Per molti è l’arma più complessa sotto il profilo tattico, perché con tutto il corpo come bersaglio valido e la peculiarità del colpo doppio costringe a non scoprirsi mai, a scegliere il tempo giusto per l’attacco, ad agire sull’errore dell’avversario con grande prontezza di riflessi. Gli assalti di spada spesso arrivano fino alla fine dei nove minuti di tempo e si chiudono con punteggi bassi, e tante volte, a fare la differenza, è l’esperienza.
A livello femminile è un’arma giovane, introdotta alle Olimpiadi nel 1996, ad Atlanta, e l’Italia ha una squadra giovanissima. Se la luce per il futuro si chiama Rossella Fiamingo ed è una classe ’91, le veterane sono Bianca Del Carretto, Nathalie Moellhausen, Mara Navarria e Francesca Quondamcarlo. Tre ’85 e una ’84, mentre dietro di loro già spinge Alberta Santuccio, 18enne nata nel 1994, e terza al mondo tra le juniores. Per questo la spada femminile Azzurra, che già si è tolta qualche soddisfazione importante (il bronzo a squadre ai Mondiali di Catania 2011, per esempio), ha enormi margini di crescita.
Gran parte delle speranze per il domani sono riposte in Rossella Fiamingo, mancina catanese che a livello giovanile era stabilmente da podio mondiale, che alla prima stagione piena da senior ha centrato il quarto posto nella classifica finale di Coppa del Mondo, e che a Londra all’esordio olimpico, ha mostrato tutte le sue qualità, fermandosi a un passo dalla semifinale nella prova individuale, tradita dall’inesperienza e sconfitta 15-14 nel minuto supplementare dalla cinese Sun, numero 1 del ranking mondiale.
Ma a testimoniare il buon livello generale della spada femminile Azzurra, ci sono i risultati ottenuti dalla squadra: a brillare è soprattutto l’oro conquistato ai Mondiali di Antalya nel 2009, ma è la regolarità di un gruppo di ragazze costrette a partire puntualmente da outsider, e capaci sempre di stupire, a dimostrare chiaramente che il talento non manca.
Cosa serve allora per il definitivo salto di qualità? La consacrazione tanto attesa che potrebbe far passare le Azzurre da talentuose promesse a campionesse assolute? L’esperienza, certo, un pizzico di più di fiducia nei propri mezzi, e la capacità di non ripetere gli errori compiuti di recente. Difetti che non riguardano solo le ragazze che salgono in pedana, ma anche le loro guide tecniche, da Sandro Cuomo in giù.
Brucia ancora la debacle nella prova a squadre alle Olimpiadi di Londra, quella dolorosissima e inspiegabile eliminazione ai quarti contro i mediocri Stati Uniti, una sfida che ci si aspettava di vincere facilmente e nella quale, invece, le Azzurre non sono mai scese in pedana. Troppo fresco ancora il ricordo di una panchina silenziosa, mentre le certezze di Del Carretto, Navarria, Fiamingo e Moellhausen si disintegravano sotto le stoccate di Scanlan, Lawrence e Hurley.
Per vincere il talento non basta, serve qualcosa di più. Cattiveria, intelligenza, astuzia. Nella scherma più che in altri sport, nella spada più che in altre armi. Quando questo problema sarà superato, il futuro sarà rosa e Azzurro.
OA | Gabriele Lippi