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Source Code - Recensione

Da Dalailaps @dalailaps
Source Code - Recensione
Trama
Interpretato da un Jake Ghyllenaal sempre all’altezza, Colter Stevens è un eroe della guerra in Afghanistan che si ritrova all’interno di un treno che sta per esplodere: vi è stato trascinato dal programma governativo sperimentale Source Code, il suo compito è quello di trovare l’ordigno e scoprire quale dei passeggeri sia l’attentatore. A rendere il tutto più “divertente” ci sono gli 8 minuti a cui sono obbligati i suoi molteplici tentativi, e l’essere stato trasportato all’intero del corpo di un estraneo. Durante quei brevi viaggi nel passato, lo scopo vira nel romantico a causa della ragazza che ritrova sempre seduta davanti a sé.
Riuscirà il nostro eroe a far combaciare il suo intento con quello dei creatori del Source Code?
Vi consiglio di scoprirlo. Vale la pane vederlo, sebbene la trama sia rapida e avrebbero potuto renderla più complessa e stuzzicante nella parte centrale del film; quasi un’ora e mezza di viaggi temporali, scene sottilmente fantascientifiche e molteplici pensieri etici.
Regia:
Il film è di Duncan Jones (conosciuto anche per essere il figlio di David Bowie), il quale ha saputo accoppiare thriller e scienza quantistica con un tocco capace ed energico, anche se non ancora perfezionato da un occhio pienamente originale. Sono sicura che avrà modo di svilupparlo.
Musica
Essendo io appassionata di colonne sonore, devo dire che questa non mi ha particolarmente sorpreso: Chris Bacon ha scritto toni per lo più già sentiti e adatti ad un qualsiasi film thriller; l’aggiunta di troppi violini non ha sottolineato particolari emozioni o ansie, ma ha forse appiattito ancor più le scene toccanti.
Sceneggiatura
La frase che si ricorda di più, che poi è la stessa che tutti gli eroi ripetono anche quando sono immersi nel guano fino al collo, è quella che un po’ tutti gli attori pronunciano a random, ovvero “Andrà tutto bene”. Ben Ripley poteva fare di meglio.
Note varie
Sono curiosa di sapere qual è stato il cachet della coprotagonista, Michelle Monaghan, per aver dovuto recitare praticamente sempre la stessa scena, senza dover neanche far la fatica di alzarsi in piedi per più di cinque minuti in tutto il film.
Spoiler: Avrei tanto voluto scoprire che Colter Stevens fosse atterrato nel corpo dell’attentatore stesso, ma ahimè, niente da fare.
Giudizio:
Mi ha lasciato un sapore amaro, ma comunque piacevole e persistente: si scorgono toni lievemente malinconici per gran parte del film, soprattutto per alcuni temi etici che il protagonista e un’agente governativa si trovano a dover affrontare.
Ma va bene così, è sempre piacevole quando un film o un libro ti trasportano in riflessioni intense e inattese: è gran parte di ciò che mi aspetto da un film, ed è lo stesso motivo per cui mi sono presa la briga di scriverne.

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