Siamo passati dal Colorado al South Dakota in un caldo pomeriggio d’estate. Non so quanto tempo abbiamo impiegato perché il paesaggio è stato pressoché identico per centinaia di chilometri, senza una variazioni di paesaggio. Se dovessi dare una definizione del Wyoming potrei chiamarlo il giorno della marmotta del paesaggio: tutto uguale, tutti campi, tutto giallo, tutto piatto (collinette qui e lì per movimentare il paesaggio).
E poi, uno di quei grandi stati che, diciamocela tutta: non si caga nessuno tra i turisti stranieri, perché c’è Mount Rushmore, ma mica molto di più, e invece è letteralmente invaso dagli americani che lo scelgono come meta di vacanze estive, culturali e non.
Curiosando qua e là ho scoperto un po’ di cose tra cui, nell’ordine:
- Il South Dakota è lo stato della patata (tubero), ogni anno a Clark fanno il Potato Day, in cui a quanto pare oltre a fare parate di guidatori di patate, contest di decoratori di patate con i fiori, sculture di pate, gara di guidatori di trattori (per lavorare le patate nei campi, immagino), la gara per il contadino più forte (!?), Cow pie bingo (da identificare), la gara di salsa per le patatine e regalarti la possibilità di fare la foto con il signor e la signora patata, fanno qualcosa che muoverebbe molti sederi ad alzarsi dalla sedia e partire in questa avventura estiva: la lotta greco romana nel purè. E sono seria, si chiama proprio “wrestling mashed potato contest”
- Vicino a Rapid city a quanto pare hanno trovato fossili di dinosauri (tracce anche nelle Badlands) e, da buoni americani, hanno ricreato un parco preistorico. Mi pento amaramente di non esserci andata, i dinosauri riprodotti sono sorridenti e così brutti da diventare belli. Perché non l’ho visto prima? Perché?
- Un’altra cosa di cui mi sono amaramente pentita è non essere andata al Putz n Glo Indoor Black Light Miniature Golf, in pratica un mini mini golf illuminato come una discoteca anni 90 in cui la tua maglietta (e la sua polvere, che si vede tutta) si illuminano di quella luce azzurra, ed il tuo cocktail pure. Sarebbe stato bellissimo (Rapid City, sempre vicino alle Black Hills)
- Il South Dakota è patria delle tribù dei Dakota, Lakota e Nakota e quindi è la patria dei Sioux. Ma a quanto pare c’è una legge che dice che se hai più di 5 nativi americani nel tuo giardino gli puoi sparare.
- Esiste un palazzo – il Corn Palace a Mitchell – tutto decorato/ fatto di mais (pannocchie). E il mio pensiero va subito alle giornate più calde: perché tutto non diventa un pop corn gigante?
- Ogni anno a Sturgis si tiene il più grande moto raduno del mondo, dai 300.000 ai 500.000 guidatori di Harley si ritrovano per far sgasare le moto e per bere tanti chupito dalle tette delle bariste dei locali che ricordano decisamente il Coyote Ugly. Ogni anno gli abitanti del posto fanno scommesse su quanti di questi moriranno. E tutto viene pubblicato sul giornale locale di Rapid City. Ah, per la cronaca, noi ci siamo stati. Da raccontare.
- A Custer, il paese più turistico del pianeta terra (è accanto a Mount Rushmore), c’è il paese dei Flintstones: se avete sempre sognato di fare un giro a Bedrock City, oggi avete scoperto dov’è.
Il South Dakota è un posto decisamente figo, con un motto nazionale da veri agricoli “Under God the people rule” e un parco per cui ho letteralmente perso la testa. Badlands.
Ma è anche la patria di Mount Rushmore, ovvero quella incredibile attrazione turistica che ha un contorno che è ancora più incredibile: se io penso alle americanate, adesso, non posso non pensare a quello. Prima di tutto va detto che Mount Rushmore è immerso nelle Black Hills decisamente belle e ricche di fauna. Proprio lì ho potuto abbracciare cuccioli di asino, morbidi come peluche, ma di questo pensavo di parlarne in un altro post dedicato ai due parchi.
Per il momento vorrei focalizzarmi sui quattro faccioni dei presidenti.
Le facce di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt (che ho scoperto, oltretutto, essere davvero un tipo eclettico) e Abraham Lincoln sono alte più di 18 metri, e sono piazzate su Mount Rushmore, un monte sacro ai nativi americani Sioux che in realtà, consideravano sacre tutte le Black Hills. Quindi un monumento per celebrare i 150 anni di indipendenza degli Stati Uniti che celebra i presidenti che più hanno dato alla nazione un’identità, viene fatto disintegrando qualcosa di sacro per chi lì davvero ci è nato. E qualunque sia l’opinione che uno può avere di indiani ed americani, questo fa decisamente riflettere.
L’idea di fare questa gigantesca attrazione turistica venne per la prima volta a Doane Robinson, uno studioso della storia americana (e soprattutto del South Dakota), nato a Sparta, Wisconsin. E’ stato proprio lui a convincere lo scultore Gutzon Borglum a progettare ed a realizzare il grande progetto. Dopo aver abbandonato un altro progetto simile in Georgia, dove stava cercando di fare una cosa simile con i comandanti sudisti della guerra civile americana. Ma a quanto pare alle autorità locali sembrava una minchiata e tutto questo mi fa riflettere principalmente sulle dimensioni del pene del signor Borglum visto che tutto quello che ha cercato di fare è di dimensioni stratosferiche.
Altro tizio piuttosto eccentrico direi che potrebbe essere il signor Rushmore, a cui è stato dedicato il monte: avvocato newyorkese in visita nel South Dakota nel 1885, dopo aver chiesto alla guida come si chiamasse il monte, che non aveva un nome fino ad allora… gli han dato il suo. Forse anche perché ha finanziato la realizzazione di questa grande opera costata un milione di dollari (nel 1927, quando è iniziata l’opera, erano dei bei soldi). Il punto è che ha sganciato solo 5000 dollari, quindi lo definirei un ottimo influencer, più che altro.
Il mega parco giochi che si è creato (il paesino accanto, Keystone, è un’attrazione unica), il parcheggio multipiano, le visite guidate, gli immancabili shop: tutto è costruito sulle macerie di una cultura che è stata spazzata via. Sotto le faccione si possono ben vedere i resti di quell’opera: macerie che resteranno lì per sempre. E ripeto, nonostante io abbia un pessimo rapporto con gli indiani (non mi piacciono, non posso farci nulla), questo fa riflettere.
Aggiungerei poi che il realizzatore dell’opera, Mr. Borglum, era un antisemita, anticattolico, sostenitore della razza bianca e nel tempo libero negli anni venti lo passava quasi sicuramente non giocando a carte ma con i suoi amici del Ku Klux Klan e il quadro è completo. Ho trovato una definizione che mi è piaciuta tantissimo che lo riguarda: “un uomo che amava lavorare alla creazione della sua stessa leggenda”. Nato in una famiglia mormone da una delle tante mogli del padra. Ma questo è vero.
Non siamo entrati. Venendo dalle Black Hills si vede benissimo da davanti e proseguendo la strada c’è lo stop per vedere il profilo di Washington. Questo monumento e quello indiano a Cavallo Pazzo (costosissimo l’ingresso, ovviamente), mi hanno lasciato una sensazione di amarezza addosso. Come per tante altre cose direi che sarebbe stato meglio evitare la glorificazione di quanto, alcune cose, siano andate davvero in rovina.