Zio Po com’ero serio nel 2009! Lo ero quando scrivevo, intendo. Questo pezzo è uno dei primi che pubblicai sul vecchio blog, quando ancora credevo che il buon senso ben esposto fosse sufficiente a far pensare la gente. O meglio, quando ancora credevo che la gente pensasse.
Il fatto che questo scritto sia oggi tanto attuale, nonostante siano trascorsi tre anni, meriterebbe una discussione a parte, ma sarebbe fatica sprecata, oggi come allora.
Quindi è meglio non leggerlo, tanto è inutile.
Sotto quei turbanti
Tutto questo parlare di pericolo nucleare mi convince poco. Quelli che stiamo vivendo sono giorni di crisi, di G20, di summit NATO. Accanto alle problematiche economiche, si fa un gran dibattere di disarmo nucleare, della necessità di impedire a nazioni quali Iran o Corea di sviluppare armamenti cosidetti atomici.
Tutto ciò mi pare implausibile, anzitutto perché la prima ed inconfutabile argomentazione di ciascuna nazione del mondo a cui gli Stati Uniti o altri imponessero il disarmo nucleare sarebbe inevitabilmente: “Perché voi sì e noi no?”. Ciò detto, appare artificiosa la querelle sulla capacità o meno di dette nazioni di fornirsi di tali armamenti.
Siamo nel 2009, dal 1945 sono trascorsi 64 anni. Allora c’erano poche centinaia di persone che sapessero distinguere un atomo da un fermacarte, oggi sono decisamente molte di più, potenzialmente miliardi, ma se proprio una cosa non la sai costruire, puoi sempre acquistarla da chi la sa fare. Una copiosa cinematografia, i documentari del National Geographic ed il buon senso ci rassicurano che, con qualche milione di dollari, chiunque può comprarsi una o più testate nucleari. Il pianeta pullula di colorite bande di mercenari indaffarate, chi più chi meno, nel lucroso commercio di armi, dalle più tradizionali alle più dannose. L’opzione appare credibile e se cinquanta milioni di dollari non sono alla portata di un bidello di Vimodrone, sono invece poco più che un’inezia per il 90% dei governi del pianeta.
Supponiamo invece che procurarsi una bomba atomica non sia così semplice, anche volendola strapagare. Ebbene, meno complicato è certamente procurarsi del plutonio o, ancor meglio, dell’uranio. Da assoluto profano, non ho idea di come si faccia una bomba atomica, ma se dovessi tirare ad indovinare, direi che ci vuole qualche chilo di questi materiali (utilizzati con straordinari benefici in migliaia di ospedali del mondo ed in chissà quante altre strutture pubbliche e private), qualche chilo di esplosivo che inneschi la detonazione, del ferro ed un saldatore.Volendosi cimentare nella costruzione di una bombetta assai dannosa, si potrebbe associare al materiale radioattivo anche qualcosa di decisamente tossico e velenifero, mettere tutto in una confezione metallica adeguata, ovviamente dopo aver visitato la pagina http://it.wikipedia.org/wiki/Bomba_atomica o con l’ottima consulenza di uno studente di ingegneria al primo anno. Senza voler ambire all’eccellenza dei manufatti militari americani o russi, un discreto peccato si riuscirebbe a produrre.
Ma se fossi un terrorista, o la mano armata di un governo facinoroso, agirei diversamente. Perché prendersi il disturbo di produrre un ordigno costoso e di media efficacia con l’inconveniente di respirarne gli effluvi nel corso della preparazione, quando l’occidente è già così prolifico di materiale radioattivo che attende solo di essere liberato dai suoi soffocanti involucri?
Francia, Russia, Giappone e Stati Uniti contano centinaia di centrali atomiche sui loro preziosi suoli (al mondo ve ne sono almeno 430) e – Chernobyl (e Fukushima, nota del 2012) insegna – una centrale che si rompe o addirittura esplode produce danni, tanti danni. Basta un bel bazooka e quello se lo può procurare anche il bidello di Vimodrone o Homer di Springfield.