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Si sa ancora poco della riforma del finanziamento pubblico ai partiti che il governo Letta intende promuovere, ma quel poco non piace a Grillo e a Pannella. Si tratterebbe – pare – di consentire il finanziamento da parte dei privati cittadini con un meccanismo analogo a quello del 5xmille, limitando l’intervento dello Stato all’assistenza in termini di strutture e servizi (spazi tv e radio, affissioni, costi di spedizione, ecc.), il tutto in regime di estrema trasparenza dei rendiconto e di controllo dei meccanismi interni ai partiti, per evitare ogni gestione padronale delle risorse. Boh, chissà se sarà possibile, e come, poi non dimentichiamo che in Italia ogni riforma nasce zoppa e col verme dentro, però lo stesso non si capisce il no di Grillo e di Pannella. Cioè si capisce bene solo se si conviene sul dato, peraltro di pacifica evidenza, che la leadership carismatica non regge senza il controllo pieno ed autocratico delle risorse finanziarie. La trasparenza sulle entrate e sulle uscite va bene come slogan contro la partitocrazia, ma di fatto un movimento politico a guida carismatica senza gestione proprietaria della cassa è una contraddizione in termini, sia che il denaro pubblico sia rifiutato di fatto, com’è nel caso di Grillo, sia che lo sia solo a chiacchiere, com’è nel caso di Pannella. Ecco perché li troviamo insieme a dire no, sebbene il primo, col 25% dei consensi elettorali, intaschi meno – praticamente niente – rispetto al secondo, che ne raccoglie solo lo 0,2%. Ma ne riparleremo, perché in questione è la natura dello statuto di un partito.
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