A me sta storia per cui la nostalgia debba per forza essere bella, onesta e passionale, comincia a dare fastidio. Che la questione puzzi di pigrizia, è evidente; che al tempo stesso sia interessante come fenomeno culturale, pure. Ma scrivere che Super 8 è un grande film perché rende omaggio allo Spielberg più avventuroso e giocoso, perché è un compendio non tanto del cinema dei primi anni '80, quanto di ciò che ricordiamo di quel periodo, perchè è una riflessione sul mezzo e il suo doppio (ancora!?!?!?!?), mi sembra più una presa di posizione che un vero giudizio. Come a dire che Super 8 è il film che vorremmo vedere, piuttosto che quello che vediamo. Perché nella sua ora e cinquanta tutto è riconoscibile, atteso, confermato; perché nella sua small town si sta bene e al sicuro; perché nei volti dei personaggi si riconoscono dei modelli e nell'ambientazione storica si scorgono sia riferimenti da nerd sia rimandi alla cronaca del tempo del 1979 (non poteva certo mancare la tv che trasmette le immagini del disastro di Three Mile Island!). Per molti questi sono i segnali dell'efficacia dell'operazione di Abrams e dello stesso Spieberg, dello spirito riassuntivo e ludico che utilizzano: ma per quel che mi riguarda non vedo la differenza rispetto a un prodotto decisamente più cheap come Paul, se non il fatto in sé significativo che Super 8 rappresenta il definitivo sdognamento commerciale della nostalgia mediale (se dio vuole il suo picco definitivo), il momento in cui la produzione mainstream si accorge di un fenomeno vecchio di anni e lo spara in orbita come se fosse avanguardia pura. Super 8 è un film già fatto, già visto, già digerito: e non perché si rifà idealmente a un patrimonio comune. E' prorpio quello che ci si aspetta, si scrive: e grazie tante, manco fosse difficile arrivarci. Ma più che un film di ricordi, è un armadio stipato di souvenir, la trasformazione in feticcio di una perdita non così irreparabile, spacciata però come l'ennesimo addio all'innocenza di un paese e di un'intera generazione.
Magazine Cultura
A me sta storia per cui la nostalgia debba per forza essere bella, onesta e passionale, comincia a dare fastidio. Che la questione puzzi di pigrizia, è evidente; che al tempo stesso sia interessante come fenomeno culturale, pure. Ma scrivere che Super 8 è un grande film perché rende omaggio allo Spielberg più avventuroso e giocoso, perché è un compendio non tanto del cinema dei primi anni '80, quanto di ciò che ricordiamo di quel periodo, perchè è una riflessione sul mezzo e il suo doppio (ancora!?!?!?!?), mi sembra più una presa di posizione che un vero giudizio. Come a dire che Super 8 è il film che vorremmo vedere, piuttosto che quello che vediamo. Perché nella sua ora e cinquanta tutto è riconoscibile, atteso, confermato; perché nella sua small town si sta bene e al sicuro; perché nei volti dei personaggi si riconoscono dei modelli e nell'ambientazione storica si scorgono sia riferimenti da nerd sia rimandi alla cronaca del tempo del 1979 (non poteva certo mancare la tv che trasmette le immagini del disastro di Three Mile Island!). Per molti questi sono i segnali dell'efficacia dell'operazione di Abrams e dello stesso Spieberg, dello spirito riassuntivo e ludico che utilizzano: ma per quel che mi riguarda non vedo la differenza rispetto a un prodotto decisamente più cheap come Paul, se non il fatto in sé significativo che Super 8 rappresenta il definitivo sdognamento commerciale della nostalgia mediale (se dio vuole il suo picco definitivo), il momento in cui la produzione mainstream si accorge di un fenomeno vecchio di anni e lo spara in orbita come se fosse avanguardia pura. Super 8 è un film già fatto, già visto, già digerito: e non perché si rifà idealmente a un patrimonio comune. E' prorpio quello che ci si aspetta, si scrive: e grazie tante, manco fosse difficile arrivarci. Ma più che un film di ricordi, è un armadio stipato di souvenir, la trasformazione in feticcio di una perdita non così irreparabile, spacciata però come l'ennesimo addio all'innocenza di un paese e di un'intera generazione.
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