Nella partecipazione di parenti e amici al dolore della mia famiglia ho colto diverse sfumature. Tutti hanno usato parole di stima per papà. Uno mi ha detto: “era un uomo d’altri tempi”. Il mio amico, che non voleva essere retorico, ha proprio ragione: era un uomo d’altri tempi. Profondamente segnato dai rigori della guerra e del dopo. Il lavoro fu il suo blasone. L’acqua il suo elemento. Attraversò quell’età dell’oro che gli storici fanno terminare negli anni Settanta. Mentre il mondo diventava globale papà faceva ancora riferimento a un’epoca e ad un’identità locali, provando un inevitabile disagio. In lui albergherà quel sentimento che Roberto D’Alessandro ha rinvenuto nell’opera di Salvatore Plastina, Viaggio nella… memoria, che conservo gelosamente e ho sfogliato di nuovo in queste notti di sonni interrotti. “Una nostalgia crepuscolare di chi vive nel presente ma resta impantanato nel passato. Sono quelli gli anni belli, sono quelli i compagni veri, è quella la vita scanzonata e gravida di progetti, nonostante la precarietà economica, nonostante i bombardamenti e le difficoltà. Tutto era semplice e occasionale; le vicende di uno erano le vicende di tutti; le gite in Sila e al mare, un evento eccezionale da aspettare con trepidazione, da vivere intensamente, da ricordare a lungo”.