Devo essere molto sincero, una delle cose che non sopporto sono quegli articoli sui quotidiani online che ad un certo punto ti sparano il capoverso retorico sui commenti postati a caldo sui social network in relazione ad un determinato evento.
Non li sopporto perché spesso non sono funzionali alla notizia, non ne viene fatta una analisi e non vengono estrapolati dati che possano rappresentare un tassello per completare in maniera più ampia il quadro di quello che si sta tentando di raccontare. Spesso sono buttati lì, verso la fine a chiusura del testo. Solitamente tre o quattro tweet tra i più banali che si possano pescare (cosa ardua in un mare di migliaia di cinguettiii all’ora), come ci fosse la volontà di un estremo tentativo a voler dare un minimo di corposità, quantitativa e non qualitativa, all’articolo. Concediamo l’alibi ai media d’aver scoperto twitter (ad esempio) da relativamente poco e che quindi l’enfasi sia ancora alta, ma c’è contenuto e contenuto e ad ogni modo non mi spiego perché mai dovrei leggere, all’interno di un articolo in cui cerco informazioni precise e raccontate con competenza su quella specifica notizia, i commenti che potrei benissimo reperire bussando alla porta del dirimpettaio o, senza nemmeno alzarmi, navigando da solo semplicemente sui social network.
Insomma, il commento da social alla notizia di turno può avere senso se contestualizzato, intelligente, funzionale o attinente al millesimo. Altrimenti sono caratteri buttai al vento che potrebbero essere sfruttati per meglio informare invece che spruzzare lì una nota di anonimo colore per riempire dello spazio.
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