Com'è nato l'unico, vero, leggendario arcinemico di Super Mario?
Monografie è una rubrica a cadenza mensile che racconta i momenti essenziali nella storia di alcune società, franchise o personaggi di spicco che hanno lasciato il segno nel mercato videoludico.
Il caso Sonic Boom, negli ultimi giorni, ha fatto molto discutere, e non solo per la criticatissima scelta di SEGA di inviare dei codici alle testate giornalistiche per i test e le recensioni del caso in ritardo (a breve la nostra!), ma più che altro per la qualità del gioco che si è rivelata essere molto bassa. E non è che stiamo parlando di un brand qualsiasi o di una mascotte di serie B: insomma, è Sonic, il porcospino blu che ha segnato un'epoca, che ha fatto sognare centinaia di migliaia di videogiocatori, che ha affrontato il Mario di Nintendo e per poco non l'ha fatto fuori, tanto da meritarsi un posto in prima fila nel recente Super Smash Bros. insieme ad altre mascotte storiche come Mega Man e Pac-Man. Eppure oggi SEGA si vergogna di fare vedere i suoi giochi. Cos'è successo? E perché Sonic è stato così importante?
twittalo! Ripercorriamo la storia di Sonic, il mitico porcospino blu di SEGA
Il signor Needlemouse
Tutto cominciò con un sogno. Erano i primi anni '90, e Sega si stava affacciando timidamente su un mercato dominato da quasi dieci anni dal colosso Nintendo, un mercato molto diverso da quello di oggi, dove le terze parti erano alla mercé di rigidissimi accordi commerciali e di console per cui sviluppare ce n'era praticamente una, il vendutissimo NES che aveva schiacciato quel che restava di Atari dopo il crollo del mercato videoludico del decennio precedente. All'epoca, SEGA si era ritagliata un piccolo spazio in Giappone e in America, dove aveva fondato da poco SEGA of America, senza riuscire minimamente a scalfire lo strapotere di Nintendo. In quel momento, SEGA aveva bisogno di ridefinirsi, sia come compagnia, sia come marchio. Yuji Naka e Naoto Ohshima Per questa ragione, il presidente Hayao Nakayama aveva deciso di rimpiazzare l'amministratore delegato della divisione americana, Michael Katz, con Tom Kalinske, un veterano del marketing che aveva da poco lasciato Mattel. Secondo Nakayama, Kalinske era l'unico in grado di risollevare l'immagine della compagnia per prepararla allo scontro diretto con il sistema a 16-bit cui Nintendo stava lavorando già da qualche tempo: era una specie di genio del marketing, e fu lui il primo a capire che qualcosa non andava nel prototipo della nuova mascotte di SEGA che avrebbe dovuto rimpiazzare il poco popolare Alex Kidd. Il porcospino Mr. Needlemouse, infatti, era destinato a rappresentare SEGA; aveva battuto gli altri schizzi del dipartimento di ricerca e sviluppo, tra i quali un armadillo, un cane, un coniglio con le orecchie prensili e un sosia di Theodore Roosevelt in pigiama. Mr. Needlemouse era stato disegnato da Naoto Ohshima per un gioco cui stava lavorando il game designer Yuji Naka in quello stesso periodo: si trattava di un platform rivoluzionario basato su un algoritmo che permetteva allo sprite principale di correre e di descrivere delle curve grazie a una dot matrix che ne calcolava le posizioni. Nel gioco di Naka, lo sprite avrebbe dovuto potersi arrotolare e percorrere delle tubature, ragion per cui a Ohshima venne l'idea del porcospino che poteva appallottolarsi. Il problema, però, era il character design: quando Kalinske ricevette il fax, per poco non gli venne un colpo. I suoi colleghi americani erano perfettamente d'accordo con lui; quel porcospino con le zanne, la chitarra da rockettaro, il collare chiodato e una bella bionda di nome Madonna sotto braccio non avrebbe mai e poi mai fatto presa sul pubblico occidentale. L'artwork passò quindi a Madeline Schroeder, un'abile collega di Kalinske che ne ammorbidì i tratti scegliendo alcune caratteristiche distintive ben ragionate: il colore azzurro come quello del logo di SEGA, le scarpe ispirate a quelle di Michael Jackson ma rosse come Babbo Natale per contrasto, la personalità decisa di Bill Clinton. All'inizio, il team giapponese rifiutò categoricamente le modifiche, andando su tutte le furie, ma Nakayama riuscì a placare il consiglio d'amministrazione nipponico, confidando nell'istinto di Tom Kalinske e del suo staff. Anni dopo, Yuji Naka ha allegramente ammesso che fu molto meglio così.
Il platform rivoluzionario
Sonic The Hedgehog, 1991 Non molti sanno che Sonic The Hedgehog non significa davvero "Sonic il porcospino", ma è il suo nome proprio, con quel The che fa da secondo nome e intorno al quale avrebbe dovuto ruotare una storia mai raccontata. Il team americano di Kalinske trascorse moltissime ore a costruire intorno all'illustrazione di Sonic una storia e una personalità, visto che gli sviluppatori che si occupavano del codice in Giappone - una squadra di quindici persone che si ribattezzò Sonic Team - erano gelosissimi della loro creatura, al punto da non volerne diffondere immagini o filmati anzitempo. Se Naka fosse stato un po' meno rigido, per esempio, Sonic avrebbe nuotato fin dal principio, dato che era convinto che i porcospini non potessero farlo e pertanto aveva ideato l'acqua come un elemento letale. La colonna sonora fu composta da Masato Nakamura della band Dreams Come True e il gioco uscì finalmente nel 1991, dopo che le due SEGA se lo furono cullato per mesi, limitandosi a stuzzicare i giocatori prima di rivelarlo, in tutto il suo splendore, a un Consumer Electronics Show dove fece impallidire il concorrente Super Mario World. Per SEGA, infatti, era fondamentale giocare la carta di Sonic al momento giusto e nelle migliori condizioni possibili, ragion per cui il titolo fu venduto in bundle col Genesis che, fino a quel momento, includeva nella confezione il gioco Altered Beast. Sonic The Hedgehog, 1991 Il lancio fu un successo: Sonic The Hedgehog riscosse un successo clamoroso di critica e di pubblico. Non si era mai visto un gioco così frenetico, colorato e dettagliato; Super Mario World - che era uscito da poco - dovette faticare per stare al passo, tant'è che durante il Natale di quello stesso anno il Genesis batté le vendite del Super Nintendo di due a uno, strappando alla grande N una corona che non si toglieva dal 1985. L'impatto col mercato videoludico fu titanico. Il gioco di Naka integrava il concetto dello "slancio" nei platform tipici dell'epoca, ma anche alcuni elementi di gameplay che furono imitati negli anni a venire, come le piattaforme rimbalzanti, i giri della morte e i bonus di accelerazione. Senza contare che Sonic, come personaggio vero e proprio, ispirò i creatori di tantissimi altri personaggi "cool" che lo seguirono, da James Pond a Earthworm Jim, passando per Aero e Ristar (quest'ultimo basato su uno dei prototipi originali di Sonic, il coniglio con le mani prensili). Il successo clamoroso del gioco convinse SEGA a svilupparne anche una versione per Master System priva, però, di alcune meccaniche o caratteristiche principali della sorella maggiore, in un modo un po' particolare di dire addio alla console a 8-bit: fu infatti l'ultimissimo gioco ad essere lanciato negli Stati Uniti. Sonic Adventure 2 - Gameplay
Crisi d'identità
Sonic è stato il protagonista di più di trenta videogiochi, senza contare le serie televisive e i fumetti incentrati su di lui, i suoi amici e il suo pazzo mondo che mescola animali antropomorfi, fantascienza e tecnologia, e con gli anni è diventato proprio quello che aveva sperato SEGA: un'icona, una mascotte che conoscono un po' tutti e uno dei personaggi di finzione più famosi del mondo. SEGA ne sfruttò l'immagine per pubblicizzare vari accordi commerciali, per esempio quello legato al campionato di Formula 1 del 1993, quando il team Williams Grand Prix sfoggiò su caschi e carrozzerie griffate Sonic. Considerata tutta la sua importanza e notorietà, quindi, non si spiega la fine che abbia fatto il franchise, la cui qualità negli ultimi anni è stata, be', abbastanza altalenante. Dopo l'eccezionale Sonic & Knuckles del 1994, infatti, SEGA parve voler usare la sua mascotte per sperimentare nuove forme di gameplay, dando luce, per esempio, a Sonic 3D Blast nel '96: un platform isometrico che, come potrete facilmente immaginare (o ricordare), non riscosse pareri particolarmente positivi. Di platform bidimensionali "classici" ne furono sviluppati parecchi, e tra i migliori ricordiamo sicuramente Sonic Rush e Sonic Advance per i portatili Nintendo, ma le escursioni del porcospino blu nel campo della pura e semplice sperimentazione non andarono sempre per il verso giusto. Sonic Chronicles, 2008 Sonic Adventure e Sonic Adventure 2 per DreamCast probabilmente sono i picchi più alti di questo trend, memorabili per le loro forme ibride e le colonne sonore, mentre all'altro capo dello spettro spiccano i tentativi di adattare il gameplay per cui era diventato famoso Sonic all'esplorazione tridimensionale e alla nuova generazione dei platform: è il caso del simpatico Sonic Lost World, ispirato agli stage sferici di Super Mario Galaxy, e del mediocre Sonic Unleashed, in cui il nostro eroe si trasforma in un porcospino mannaro, una delle idee più brutte nella storia delle idee brutte. Da ricordare, invece, il discreto Sonic Chronicles: The Dark Brotherhood, un RPG sviluppato nientepopodimeno che da BioWare. Tra alti e bassi, insomma, la mascotte di SEGA ha perso il suo smalto soprattutto dopo che la compagnia ha abbandonato il campo da guerra delle console per videogiochi, quasi a rifletterne la crisi d'identità. Oggi Sonic appare nel roster di Super Smash Bros. per Nintendo 3DS e Wii U, ma anche in televisione grazie alla serie in computer grafica che ha accompagnato il lancio del pessimo Sonic Boom, un titolo che voleva essere il Sonic Adventure del 2014 quando i fan del porcospino, forse, preferirebbero i platform classici a questa voglia matta di sperimentare senza successo.