Due film sono sufficienti per 'consacrare' un autore? Per quanto tempo bisogna aspettare un regista prima di poterlo annoverare tra i cineasti 'cult' ? Le risposte, e il relativo dibattito, le lascio volentieri a voi. Per me il signor Duncan Jones, inglese, classe 1971 nonchè illustre figlio d'arte (è il figlio di David Bowie, ma con grande coraggio ha deciso di non 'adottare' il nome paterno) può essere a buon diritto considerato un regista con i contro-fiocchi: dopo il folgorante esordio di due anni fa con Moon, piccolo film indipendente e 'filosofico', erano in molti ad aspettarlo al 'varco' della seconda prova, con una produzione ad alto budget e le sirene di Hollywood a ronzargli intorno...
Ebbene, dopo aver visto Source Code possiamo dire tranquillamente che un nuovo Autore (con la 'A' maiuscola) è in circolazione. Un grande regista è colui che riesce a far diventare avvincenti le cose più facili, e Jones incarna alla lettera questa teoria: la sua opera seconda è ancora un film di fantascienza, di stampo classicissimo, che attinge a piene mani da due filoni che più classici e inflazionati non si può: il viaggio nel tempo e la 'realtà parallela'. Eppure Source Code riesce ad incollarci alla sedia per almeno 80 dei 93 minuti di pellicola, e sono emozioni forti: dimenticatevi infatti le atmosfere sospese e riflessive di Moon, qui siamo diametralmente all'opposto. Source Code è un robusto film d'azione che non scade mai nella superficialità e nell'overdose di effetti speciali: il segreto è nella portentosa sceneggiatura del romanziere Ben Ripley e nella capacità del regista di tenere sempre alta la tensione, pur in presenza di un meccanismo ripetitivo e rischiosissimo dal punto di vista cinefilo.
Ovviamente non vi dirò molto sulla trama, per non privarvi del gusto della visione: vi basti sapere che il film inizia con il soldato americano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal), attaccato ad uno strano marchingegno che gli consente di andare a ritroso nel tempo per soli otto minuti e solo in un momento particolare del passato, che rimane sempre lo stesso. La sua missione è quella di scoprire l'identità di un attentatore che ha fatto esplodere una bomba su un treno di pendolari... La 'macchina' non ha il potere di mutare gli eventi, ma effettuando continui viaggi nel tempo, sempre di soli otto minuti ciascuno, Stevens potrà assicurare alla giustizia un pericoloso terrorista, che per una volta non è... quello che di solito immaginano gli americani.
Il film è bello, teso, adrenalico e spettacolare. Jones lo appesantisce solo un po' verso la conclusione, con qualche finale di troppo e l'abbozzo di una storia d'amore non indispensabile ai fini della vicenda. Ma è il prezzo minimo da pagare per chi si affaccia a Hollywood da novizio. E comunque, avercene di film 'commerciali' fatti in questo modo!
VOTO: * * * *