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Creato il 03 agosto 2011 da Fugadeitalenti

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Forse la vera tragedia dell’Italia è che i migliori spesso se ne vanno all’estero“, scriveva Corrado Augias qualche settimana fa, nella sua rubrica su “La Repubblica”, rispondendo a un giovane musicista 33enne, emigrato a Berlino dopo aver toccato con mano il “muro di gomma” dei nostri conservatori.

Caro Augias, forse farebbe bene a togliere il “forse” dalla sua risposta. Stupisce anzi che -dopo tanti anni- lei assuma ancora un atteggiamento dubitativo. Quello che lei ha scritto è -in realtà- una certezza: la vera tragedia dell’Italia E’ che i migliori spesso se ne vanno all’estero.

Il problema, piuttosto, è chi rimane. Ci sono e ci saranno sempre i coraggiosi e gli idealisti, decisi a cambiare le cose. Tuttavia, saranno sempre sovrastati numericamente da raccomandati, cooptati, arrampicatori, figli, nipoti, cugini di quella casta, di quella P2-3-4-5-6-7-8-9-n… che sembra ormai riprodursi all’infinito, senza pudore, pur di continuare a dividersi la torta di un Paese senza futuro. Un Paese ormai nelle mani di una oligarchia ristretta, mafiosa nell’animo e arroccata a difesa dei propri privilegi. Finchè tutto non crollerà di colpo. Ma sarà già troppo tardi. Il declino del Paese sarà ormai consumato.

I nostri giovani all’estero l’hanno capito da tempo. Per questo se ne sono andati. Tutti gli indicatori danno loro ragione. Ma non è uno scandalo che nel nostro Mezzogiorno due giovani su tre siano disoccupati (dati Svimez), mentre oltre il 30% dei laureati con meno di 34 anni non lavora né studia? Ma che Paese è?

Non è uno scandalo che, secondo Datagiovani, la categoria che sta più pagando gli effetti della crisi siano gli “under 35″? Non vi pare incredibile che -tra il 2006 e il 2010- i lavoratori dipendenti in quella fascia d’eta si siano ridotti del 12,6%, passando da 4 milioni e 600mila a 4 milioni? E qui non si tratta solo di Sud: le punte maggiori di crollo si sono registrate in Friuli-Venezia Giulia (-19,7%) e Piemonte (-18,2%). Se cinque anni fa gli “under 35″ rappresentavano in Italia il 40% dei dipendenti, ora superano a stento il 34%. Una vergogna. Ma che futuro ha un Paese così, che soffoca sul nascere le speranze e le aspettative dei propri giovani?

Un Paese dove, secondo gli ultimi dati dell’agenzia di selezione Bachelor, il 60% delle laureate guadagna -a quattro anni dal titolo di studio- meno di 1250 euro netti al mese. Solo il 5% supera i 2000 euro. Peccato che le loro colleghe espatriate, all’estero guadagnino oltre 2000 euro nel 56% dei casi!

In tutto questo il Governo procede a tentoni: sgravi fiscali nella manovra per gli imprenditori under 35, riforma dell’apprendistato su quattro livelli. Tentativi importanti, va detto. Ma gli inglesi dirrebero: too little… e soprattutto too late! Ci voleva tanto a immaginarli qualche anno fa, anziché ridursi a implementarli quando mancano persino gli occhi per piangere? Questa classe politica è lo specchio fedele dell’improvvisazione dilettantistica: mai una misura di ampio respiro che guardi al futuro, ci si riduce sempre a varare norme in fretta e furia, sull’onda di una sfiducia montante.

Basti pensare al welfare state: la grande riforma organica degli ammortizzatori sociali annunciata anni fa dal Ministro Maurizio Sacconi non è mai arrivata. Nel frattempo i disoccupati “senza rete” hanno superato quota tre milioni. Una strategia da dilettanti, quella seguita finora: nessuna vera riforma mirata ad assicurare un reddito minimo ai giovani atipici, accompagnandoli in un percorso di ingresso nel mercato del lavoro disegnato sulle specifiche esigenze personali (accantoniamo per un attimo il discorso sull’apprendistato, i cui effetti sono ancora tutti da vedere). Nessuno sforzo per lavorare in modo serio e con impegno al progetto di contratto unico, lodato persino dalla Commissione Europea, che avrebbe potuto finalmente spazzar via o comunque diminuire l’insopportabile dualismo del mercato del lavoro, che divide i “protetti” dell’indeterminato (soprattutto anziani) dagli “abbandonati” dei co.co.co/co.co.pro./co.co….qualcosa. Abbandonati sia sotto il punto di vista delle tutele contrattuali, che dei salari. Semplicemente ridicoli. Da questo Governo abbiamo visto solo una pervicace ostinazione nel portare avanti la cassa integrazione, strumento che -se allungato nel tempo- finisce col danneggiare il dipendente, anziché aiutarlo, facendogli perdere il treno del cambiamento, soprattutto impedendogli di riqualificarsi e cogliere così nuove sfide professionali.

Intanto l’Italia invecchia: secondo Eurostat, facciamo peggio solo della Germania, in quanto a tasso di natalità. Di quei pochi giovani che nascono, una percentuale crescente arriva in culla già col passaporto in mano. Se non emigrerà una volta raggiunta la maggiore età, ci penseranno i giovani genitori a portarli -fin da piccoli- in Paesi in grado di offrire maggiori speranze di vita…

Diamoci una mossa. Prima che questa classe dirigente annichilisca quel poco di futuro che ci è rimasto. Rivolgo l’appello anche ai tanti nostri connazionali che vivono all’estero: dateci una mano.

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