Billy Hope è il campione imbattuto dei mediomassimi: dopo l'ultimo combattimento la moglie Maureen, con cui sta insieme dai tempi dell'orfanotrofio, cerca di convincerlo di smettere con la boxe ( e ha pure ragione, sembra il fratello rincoglionito di Ozzy Osborne), mentre il suo manager cerca di portare avanti la sua rivalità con un altro suo assistito, il colombiano Miguel Escobar.
E proprio durante un accenno di rissa con Escobar , Maureen viene centrata da un proiettile vagante e muore tra le braccia di Billy.
Lui si ritrova sul lastrico, con la figlia affidata ai servizi sociali e una vita da ricostruire.
Si affida a Tick Wills per rientrare nella boxe, gettare il guanto della sfida all'odioso Escobar e soprattutto riconquistare l'affetto di sua figlia.
Il ring di boxe è stata, e pare che lo sia ancora, uno sfondo molto apprezzato dagli sceneggiatori hollywoodiani, carico come è di metafore sul riscatto da raggiungere solo attraverso le proprie forze.
Da Lassù qualcuno mi ama passando per l'interminabile saga di Rocky , per il capolavoro Toro scatenato e transitando per Cinderella Man e Million Dollar Baby si arriva buon ultimo a questo Southpaw- L'ultima sfida, ultima fatica di quel Antoine Fuqua che dopo il suo promettentissimo esordio con Training day si è trasformato in uno dei più grossi equivoci partoriti dall'industria hollywoodiana da un po' di anni a questa parte.
E purtroppo questo suo ultimo film non fa altro che rafforzare questa mia opmione.
Sceneggiato da Kurt Sutter , esordiente al cinema ma con un curriculum televisivo da paura essendo stato il creatore di Sons of Anarchy e sceneggiatore di alcuni episodi di The Shield, Southpaw - L'ultima sfida manifesta la sua debolezza principale proprio nella scrittura senza sfumature che alterna serie di cazzotti a mitragliate di buoni sentimenti con dialoghi non proprio così rifiniti e svolte nella narrazione che sono ampiamente prevedibili nello snocciolare quintalate di retorica.
Lo sforzo di raccontare l'uomo dietro il pugile, il rapporto ispido con la figlia affidata ai servizi sociali è encomiabile ma è tutto ampiamente già visto.
Fuqua , si sa, non è un regista adatto a sfumare personaggi e sequenze e quindi ci va giù pesante, non usa il fioretto ma la sciabola ( ma a volte anche la clava) per arrivare esattamente dove vuole lui: raccontare un personaggio che dal fondo ha toccato il cielo con un dito e che poi è riprecipitato nell'abisso in attesa di una seconda occasione.
Peccato che tutto venga declinato seguendo la parabola di un Rocky de' noantri con l'aggravante ( pena capitale ai miei occhi) di un finale che va quasi a toccare le vette dello scempio zeffirelliano di The Champ per come cerca di stimolare a tradimento i dotti lacrimali.
Southpaw- L'ultima sfida è un melodramma sportivo urlato che mostra presto, troppo presto, la sua fragilità, il suo essere vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro e non serve a nulla aumentare il volume delle urla, incrementare il livello di decibel per catturare lo spettatore in una vicenda che ha già visto parecchie volte.
Il film di Fuqua è un prodotto industriale confezionato come tanti dall'industria hollywoodiana, quindi con grande cura ma pecca di originalità, grondando retorica in molte sequenze.
Meglio poi non parlare delle sequenze degli incontri di pugilato,direi abbastanza brutte, inutilmente sovraccariche e prive di qualsiasi punto di ancoraggio con la realtà.
Neanche in Rocky IV avevano osato tanto e lì c'era Ivan Drago che voleva "spiezzare " in due il malcapitato eroe nostrano.
Purtroppo non basta la prova monstre di Jake Gyllenhaal ( fisicatissimo, totalmente diverso da come era , segaligno, quasi sottopeso, in Lo sciacallo).
Lui si che è un vero peso massimo della recitazione.
Al contrario del film.
PERCHE' SI : Jake Gyllenhaal è mostruoso, si divora completamente il film, confezione sui soliti livelli alti hollywoodiani.
PERCHE' NO : script debole, riprese di pugilato bruttine e poco realistiche, retorica che gronda in molte sequenze.
LA SEQUENZA : il primo incontro con Thick Wills
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
Va bene il puglitato come metafora di vita ma magari ci si poteva mettere un po' più di fantasia.
Jake Gyllenhaal è ormai nell'empireo hollywoodiano, oramai non sbaglia più un colpo.
Ma il personaggio della McAdams a farlo durare un po' di più pareva brutto?
E Whitaker che vuole fare il surrogato di Eastwood?
( VOTO : 5 / 10 )