Solo tre mesi alla distruzione di Mes Aynak

Creato il 27 settembre 2012 da Filelleni

Mes Aynak è in Afghanistan, a una trentina di chilometri da Kabul nella provincia di Logar. Nei primi secoli della nostra era vi si costruì un monastero buddista che diventò grande e importante al punto da circondarsi di fortezze, case e alloggi per i viaggiatori della Via della Seta. I monaci si erano stabiliti lì probabilmente perché vi avevano trovato il rame, e con gli scavi recenti si è scoperto che già nell’età del bronzo quancuno vi aveva posto le tende per il medesimo motivo. Ora però quel rame fa gola anche agli afgani moderni che lo descrivono come uno dei maggiori giacimenti del minerale al mondo, e scommettono che la nuova miniera e il suo indotto daranno un grande impulso al tanto decantato ma mai decollato sviluppo del paese. Ora poi che gli eserciti stranieri si stanno ritirando, e con gli eserciti anche molti denari stranieri, la grande miniera pare una soluzione imprescindibile. Già nel 2008 il governo afgano ha firmato un contratto con la compagnia di stato cinese China Metallurgical Group Corporation (MCC) che concede l’uso di un’area di 400.000 mq per 30 anni a fronte di una royalty di 3 miliardi di dollari, e i cinesi hanno calcolato di poter estrarre minerale per un valore non inferiore ai 100 miliardi di dollari. Come? Aprendo un enorme varco a cielo aperto proprio dove si trovano i resti dell’antico monastero e i villaggi moderni circostanti, che verranno prontamente distrutti. Fortunatamente a suo tempo si sono levate proteste da ogni parte del globo, paragonando  i cinesi a nuovi talebani e il monastero ai Buddha di Bamyan. Così i cinesi si sono trovati costretti a concedere agli archologi di scavare per tre anni, e dal 2009 archeologi afgani e francesi stanno salvando il salvabile tra statue di Buddha, stupa, pareti affrescate, manoscritti, opere d’arte e oggetti di uso quotidiano. Dicono che ci vorrebbe molto più tempo per esplorare a dovere il sito, ma l’implacabile orologio cinese è già pronto a suonare a fine dicembre la loro dipartita e la pronta distruzione del tutto.

Come sempre, qui il problema non è solo l’annientamento della memoria storica. Sono state sollevate questioni ambientali di non poco conto, visto che Mes Aynak si trova sopra la riserva idrica che fornisce acqua alla capitale Kabul, città di tre milioni di abitanti, e a campi infiniti che si estendono fino al Pakistan. Se la miniera non dovesse rispettare severissime norme di sicurezza, potrebbe dar vita a una catastrofe ambientale di proporzioni immense. E purtroppo i termini dell’accordo tra il governo afgano e la società non sono stati a tutt’oggi resi pubblici. E’ alto dunque il sospetto che questo miraggio di lavoro e ricchezze per il popolo afgano si tramuti in realtà nell’ennesimo sfruttamento di genti e terre per lasciare poi in eredità un deserto povero e inquinato. L’associazione no-profit Alliance for the Restoration of Cultural Heritage (ARCH) ha organizzato nel giugno scorso a Washington un meeting di esperti delle più diverse discipline per verificare la possibilità di conciliare il desiderio dell’Afghanistan di sfruttare le proprie immense ricchezze con la tutela dell’ambiente e della sua storia. Tutti hanno detto che un tale “scavo sostenibile” sarebbe fattibile e auspicabile e inoltre, poiché non è possibile iniziare lo sfruttamento del sito prima di cinque anni da oggi (se si rispettano le regole, ovviamente), non è neppure necessario che gli archeologi vengano cacciati ora ma potrebbero continuare a lavorare per molto ancora. Da qualche giorno ARCH ha postato nel suo sito web una richiesta al presidente afgano Hamid Karzai di maggiore trasparenza nelle attività della società mineraria, nonché di rispetto per le norme internazionali di sicurezza e di tutela per il sito archeologico. Merita firmare, e non solo per salvare la storia. E’ questa l’ennesima vicenda di sfruttamento violento di genti e di terre secondo principi che altrove nel mondo e anche da noi in Italia, lo sappiamo bene, hanno già mostrato tutti i loro effetti devastanti. Bisogna cambiare sistema e sappiamo che non è affatto facile né immediato, ma da qualche parte bisogna pur iniziare. Anche con una semplice firma.

Effe



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