38 – 39 - 40.
Non sono i numeri del lotto, ma il crescendo di temperatura corporea che ha interessato mio figlio Leonardo da quattro giorni a questa parte. Cercherò di mantenere un tono oggettivo e distaccato in seguito alla crisi di nervi, accompagnata da pianto inconsolabile, da cui sono stata colta questa mattina in seguito al colloquio telefonico intercorso col pediatra. Ore 7:30 – La temperatura dell’infante, dopo 2 giorni di antibiotico e 3 di tachipirina, misura 40° C. Somministro a mio figlio un’ulteriore supposta di paracetamolo e mi confronto con il padre, il quale con tutta calma mi consiglia di riferire il quadro clinico al pediatra. Io resto titubante, perché il dottore ha visitato il bambino ieri e mi aveva avvertito che la febbre avrebbe potuto rimanere alta ancora per un giorno o due a causa della gengivite che si somma alla gola arrossata (della serie due piccioni con una fava). L’infante dorme ancora un’oretta, poi si sveglia ridotto ad uno straccio bagnato di sudore, con una cantilena piagnucolante in corso e naturalmente nessuna voglia di mangiare. Considerando che il digiuno prosegue da lunedì, farcisco il biberon con doppia dose di Plasmon e Leonardo sembra gradire.
Ore 9:00 - Quotidiano aggiornamento telefonico con mia madre.
<<Coooosa?? Quaranta di febbre? Ancora peggio di ieri? Ah no. Non va bene. Non va mica bene. Chiama subito il pediatra, io sbrigo due cose in ufficio e vengo lì. Chiamalo subito eh?!>>
Ore 9:30 – Chiamo il pediatra.
<<Buongiorno Dottore… eh scusi ma il bambino continua a peggiorare, stamattina ha febbre a 40>>.
Non starò a riportare il monologo che ne segue, ma a quel punto mi becco un
Morale della storia, Leo frigna, mia mamma mi kazia, il pediatra mi kazia, il telefono continua a suonare perché amiche, nonni e bisnonni vogliono sapere come sta il bimbo… e io piango. Una scena pietosa. In tutta questa storia voglio ringraziare qualcuno che ha saputo starmi vicino in questi giorni difficili, senza consigli e giudizi, ma semplicemente restando al mio fianco e intervenendo a mio supporto quando il morale è sceso a livelli minimi. La sua intrinseca dolcezza e il suo carattere inebriante mi hanno dato la forza di andare avanti:
Ah, la ricetta. In questi giorni, oltre alle ricette della mutua, si è fatto un gran fracasso ai fornelli con minestrine, purè e creme. Per fortuna tengo sempre qualcosa di scorta per i periodi di magra (cioccolato a parte), per cui oggi vi propinerò il coniglio alla maniera della nonna Vittorina.
Coniglio in umido con patate "schise"*
Ingredienti per 4 persone
1 coniglio tagliato a pezzi 2 cucchiai d'olio evo 20 gr di burro mezzo bicchiere di vino bianco 1 cipolla piccola tritata 1 rametto di rosmarino 2-3 foglie di salvia sale e pepe qb
4 patate 1 cucchiaio di olio evo 1 cipolla piccola mezzo dado prezzemolo tritato sale qb
Preparazione
Mettete a bagno il coniglio in acqua fredda e aggiungete 3 cucchiai di aceto bianco. Lasciate ammollo per un'ora, scolate e asciugate il coniglio. In una pentola fate scaldare l'olio e il burro, aggiungete il coniglio e fatelo rosolare circa 5 minuti per parte.
Pelate le patate e tagliatele a tocchetti. Prendete una padella e fate soffriggere la cipolla tritata nell'olio. Aggiungete le patate e un bicchiere d'acqua (quanto basta a coprirle quasi del tutto). Aggiungete mezzo dado, un po' di sale, mettete il coperchio e fate cuocere per 20/25 minuti a fuoco moderato. Quando le patate si saranno ben ammorbidite, alzate la fiamma e mescolate con una frusta. Non usate il mixer! La frusta rende le patate cremose come una purè senza sfibrarne la consistenza. A fine cottura aggiungete del prezzemolo tritato a fuoco spento.
* dal dialetto ferrarese, schiacciate.