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Solo un po’ di paura

Da Gynepraio @valeria_fiore

Tra le cose interessanti che sto facendo ultimamente, c'è un ciclo di incontri collettivi tenuti presso l'associazione PsicologInterzona. Il tema è "Sostegno e condivisione sulla genitorialità". Perché ci vado? Perché mi fa piacere informarmi su temi che in un futuro non troppo lontano diverranno, diciamo, di grande attualità in casa mia. Perché sono incontri ad elevato valore aggiunto cui potrei in futuro non avere facile accesso -non tutti gli asili nido vantano proattività e attenzione su questi argomenti né dispongono di personale specializzato-. Perché giocare d'anticipo, conoscere le regole e il campo di gioco è il mio modo di gestire l'ansia e la paura, e se io "funziono" così non ci posso fare niente. Perché ogni incontro costa solo 5 euro, e voglio considerarlo un investimento sul mio benessere futuro. Perché si tratta di una associazione che opera a prezzi calmierati, perché la psicoterapeuta che li coordina è una mia amica e that's what friends are for.

Lo schema dell'incontro prevede un'introduzione della moderatrice contenente vari input, cui seguono le domande dei partecipanti che possono portare la discussione in una direzione o un'altra. Io sto zitta (sì, proprio io) e ascolto perché non ho ancora casi da portare. No, non prendo nota perché il mio bisogno di controllo non va proprio assecondato in tutto.

Non si sentono storie di degrado, disagio, violenza. Ma è evidente che se hai generato un bambino buono come l'arcangelo Gabriele, o se hai un PhD in Pedagogia, non hai alcun bisogno di frequentare degli incontri serali in cui a) descrivi senza remore un tuo limite b) apri virtualmente le porte di casa per raccontare fatti appartenenti alla tua dimensione privata c) accetti di buon grado che un'estranea ti dia suggerimenti su come allevare il sangue del tuo sangue. In altre parole, le mamme e i papà che partecipano all'incontro riconoscono di avere un problema e anziché stare a casa a covare il problema si organizzano per imparare a risolverlo, il problema. Perché è intuibile, anche dalle persone tronfie e ignoranti tipo Salvini o Gasparri, che non basta seguire l'istinto ed essere genitore biologico di un bambino per non compiere scelte sbagliate, o commettere errori. Che non basta nemmeno seguire esempi positivi, ascoltare i consigli, leggere i manuali, per risparmiarsi la fatica. Perché, dal basso della mia ignoranza, mi sento di dire che rispetto a un tempo sono cambiati i genitori ma sono cambiati anche i bambini. Sono esposti a una serie di stimoli, modalità espressive, oggetti e tentazioni, che da un lato li agevola nello sviluppo di una intelligenza più acuta, ma dall'altro dà loro molte più abilità dialettiche, più potere contrattuale, più capacità potenziali di far soffrire -anche involontariamente- chi sta intorno a loro. E che alcuni strumenti tradizionali, come l'autorità, non funzionano nel modo meccanico in cui funzionavano 20 anni fa.

La mia prima paura, insomma, è quella della frustrazione dinanzi all'imprevedibile. Del senso -reiterato e ricorrente- d'incapacità e inadeguatezza. Che potrebbe trasformarmi in una brutta copia di me stessa, o quantomeno in una persona di cui non sono particolarmente fiera (non che adesso lo sia al 100%, ma la sera prima di addormentarmi solitamente penso che sono una ragazza abbastanza felice e "adeguata", ed è un rito che mi spiacerebbe interrompere).

Spesso, nel parlare con le mie amiche di cose su cui mi sento ferrata o in grado di dare un contributo -tipo non farsi fregare dagli stronzi-, non esito a smascherare la loro quota di responsabilità e quella dell'assente. Se necessario, sono anche pronta a prenderle per le spalle e scuoterle ripetendo in loop: ESCI DA QUELLA STANZA, DACCI UN TAGLIO, MOLLALO AL SUO DESTINO DI DESOLAZIONE, NON VEDI CHE TI FA SOFFRIRE E BASTA?

Ma quando si parla di figli non puoi offrire soluzioni facili, capite? Perché quando si tratta di carne della tua carne, frutto dei tuoi lombi nonché oggetto del tuo amore incondizionato, non puoi farla breve e dire basta, a posto così, io lascio. La paura che sento non è solo quella di non sopportare la frustrazione, ma di non sapere restare e amare nonostante tutto.

L'ultima paura che sento è quella di cadere vittima del giudizio altrui, esplicito o silenzioso. E ne ho paura perché a me è successo di minimizzare o banalizzare le difficoltà del prossimo, di individuare subito la causa dei mali e proporre rimedi. Non escludo di aver anche sfoderato la mia famosissima faccia giudicante, di cui trovate qui un esempio molto rappresentativo.

Incassare i giudizi negativi o gratuiti fa male quando sei andato a cercartela, figuriamoci quando hai agito in buona fede. Perché gli errori compiuti da un genitore, sarei pronta a giurarlo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, non hanno alla base il dolo. Nascono da insicurezza, distrazione, stanchezza, fretta, anche ignoranza, ma non c'è cattiva volontà: nessun genitore prende la via sbagliata incurante del fatto che i suoi figli potrebbero soffrire (o anche solo essere meno "felici") per via delle sue decisioni. E se un genitore sapesse anticipatamente quali conseguenze di breve e lungo periodo avranno i suoi passi falsi sui bambini o sulla coppia, si farebbe tagliare le mani piuttosto che commettere quell'errore.

Insomma, amiche, sappiate che rimembrarmi le mie inadeguatezze genitoriali rientrerà nella categoria "colpi bassi". Se proprio dovete farlo, preparatemi la cena, fatemi le unghie, tenetemi il bambino un paio d'ore mentre vado dal parrucchiere e magari procurate che non finisca così.

Solo un po’ di paura

PS Il titolo del post è una canzone di Nino Buonocore, cantante napoletano rimasto a margini della scena pop italiana per via di un rotacismo particolarmente molesto. Il suo è il classico caso di R troppo marcata per sembrare esotica (caso di Anna Oxa), e troppo poco esaltata per donare personalità (caso di Francesco Guccini).


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