero che la cabina di regia dovrebbe assegnare i primi 95 milioni per 12 città individuate come zone franche urbane. Speriamo che le elezioni e il probabile cambio di governo non blocchi il progetto.

E. Veniamo ai crediti con le pa, annoso problema. I Professionisti sono per ora stati esclusi dalla compensazione: la Commissione industria del Senato non li ha ritenuti degni di tale opportunità, al contrario delle imprese. Per tentare di rimediare, è stato presentato un emendamento alla Legge di Stabilità. Qual è la sua opinione in merito?*
SG. Lo accennavo prima. La verità è che i liberi professionisti in Italia sono figli di un Dio minore e il fatto che si debba rimediare con un emendamento la dice lunga sulla considerazione dei professionisti da parte dei politici. Non solo, se si guarda alla motivazione della Commissione Bilancio che sostiene che non c’è la copertura diciamo che si sfiora il ridicolo: i soldi ci sono per tutti tranne che per i Professionisti. Ricordo che stiamo parlando, secondo stime approssimative,  di 150/200 milioni di euro che comunque le amministrazioni devono pagare ai professionisti e che in questo modo vengono addirittura compensati.

E. Abbiamo detto addio anche alle tariffe. Sembra infatti pronto il provvedimento del Ministero della Giustizia sui parametri per il calcolo dei compensi dei professionisti e degli importi a base d’asta nelle gare di progettazione: manca solo l’opinione del Consiglio di Stato. Il passaggio definitivo dalle tariffe ai parametri comporterà più vantaggi o svantaggi per i professionisti?
SG.
Alle tariffe i liberi professionisti avevano dovuto rinunciare già dal 2006 con le liberalizzazioni di Bersani. Ma già sei anni fa avevamo detto che una tariffa di riferimento, almeno per le opere pubbliche, era assolutamente necessaria per garantire un’uniformità di comportamento delle singole amministrazioni. Quindi ben vengano i nuovi parametri.

Il problema però è un altro. In pratica la combinata azione dell’abolizione dell’obbligatorietà  delle tariffe, anche in presenza di un giusto riferimento, e la lunga crisi economica, ha comportato  e continuerà a comportare ribassi selvaggi e senza regole. L’esperienza  di questi anni avrebbe dovuto far comprendere che ribassi eccessivi incidono in maniera significativa sulla qualità della progettazione, della direzione dei lavori e su quella delle opere realizzate, aumentando di fatto il contenzioso nella conduzione delle opere sia pubbliche che private. Bisogna inquadrare le prestazioni  professionali tecniche, nel complesso del processo costruttivo, per far comprendere l’importanza e l’impatto di una giusta remunerazione dei professionisti   sulla qualità e sui costi delle opere da realizzare.

A mio avviso il costo di un servizio professionale deve essere valutato anche in base a parametri soggettivi rispetto alle caratteristiche del progetto, (valutazione di congruità), e devono essere individuate soglie oggettive oltre le quali la prestazione non può essere eseguita in termini di correttezza e trasparenza, (soglia di anomalia) e per concludere è necessario operare un controllo “indipendente” alla fine delle prestazioni per verificarne la qualità questo per evitare che società di ingegneria o colleghi poco accorti facciano grandi ribassi sugli onorari per dare pochissimo in termini professionali pensando comunque di farla franca vista la mancanza di controlli ex post. Analisi e controlli sono assolutamente indispensabili se si vogliono prestazioni di qualità, si vuole evitare il lavoro nero e il massivo sfruttamento dei giovani colleghi.

 

*Aggiornamento:  è stato respinto l’emendamento alla legge di Stabilità che chiedeva di dare la possibilità anche ai Professionisti, oltre che alle imprese, di vedersi compensati i crediti delle pa. I professionisti beneficeranno dell’esenzione Irap 2014, grazie a un fondo di 248 milioni nel 2014 e di 292 milioni a decorrere dal 2015 (Leggi anche Legge di stabilità, alla Camera il testo modificato. Ecco le novità).

Intervista a cura della redazione di Ediltecnico.it.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :