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Sono il signor Scillitani, risolvo problemi.

Creato il 13 giugno 2013 da Clarinettem

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{ Raccontino senza pretese nato da uno scambio di e-mail con il mio ragazzo. Sua l’idea, suo l’incipit, suo il nome del protagonista. Continuiamo? Ci fermiamo qui? Chissà. Vedremo. }

È la quinta volta che tiro le cuoia. La quinta volta e, devo ammetterlo, si sta rivelando meno dolorosa della prima. Un po’ perché me l’aspettavo (c’è una certa differenza tra una pugnalata alla schiena da parte di tua moglie e un’esecuzione pubblica), un po’ perché ci si abitua a tutto. E dopo quattro volte che hai visto la luce, be’… ti aspetti quasi che ti venga recapitata una bolletta dell’Enel.

Salve. Sono Pasquale Scillitani e di mestiere faccio il Ritornante, che non significa altro che sono un tipo che saltella di anima in anima, di morte in morte.

Gli aspetti negativi sono che la Cerchia mi manda a sostituire solo dei veri stronzi, in situazioni davvero disperate. La cosa positiva è che gli stronzi che sostituisco sono destinati a morire: io non devo fare altro che limitare i danni.

Prendete questo qui, ad esempio. Un morto di fame tirato su a cazzotti e cinghiate che, non si sa bene come, s’è trovato a gestire i traffici di anfetamine di mezza Austin. Una volta diventato ricco sfondato, invece di mollare tutto e sparire su una spiaggia dei Tropici ha ben pensato di seguire le orme del padre e ammazzare, tra una bottiglia di pessimo whisky e l’altra, moglie, figlio e suocera.
Aveva addirittura trovato un povero disgraziato che si sarebbe preso la colpa al posto suo. È a quel punto che la Cerchia è intervenuta. Mandando me. Tanto per cambiare.

Sono il signor Scillitani, risolvo problemi. Ok, questa l’ho copiata, ma il senso è lo stesso.

Per farla breve: sono entrato nel corpo di questo figlio di puttana o meglio, la mia anima è entrata nel corpo di questo figlio di puttana e l’ho spinto a costituirsi. Da lì a entrare nel braccio della morte c’è voluto un attimo.
Di regola, a quel punto avrei anche potuto lasciar fare alla giustizia terrena, ma visto che lo stronzo era pieno di conoscenze mi è toccato andare fino in fondo e assicurarmi che non trovasse un modo per passarla liscia.
Perciò eccomi qui, alla fine del miglio verde, sdraiato su un lettino e tenuto fermo da non so quante cinghie, con una cannula nel braccio. È una morte dolce, dicono, ma così non sembra pensarla l’anima del cretino con cui al momento spartisco il corpo. Si lamenta. Vuole uscire. Non sa che, tra poco, l’aspetterà qualcosa di peggio. L’iniezione letale è niente in confronto all’ira del Vincolo. E lo so perché ci sono passato.
Dall’ira del Vincolo, intendo. Dall’iniezione letale no, è la prima volta perfino per me.

Prima i barbiturici. Dormo.
Poi il pancuronio. Smetto di respirare.
E via col cloruro di potassio.

Nemmeno una decina di minuti dopo sono fuori.

Col cazzo che torno subito alla Cerchia, stavolta. Ho voglia di fumare. Mi basterebbe possedere per un’oretta il corpo di quella guardia là fuori. Porta la fede, quindi ha una moglie. Magari ci scappa anche una bella sco…

«Ti vogliono. C’è un nuovo lavoro, datti una mossa.»

Eccheccazzo.

Salve. Sono Pasquale Scillitani e di mestiere faccio il Ritornante. Salto di anima in anima, di morte in morte. Sostituisco gli stronzi che sono destinati a morire: provvedo affinché si presentino all’appuntamento con la Morte. Che ha pure un gran bel culo, detto tra noi.

«E smettila di guardarmi il culo.»

L’unico difetto è questa sua mania di leggere nel pensiero. Ma diamine, nessuno è perfetto.



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