Ho apprezzato molto questa intervista effettuata da Marino Buzzi e pubblicata sul suo Perseo_blog. Tanto che ho deciso di “rubarla” e rilanciarla qui.
L’idea, condivisa con Marino, è quella di offrire una finestra di visibilità a chi il discorso omogenitorialità l’ha vissuto in prima persona e sulla propria pelle.
E quindi, meglio di tante chiacchiere e studi scientifici, può parlarne a pieno titolo. Anzi ne ha assolutamente diritto.
Fonte: Famiglie Arcobaleno
Qualcuno potrà insinuare che la storia di Matteo è unica, che altri figli di omosessuali in realtà hanno una quantità infinita di difficoltà e problemi psicologici, perchè si sa che per crescere bene è necessario avere una mamma e un papà
Questo ragazzo di ventotto anni, eterosessuale, dottore in lettere, è invece equilibrato, intelligente e sicuramente coraggioso. Una vita piena di amici, interessi, amore per la sua compagna e per le sue due mamme.
La sua storia “particolare” inizia negli anni novanta con la separazione della madre da suo padre e la convivenza con una donna e i suoi figli.
Racconta lui stesso: “Quando abbiamo iniziato a vivere insieme abbiamo iniziato a considerarci fratelli (ancora oggi quando dobbiamo presentarci a qualcuno che non ci conosce diciamo “mio fratello”, “mia sorella”) e piano piano abbiamo capito che tra le due mamme c’era qualcosa di più che una forte amicizia e il desiderio di unire le forze per sopravvivere alla separazione.”
Matteo parla della sua famiglia con serenità, vivendola come normale a tutti gli effetti. Anche nei problemi logistici relativi alla gestione degli spazi o alle difficoltà relazionali legate al carattere dei singoli. Nè più nè meno di qualunque altra famiglia, sia originaria che ricostituita.
Sembra, nel suo racconto che la società e soprattutto le persone siano più avanti delle istituzioni e racconta di non avere mai avuto problemi con gli amici, con maestre e professori, con i pari. Non è così per le mamme che, al contrario di chi pensa siano i figli ad avere problemi, si sono dovute scontrare con le famiglie di origine e l’ambito lavorativo.
Racconta ad esempio che “Diverso è stato per le mamme far accettare ai loro genitori che la convivenza non era dovuta alla necessità di risparmiare sull’affitto o sulle spese, ma a un sentimento forte che non è sbagliato chiamare amore. Con gli anni, poi, è stato per loro naturale assumere un atteggiamento di aperta onestà sulla loro relazione (non dimenticherò mai mia mamma andare al lavoro con la sciarpa arcobaleno, e penso contrabbandarla come simbolo della pace), tranne che sul posto di lavoro: entrambe, a vent’anni dall’inizio della convivenza, tacciono sulla natura del rapporto con colleghi e datori di lavoro.”
In base ai dati della ricerca MoDiDI del 2005 Arcigay stima circa 100.000 figli di persone omosessuali, sia nati da precedenti matrimoni che concepiti all’interno della coppia lesbica/gay. Di fatto le famiglie omosessuali esistono e il loro numero, anche in Italia, va crescendo. Peccato che la nostra classe politica le ignori completamente e solo da poco tempo la comunità scientifica si stia interessando a loro.
Puoi leggere la breve intervista direttamente alla fonte, mentre io scelgo di concludere questo post con le parole di Matteo: “Mi sento una persona fortunata: sono cresciuto in una famiglia serena e posso dire che l’essere femminile di entrambe le figure parentali mi ha aiutato ad assumere un particolare punto di vista sulla relazione uomo-donna. “