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Solstizio d’inverno, dove l’oscurità regna sovrana, ma poi cede alla luce

Creato il 16 dicembre 2011 da Yellowflate @yellowflate

“Quando la notte è così buia da non scorgere il proprio naso,
siatene certi, l’alba è molto vicina”
.

Solstizio d'inverno,dove l'oscurità regna sovrana, ma poi cede alla luce
Il solstizio d’inverno è uno dei momenti di passaggio dell’anno, forse il più paradossale: l’oscuritá regna sovrana, ma poi cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere.

In astronomia il solstizio rappresenta il momento in cui il Sole raggiunge il punto di declinazione massima o minima, positiva a giugno (solstizio d’estate) e negativa a dicembre (solstizio d’inverno). Questo fenomeno è causato dall’inclinazione dell’asse terrestre e subisce, ogni anno, un ritardo di circa sei ore. Per questo motivo ogni quattro anni il nostro calendario aumenta di un giorno, dando luogo al cosiddetto anno bisestile. I solstizi, proprio a causa di queste oscillazioni, possono cadere il 20 o il 21 giugno (estate) e il 21 o il 22 dicembre (inverno).

In un discorso più generale la storia dell’uomo ci testimonia che il solstizio d’Inverno, è un momento da sempre appartenuto alla spiritualità di tutte le filosofie del mondo. Questo avvenimento iniziò, infatti, ad essere celebrato dai nostri antenati: presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, in Irlanda in Iran, e nella Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica.

Nella letteratura e nella filosofia, esso, ispirò Eraclito di Efeso e fu cantato da Omero e da Virgilio. Intorno al 22 Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si

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festeggiava la nascita del dio Horo ed il padre, Osiride, si credeva fosse nato nello stesso periodo; il dio Bacco veniva ricordato in Grecia, nonché Ercole e Adone .

Il filo conduttore di questi pensieri è la convinzione che nella notte di solstizio si compie la  rinascita solare come simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile. In questo momento è possibile accedere al deva-yana o “via degli dei” della tradizione indù: la strada dello sviluppo sovraindividuale.

Anche nei tarocchi la lama del Bagatto è ciò che meglio identifica tale rinascita poichè essa simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l’unione fra spirito e materia. L’uomo, uscendo dalla Caverna

Solstizio d’inverno, dove l’oscurità regna sovrana, ma poi cede alla luce
Cosmica, con il Solstizio d’Inverno, perciò,  passa dal nulla all’unità, ovvero alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita nella luce. E’ ciò che ben viene descritto da Platone nel mito della caverna sacra .

Ben sappiamo che il macrocosmo è riscontrabile nell’organismo dell’uomo
come microcosmo e dunque troveremo l’apertura dall’ombra alla luce, la rinascita, nel centro energetico che si trova sulla sommità del capo: il chakra della corona, il kether della Sefiroth. E’ questo il settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che nella Cristianità viene indicato come il settimo cielo: è’ lo stato di consapevolezza della libertà assoluta, la sede del Creatore. Secondo gli indù al chakra della corona si fondono la Prakriti , la sostanza primordiale, e il Purusha, lo spirito, l’essenza. Nel percorso rettilineo l’illuminazione, dunque, penetra in noi dalla sommità del cranio, come, secondo i rituali operativi massonici, sulla sommità del cranio di ogni uomo è sospeso il filo a piombo del Grande Architetto.

Solstizio d'inverno,dove l'oscurità regna sovrana, ma poi cede alla luce
A rapresentare la sacralità di questo momento di rinascita era ed è tuttora la pianta del vischio. Essa e’ una pianta parassita che affonda le sue radici nell’altrui forza, non tocca terra eper tale caratteristica veniva considerata una emanazione divina. Gli antichi la chiamavano anche “scopa del fulmine”, pensavano che nascesse quando la folgore colpiva un albero.  Per rispetto a questa sua natura divina i Druidi lo tagliavano usando rispettosamente un falcetto d’oro. Il vischio è pianta simbolo della vita : essa partecipa sia del simbolismo dell’eternitá che di quello dell’istante, simbolo di rigenerazione dunque ma anche di immortalitá.


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