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Sorrentino in Italia: «L’Oscar? Spero in ripercussioni positive per il cinema italiano»

Creato il 06 marzo 2014 da Fabioeandrea

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«La statuetta sta sepolta ed incellofanata in valigia: dai, poi la mettete con Photoshop!». Ritirati i bagagli, il regista Paolo Sorrentino, ancora un po’ assonnato per il viaggio, maglioncino e giacca lunga blu, jeans grigi, zainetto rosso-grigio in spalla, scherza sul mostrare l’Oscar alla stampa. Aggiunge: «Spero avrà ripercussioni positive sul cinema italiano».

Paolo, se credi che la macchina del pessimo cinema italiano di scomponga per un Oscar, sei un inguaribile ottimista.

Già in questi ultimi giorni stanno provando a seppellire il tuo film con una valanga di polemiche tale che non c’è neanche stata quando il film è uscito al cinema, segno che la maggioranza degli italiani guarda i film-e male-dalla tv, interrotti dalla pubblicità e perdendo quindi il filo di ciò che vede, la sua visione d’insieme, la sua capacità di capirlo ridotta.

Le polemiche servono a fingere di parlare del film ponendo l’attenzione su una questione laterale e contemporaneamente hanno lo scopo di non affrontare una questione centrale: perché in Italia non c’è spazio per gli autori e chi glie lo sta negando?

Invece sento parlare delle solite cose da tifoseria politica, che servono a immobilizzare ancora una volta tutto quanto. Perché se si riesce a parlare del tuo film cercando di inquadrarlo in un peraltro inesistente spettro politico italiano (perché non ci sono progressisti o conservatori, ma solo differenti forme di compromesso verso posizioni tendenzialmente più conservatrici o solo tenuamente progressiste), si può accusare te e il tuo film di essere di una parte politica o l’altra, così poi da poter fornire all’uno o l’altro finto capo del finto spettro politico in grado di influenzare il cinema italiano una scusa per ostracizzarti e ridimensionarti facendo in modo che venga sovrapposto ai tuoi film un marchio d’infamia che possa aumentare la diffidenza del pubblico nei tuoi confronti e lentamente annientarti con incassi sotto le aspettative, per educarne altri cento che vorrebbero fare vero cinema in questo paese. Perché se i tuoi film incasseranno di meno e saranno meno graditi da un pubblico e una critica che vengono spinti a non conoscere, a non capire come fruire un’opera di qualche tipo, ci sarà una nuova ragione per non cambiare nulla, nel cinema italiano. La morale della storia sarà: Gli autori non incassano, meglio giocare sul sicuro.

Andrea Spiga


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