“Ecco, – ragionava fra sé e sé – il Puparo… Lui deve muovere i fili dei “pupi” e farli parlare… Sono tutte storie vere quelle che racconta e il re e i paladini sono sempre gli stessi… Carlo Magno, Ruggero,Orlando. Ma non può raccontare sempre la stessa storia.. Quando cambia paese, deve adattare i suoi personaggi alla realtà dei luoghi, al modo di parlare, alle tradizioni del posto… Altrimenti non lo capirebbero…”
A Kurosawa dunque rubò la storia, agli americani il genere, eppure ne usci fuori qualcosa di assolutamente nuovo. Il western per la verità, dopo anni di assoluto dominio, aveva cominciato a tirare un po’ le cuoia, ma, di questo, se ne erano resi conto in pochi e i produttori italiani proprio allora si erano invece messi in testa
Ma dove Leone finì per lasciare un segno indelebile, che ancora lascia stupiti e ammirati, fu nelle tecniche di ripresa. Quando Tarantino dice oggi al suo operatore “Dammi un Leone” intende il “mascherino” rettangolare da 1 x 2,30 che va a contrastare tutte le classiche inquadrature. articolate sullo standard quasi
Nel western a un certo punto arriva la sparatoria, il duello a volte è solo finale a volte ripetuto a cadenze ritmiche, ma è sempre stato un momento clou a effetto sicuro. Sergio Leone ne fa un rito complesso e del tutto nuovo avvalendosi, anche di un attore come Clint Eastwood, dalle movenze come quelle dei gatt,i ora pigre e lente, ora scattanti e fulminee. Fece del duello uno spettacolo nello spettacolo ambiguamente giocato fra accelerazioni e ralenti… Momenti esasperati in cui la mano sembra non arrivare mai alla pistola o la distanza fra i duellanti non diminuire… Sino alla drammatica repentina traiettoria
Il poncho di Clint Eastwood… Quando mai il protagonista yankee avrebbe portato un abbigliamento tipico solo dei personaggi secondari di lingua spagnola, nei western ambientati alla frontiera messicana? E dove sono finiti gli indiani? Nei film di Leone non c’è più traccia … Forse fu anche per questo che l’arrivo negli Stati Uniti dei film suonò all’inizio come un anatema, riassunto in quella frase di disprezzo che fu “Spaghetti Western”…Ma dopo l’iniziale diffidenza e l’accoglienza sempre più favorevole del pubblico, la critica cominciò a riflettere e i produttori di Hollywood anche. I western americani non furono più gli stessi a partire dagli anni ’70… I nativi finalmente furono riconosciuti vittime e non selvaggi violenti, il buono e il cattivo si sfumarono fra di loro e la legge del più forte entrò in discussione… L’America fini per guadagnarci “Il mucchio Selvaggio” di Sam Peckimpah o “Il Piccolo Grande Uomo” di Arthur Penn … E salvò il suo western per ancora molti anni a venire.
Sergio Leone aveva paura a proseguire, l’inaspettato successo l’aveva spaventato.. E invece anche il secondo film ”Per qualche dollaro in più” agì da moltiplicatore con il disincantato personaggio che va in cerca dei criminali, solo per soldi, “Il cacciatore di taglie” appunto, dove Clint Eastwood è di nuovo lì con le sua beffarda caratterizzazione dell’uomo che non adopera mai la mano destra… perchè gli serve solo per
Ma l’ultimo film della trilogia è paradossalmente il quarto, “C’era una volta il West,” quello in cui Leone vuole chiudere la sua epopea, la sua incursione insolita nella storia americana, con un film che celebra la fine della frontiera, l’avvento della ferrovia, in una lunga violenta e visionaria riflessione sul mito del West… Che darà poi inizio all’America protagonista tecnologica dello scenario mondiale … Nasce l’ultimo capolavoro con Henry Fonda e Claudia Cardinale, poco capito proprio in America…E sembrava l’ultimo regalo al Mondo Nuovo di un autore apparentemente estraneo, che però quel paese l’aveva capito, come pochi altri, nei suoi aspetti forse più crudi ma anche più veri…
Dopo, altri film che l’avevano estraniato dall’America e portato in tante altre direzione… Come se si volesse dimenticare degli “Spaghetti Western. Ma l’ultimo film
Per dimenticare un attimo di tristezza e le incomprensioni degli ultimi film “americani” di Sergio Leone, forse l’unico modo è festeggiarlo con una ricetta che ci fa immediatamente riassaporare gli anni dei suoi migliori successi, con il suo titolo così allusivo proprio all’epopea degli “Spaghetti Western”:
SPAGHETTI CON LE POLPETTINE
INGREDIENTI per 4 persone: Spaghetti 320 grammi, passata di pomodori 750 ml, mezza cipolla, 1 spicchio di aglio, 100 grammi di salsiccia di suino, 50 grammi di mortadella, carne di suino tritata 100 grammi, mollica di pane raffermo 30 grammi, i bicchiere di latte, 50 grammi di parmigiano grattugiato, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 1/2 di cucchiaino di noce moscata, pepe e sale a piacere,olio extra vergine di oliva 3 cucchiai, 1 uovo.
Cominciate la ricetta preparando le polpettine. Mettete in una ciotola la carne trita, la salsiccia privata della pelle, la mortadella privata e procedete con il mixer, quindi una volta ben amalgamati impastateli anche con le mani e aggiungete la mollica di pane raffermo precedentemente immersa nel latte e strizzata, il parmigiano, il prezzemolo, l’uovo, il sale, il pepe e la noce moscata. Impastate nuovamente gli ingredienti e lasciate riposare per circa 15 minuti. Nel frattempo tritate aglio e cipolla e fateli dorare nell’olio a fiamma dolce poi aggiungete il pomodoro e portate a bollole. Formate con l’impasto delle polpettine di circa 10 grammi l’una e non appena il sugo è leggermente ristretto immergetele e fate cuocere per circa 40 minuti a fiamma bassa. Mettete a bollire una pentola con acqua che salerete appena raggiunto il bollore e lessateci gli spaghetti da scolare al dente. Conditeli con le polpette e il sugo e portate in tavola caldi.