In occasione dei 50 anni della legge istitutiva dell’ Ordine dei Giornalisti la scorsa settimana sono stati presentati i risultati della la ricerca “I giornalisti italiani, l’etica professionale e l’informazione on line” [via].
L’indagine è stata realizzata tra il 7 e il 19 gennaio 2013 tramite 1.681 interviste on line somministrate a un campione di giornalisti italiani: per il 57,9% professionisti, per il 35,3% pubblicisti, per il 6,8% praticanti o altro.
Lo studio si divide in due parti: la prima riguardante l’etica e la deontologia professionali, la seconda focalizzata sull’informazione via Internet e sulle sue conseguenze sul mondo dei media e della professione. Sul sito dell’ODG sono liberamente scaricabili sia la sintesi dei risultati che gli oltre 130 grafici di dettaglio, come sempre, se riuscite a ritagliarvi mezz’ora di tempo consiglio di leggere i secondi che consentono di approfondire.
Per quanto riguarda l’etica e la deontologia professionale dei giornalisti dei sedici comportamenti analizzati nessuno è presente in misura rilevante secondo la maggioranza dei giornalisti: anzi, in 15 casi su 16 non si raggiunge il 29% e in 11 casi addirittura il 19%. Dunque, a parere di gran parte della categoria in Italia il lavoro giornalistico non è messo in grado di rispettare adeguati standard etico-deontologici. Lo conferma la valutazione dell’etica relativamente ai diversi media – espressa tramite voto da 1/minimo a 10/massimo – secondo la quale solo la radio ottiene un voto medio di sufficienza [6.2] mentre i periodici specializzati arrivano a 5.7, i quotidiani a 5.4, Internet a 5.3, i periodici non specializzati a 5.1, la televisione pubblica a 4.8, la televisione privata a 4.1.
Colpisce la differenza, in molti casi davvero significativa, tra le persone, i lettori, ed i giornalisti relativamente a quali siano le azioni necessarie per accrescere l’etica. Come mostra la tavola di sintesi sottostante l’opinione di cosa sia necessario fare è davvero molto diversa. Un possibile indicatore della attuale distanza tra pubblico, tra “clienti” [i lettori] ed “i fornitori” [i giornalisti].
Una distanza che si aggrava pesantemente per quanto riguarda l’importanza delle diverse caratteristiche dell’informazione, delle notizie. Da parte dei giornalisti viene attribuita una forte rilevanza alla comodità di fruizione delle notizie, con il 76,2% dei rispondenti che ritiene molto o abbastanza importante che le notizie siano facili da trovare, veloci da trovare e comode da leggere e, per contrasto, nel 51,8% dei casi ritiene che sia poco o per niente importante che siano vere, verificate, serie ed affidabili, aspetto quest’ultimo che, giustamente, è invece rilevante per il 75,7% della popolazione.
Anche su livello di approfondimento delle notizie, sulla loro affidabilità e, significativamente, sul rispetto della dignità delle persone la divergenza di opinioni non è trascurabile come illustra una delle due tabelle di sintesi dei risultati sul tema riportata qui sotto. La tavola sinottica degli indici – slide 55 – mostra come solo per il 12,3% dei giornalisti sia molto importante l’utilità dell’informazione fornita; percentuale che scende al 10,8% per quanto riguarda l’approfondimento. Sono tutti aspetti pericolosamente preoccupanti, credo davvero, sulla deriva dei professionisti dell’informazione.
Sono aspetti che vengono confermati nell’analisi del profilo d’immagine dei diversi media. In particolare per quanto riguarda Internet e l’informazione online, giudicata molto o abbastanza in crescita dal 95% dei rispondenti, emerge forte concentrazione sul contenitore e sul modo di porgere e scarsa importanza del contenuto. Non sorprende che dunque, di riflesso, solo il 37,1% del campione ritenga che nei prossimi cinque anni sempre più italiani saranno disposti a pagare per avere su Internet notizie e commenti di qualità o comunque da da loro desiderati – vd slide 122 -.
Distanza che è confermata dal profilo ideale dei diversi media che era emerso dall’indagine “Ping pong tra carta e rete”, realizzata sempre da Astra Ricerche, a metà ottobre 2012.
E’ davvero necessario sovvertire, urgentemente, l’ordine [dei giornalisti].