Magazine Attualità

Sopravvissuti alla diaspora (di Francesco Marilungo)

Creato il 24 gennaio 2012 da Istanbulavrupa

Sopravvissuti alla diaspora (di Francesco Marilungo)(segnalo con molto piacere un saggio dell'amico Francesco Marilungo - di cui riporto un estratto - pubblicato dalla Nuova Rivista Letteraria)

Le sorti di una letteratura sono inevitabilmente legate al popolo che quella letteratura produce e vive, alla lingua che esso parla e alla storia che ricorda. Quando si vuole non solo opprimere e controllare un popolo, ma addirittura negarne l'esistenza, si comincia proprio col bloccarne la letteratura, col tacitarne la lingua e col cancellarne i ricordi. Di contro, quando un popolo torna ad avere consapevolezza di sé e a lottare per la sua autonoma affermazione è proprio dalla lingua, dai ricordi, dalla letteratura che riparte. È il caso dei curdi. Antichi abitanti della cinta montuosa che disegna la piana della mezzaluna fertile. Per secoli popolo di confine fra il sultanato ottomano di Istanbul e il regno dello scià di Persia. Poi compagno di vittorie e di crimini del popolo turco allorché, dopo la prima guerra mondiale, l'Impero ottomano salvava, della sua un tempo sterminata geografia, l'attuale Turchia, trasformata da Atatürk in Repubblica laica. Infine popolo diviso in quattro diversi stati (Turchia, Siria, Iran, Iraq) e da ognuno di essi perseguitato, oppresso e negato.

[...]

Per fortuna la questione ha anche una piattaforma di discussione politica che fa registrare lentissimi ma inequivocabili progressi, muovendosi delicatamente fra la tregue invernali e le recrudescenze estive della guerra a bassa frequenza. Se durante gli anni Ottanta e fino al '91, l'atto stesso di scrivere in lingua curda assumeva una precisa carica politica, dal momento che per legge ne veniva proibito l'uso, ora la situazione sembra diversa. Addirittura una canale di stato (TRT6), con una programmazione quanto meno discutibile, trasmette interamente in curdo. Durante la campagna elettorale dello scorso maggio il premier Recep Tayyip Erdoğan sventolava in faccia ai "fratelli musulmani" della città curda di Diyarbakır l'edizione, curata dal Ministero della Cultura e del Turismo, del capolavoro storico della letteratura curda Mem û Zîn (scritto da Ehmede Xani nel diciottesimo secolo), laddove nel 1991 il film di Umit Elçi, ispirato alla medesima epopea amorosa, veniva fortemente osteggiato e vietato. Ma fra i curdi domina la diffidenza nei confronti di queste operazioni di maquillage culturale. Scendendo dai proclami delle tribune politiche alla concretezza dei fatti, la sostanza delle cose si rivela molto diversa. Durante il processo denominato KCK in cui vengono processati 151 membri della società civile curda (fra cui alcuni deputati eletti lo scorso giugno), davanti alla determinazione degli imputati che hanno pronunciato la difesa in curdo (la loro lingua madre, e dunque sorretti da ogni tipo di carta dei diritti internazionali), i giudici hanno sospeso le procedure facendo mettere a verbale che gli imputati si sono difesi in una "lingua sconosciuta" (bilinmeyen dil). La Repubblica di Turchia cade così nella contraddizione per cui una televisione pubblica trasmette 24 ore su 24 in una lingua che i tribunali dichiarano "sconosciuta" e quindi priva di valore giuridico. Sebbene siano sorti negli ultimi anni centri di studio e di divulgazione del curdo, e sebbene all'università di Mardin sia sorto un curriculum in curdologia (mascherato sotto la dicitura "Dipartimento delle lingue viventi"), l'educazione scolastica in lingua madre, richiesta a gran voce dalla società civile curda, è ancora argomento tabù per larga parte dell'opinione pubblica turca. Il curdo non può essere usato nei luoghi istituzionali, né nella segnaletica stradale. Vengono stampate riviste e quotidiani in curdo e anche l'uso di tale lingua nel cinema e nella musica è ormai consentito.

[...]


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :