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Sono molti gli storici che sostengono l’origine della scienza nel cristianesimo…

Creato il 31 agosto 2011 da Uccronline

Sono molti gli storici che sostengono l’origine della scienza nel cristianesimo…Nonostante esistano tanti studi in merito, sostenere che la scienza moderna abbia avuto un inizio solo nella cultura cristiana sembra una cosa molto strana per molte persone. Questo è indice della grande opera di disorientamento creata dal positivismo militante, secondo cui lo sviluppo della scienza porta inevitabilmente all’eclissi della religione. Tuttavia, come dicevamo, esistono parecchi studi che affrontano e confutano proprio questi luoghi comuni. In un articolo su Canada Free Press compare una vasta presentazione di alcuni studiosi su questo argomento.

Lo storico della scienza John Henry, docente presso l’Università di Edimburgo, nel suo The Scientific Revolution and the Origins of modern Science(Palgrave Macmillan 2002) si preoccupa di confutare la tesi “popolare” per la quale la scienza sia nata in epoca classica, da uomini come Archimede, ad esempio. Negli antichi greci, dice, mancava sostanzialmente il metodo d’indagine e la loro era soltanto speculazione scientifica.

Secondo James Hannam, dottore in Storia e Filosofia della Scienza presso l’Università di Cambridge, autore di The Genesis of Science: How the Christian Middle Ages Launched the Scientific Revolution (Regnery Publishing 2011), di cui abbiamo già parlato in Ultimissima 16/6/11, i veri precursori della scienza sono da ricercarsi nel mondo medievale occidentale, in piena antitesi con chi vuole definire questi secoli come “bui”. Hannam sostiene che il cristianesimo medievale abbia creato la metafisica pietra angolare per la scienza moderna. Il punto di partenza di tutta la filosofia sulla natura, nel Medioevo, era la convinzione che essa era creata da Dio. Questo ne ha legittimato lo studio poiché attraverso la natura l’uomo poteva conoscere di più il suo Creatore. Gli studiosi medievali, scrive ancora lo storico, ritenevano infatti che la natura seguisse le regole che Dio aveva ordinato ad essa. Essi respinsero le tesi di Aristotele, secondo il quale le leggi naturali erano legate per necessità. L’unico modo per conoscere queste leggi era, per i primi scienziati, l’utilizzo dell’esperienza e dell’osservazione.

Edward Grant, celebre storico americano, ha argomentato la sua posizione in The Foundations of Modern Science in the Middle Ages: Their Religious, Institutional and Intellectual Contexts (Cambridge University Press 1996), dove scrive che solo la creazione di un ambiente sociale nel Medioevo ha consentito un vero sviluppo e una rivoluzione scientifica. Nel XVII secolo, in particolare, furono presenti tre importanti pre-condizioni: 1) La traduzione delle opere su scienza e filosofia naturale dal greco al latino. 2) La formazione nell’università medievale. 3) L’emergere di una filosofia teologica-naturale.

Secondo Stephen Gaukroger, filosofo e storico della scienza presso l’ Università di Sydney e di Aberdeen, l’emergere del concetto di scienza e il metodo scientifico non sono stati creati in opposizione alla religione, come vuole il mito creato attorno al “caso Galileo”, ma sono stati guidati e formati su impulsi religiosi. Gaukroger affronta questa tesi nel suo The Emergence of a Scientific Culture: Science and the Shaping of Modernity 1210-1685 (Oxford University Press 2007).

Lo storico marxista Christopher Hill, concentrandosi sul Regno Unito, riconosce che il 1600 fu il punto più “cristiano” della storia britannica, quando avvenne la rivoluzione puritana e si posero le basi per la rivoluzione scientifica. In The English Bible and the Seventeenth-Century Revolution (Penguin 1995), fa presente che anche lo scrittore più apparentemente non credente, Thomas Hobbes, esprimeva le sue idee secondo una terminologia e immagini bibliche, tale era l’attrazione gravitazionale della Bibbia (anglicana) per la società. Allo stesso modo, tutte le indagini scientifiche in Inghilterra da questo momento, avrebbe presupposto qualche garanzia biblica.

Secondo Peter Harrison, docente di scienza e religione ad Oxford e direttore del Ian Ramsey Centre, autore di The Fall of Man and the Foundations of Science (Cambridge University Press 2009), la ragione alla base dello sviluppo del nuovo metodo scientifico è direttamente correlata al fatto coloro che lanciarono l’impresa erano cristiani. Le motivazioni erano basate sul libro della Genesi e riguardavano principalmente la storia di Adamo, la sua “conoscenza enciclopedica” sugli animali e la sua caduta dal Paradiso. Questo aiuta anche a spiegare il numero insolitamente elevato di puritani come membri della Royal Society di Londra, un fatto -continua Harrison- che non coincide con la sciocca affermazione per cui la scienza moderna fu un trionfo dell’illuminismo contro l’autorità della Chiesa. Riconquistare questa conoscenza adamitica è stato fondamentale per lo sviluppo della scienza nei primi anni del metodo scientifico. Harrison afferma anche il pessimismo di Agostino sull’uomo, accettato anche da Lutero e Calvino, è ciò che ha spinto gli scienziati a sperimentare metodi infallibili.

Stephen A. McKnight, professore emerito presso il dipartimento di storia all’Università della Florida, si concentra nel suo libro The Religious Foundations of Francis Bacon’s Thought (University of Missouri 2006), su Francis Bacon, figura di straordinaria importanza all’inizio della scienza moderna. La chiave del suo pensiero, che si trova in libri come “The great instauration” (1620) e “The new Organon” (1620), è la centralità di concetti religiosi. La riforma dell’apprendimento in Bacon diriva dalla Bibbia, in particolare dal racconto della Genesi, la “creazione” e la “caduta”. I suoi pensieri furono fondamentali per la prima Royal Society. Lo stesso si può dire per Keplero e Robert Barclay, Robert Boyle, John Locke e Isaac Newton.


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