Brescia, troppo cromo nell’acqua
dal film “Erin Brockovich” di Steven Soderbergh (2000)
«Ma non possiamo lasciare a secco la città»
«Noi non possiamo considerare un’analisi di potabilità chimica in cui ho un valore di cromo esavalente superiore al limite di 5 (μg/l, ndr) potabile». Lo ha dichiarato giovedì 21 giugno la dottoressa Lucia Leonardi dell’Asl di Brescia, di fronte alla commissione ambiente del Comune.
Una precisazione in netto contrasto l’interpretazione del Dlgs 31/2001 sulla potabilità delle acque fornita fino ad oggi dal gestore della rete (A2A Ciclo Idrico) e, in parte, dalla stessa Asl.
Secondo quanto sostenuto finora infatti l’assenza di un parametro specifico relativo al Cromo VI permetteva di estendere anche all’esavalente il limite di legge di 50 μg/l prescritto per il Cromo Totale.
Ma tra le diverse forme che compongono il Cromo Totale e il Cromo VI c’è una differenza fondamentale: l’esavalente (Cr VI) è una sostanza tossica e cancerogena riconosciuta dalla Iarc (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), mentre le altre forme di Cromo non hanno gli stessi effetti sulla salute.
Estendere quindi il limite del Cromo Totale anche al Cromo esavalente significa alzare alla soglia di 50 μg/l una sostanza cancerogena che non dovrebbe essere presente nell’acqua destinata al consumo umano in quanto «si lega alle proteine e al Dna causando mutazioni genetiche e aberrazioni cromosomiche».
«La ricerca del Cromo esavalente nell’acqua – ha precisato sempre la dottoressa Leonardi – è sempre stata una procedura straordinaria per le situazioni di particolare criticità ambientale. Ne troviamo traccia per la prima volta nel Dlgs 152/99 tra le analisi aggiuntive da non generalizzare».
E nel Dlgs 152/99 (p. 47) il parametro per le acque è proprio quello indicato dalla dottoressa Leonardi, ovvero 5 μg/l. Il successivo Dlgs 31/2001 non ha previsto un limite specifico per il Cromo VI semplicemente perché il suo livello nell’acqua potabile dovrebbe essere zero (anche per il Testo Unico in materia ambientale, il Dlgs 152/06, l’acqua con > 5 μg/l di Cromo VI è «contaminata»).
LA SITUAZIONE A BRESCIA. Per vari motivi (inquinamento proveniente dalla Valtrompia, eventi acuti di inquinamento industriale da Cromo) la falda bresciana è compromessa rispetto al Cromo VI. Lo sostiene, in un documento ufficiale del 2011, anche il dottor Sergio Carasi dell’Asl: «tutto il Cromo presente nell’acqua di Brescia è Cromo esavalente (Cr VI)». Come possono allora di fronte a questa consapevolezza, gestore ed enti pubblici, continuare a basarsi sul limite di legge del Cromo Totale?
La quantità di Cromo VI trovato dall’Asl nell’acqua distribuita da A2A nella rete idrica, tranne in rari casi, è di norma superiore a 5 μg/l: 16 μg/l alla fontana di Piazza della Loggia il 16/4/12, 16 μg/l in via Veneto il 20/3/12, 11 μg/l a Mompiano il 3/4/12, 10 μg/l al Villaggio Sereno il 15/5/12, 13 μg/l all’interno degli Ospedali Civili (!) il 22/5/12.
Come si può notare la situazione per il Cromo VI è fuori norma non solo nella zona sud della città (Villaggio Sereno) ma anche nella zona nord. E non ha paragoni con quella di altre città industrializzate della Lombardia. Per bonificare la falda o cominciare a pensare, come suggerisce ad esempio il prof. Marino Ruzzenenti, di attingere l’acqua per la città da fonti montane anziché dagli acquiferi sotterranei, il Comune di Brescia non intende spendere nemmeno un euro.
Presto la legislazione potrebbe cambiare ed esplicitare parametri più restrittivi, recependo gli orientamenti degli organismi transnazionali. Chiudere allora i rubinetti dell’acqua di Brescia e aspettare le bottigliette della Protezione Civile? La risposta di Asl e, ovviamente, di A2A, è razionale ma sconcertante: «Non possiamo lasciare una città di 200mila abitanti senz’acqua potabile. Meglio un’acqua inquinata ma erogabile per evitare emergenze sanitarie». Nell’immediato.
Andrea Tornago