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Spartacus, gladiatore “americano”

Creato il 17 novembre 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

spartacus logoIn questi giorni SKY sta riproponendo la saga di “Spartacus”, nota serie TV statunitense, andata in onda negli USA sul canale privato STARZ a partire dal 2010, sbarcata in Italia nel 2011.

LA TRAMA

La serie completa si compone di tre stagioni (“Spartacus: Sangue e Sabbia”, “Spartacus: La vendetta” e “Spartacus: La guerra dei dannati”), oltre che di un prequel (“Spartacus: Gli dei dell’arena”) che narra gli accadimenti che precedono l’inizio della saga.
La storia è ispirata (molto liberamente) alle gesta di Spartaco, guerriero trace che, tratto in schiavitù dai romani e diventato gladiatore presso la scuola del lanista Quinto Lentulo Batiato nella città di Capua, guida la rivolta degli schiavi del 73 a.C. contro la Roma Repubblicana.

barbecue colossseo
REVISIONISMO ALLA MC DONALD’S

Seppur sdoganata come serie ad ambientazione storica, in realtà l’intera saga è incentrata sull’eroe Spartacus, ragazzone fisicato tutto di un pezzo (interpretato nella prima stagione da Andy Whitfield, poi sostituito da Liam Mclntyre) che, desiderando vendicare la morte della sua donna, capeggia la vendetta degli schiavi contro l’intera Repubblica romana.
Gli accadimenti storici, dunque, si prestano a fare da sfondo a intrighi e vicende prettamente personali, non solo di Spartacus e dei suoi compagni di sventura, ma anche della società romana che gravita intorno alla corte del lanista Batiato (John Hannah).
Le virtù (fisiche e) morali del gladiatore e dei suoi seguaci, si contrappongono in modo netto e un po’ ingenuo alla decadenza romana, dipinta come ottusa conventicola dedita al sesso (declinato in ogni combinazione umanamente possibile), al cibo e alle gioie truculente della lotta nell’arena.
Insomma, la serie manda in scena la storia di Roma, così come la cultura americana la immagina. La Repubblica Romana, culla della nostra civiltà, è ridotta a quattro personaggi ottusi, accecati da ambizioni personali e privi di ogni capacità politica e militare.
Lo stesso popolino viene fotografato nelle scene corali dei giochi nell’arena, come una massa scomposta e promiscua; in più di un’occasione ritornano addirittura figure di donne sedute sugli spalti a seno nudo (?).

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Ad assicurare il buon esito degli ascolti, c’è però lui: l’eroe.
Spartacus è l’eroe americano per eccellenza: è bello, buono, virtuoso, moralmente irreprensibile e, ovviamente, ha denti bianchissimi!
L’ambientazione e i dialoghi ricordano molto – tra falsi storici e errori scenografici – le ingenuità dei Kolossal americani degli anni ’50 e ’60 (si pensi all’improbabile Cleopatra di Liz Taylor nell’omonimo film).
Tra un complotto, un intrigo e l’ennesimo incontro carnale, il sangue scorre a fiumi; prima durante gli spettacolari (e improbabili) incontri tra gladiatori nell’arena, poi, durante le battaglie tra schiavi e armate romane.
Dalla seconda stagione in poi, soprattutto, la storia – già povera di suo – lascia spazio quasi esclusivamente all’azione.

I personaggi restano privi di qualsiasi approfondimento psicologico: il dissidio morale di Crisso, gladiatore che da fiero combattente fedele al proprio lanista si ribella alla sua condizione per amore della schiava Nevia, resta solo accennato, “annegato” dai fiumi di sangue dei continui combattimenti.
La liberazione da parte di Spartacus degli schiavi germani presso il porto di Napoli, infoltisce le fila dei suoi combattenti e anche le donne, che nella prima stagione sembravano vestali pudiche e verginali, si trasformano in amazzoni.

E la storia da ingenua diventa surreale.

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JOHN HANNAH, PERLA DELLA REPUBBLICA

Una nota di merito va, invece, a John Hannah, indimenticabile James del film “Sliding Doors” che, seppur fisicamente meno prestante degli altri protagonisti, interpreta Quinto Lentulo Batiato, il lanista che accoglie Spartacus presso la sua scuola di gladiatori nella città di Capua.
Batiato è l’unico personaggio tridimensionale; nonostante la banalità del “plot”, Hannah riesce a rendere il tormento e l’ambizione di un lanista (figura che nella Roma Repubblicana era relegata nei ranghi più bassi della scala sociale) che desidera accedere alla carriera politica.
Batiato ha ereditato la sua scuola e la sua professione dal padre, ma a differenza di lui, desidera il rispetto e il riconoscimento sociale, oltre che le ricchezze.
John Hannah è credibilissimo nei panni dell’ambizioso lanista; rende chiaramente il conflitto psicologico del personaggio, combattuto tra l’ammirazione che prova per Spartacus e il desiderio di sfruttarne le doti di gladiatore ad ogni costo.
Batiato è un personaggio negativo, dunque; ciò nonostante si finisce per condividerne le inquietudini; il senso di inadeguatezza che egli prova nei confronti di quella classe sociale cui vorrebbe appartenere, ma nella quale non riesce ad inserirsi; il rispetto per i propri gladiatori, che sono sì solo “merce”, ma che egli ammira e, forse, sente umanamente più affini.
Purtroppo il personaggio è presente solo durante la prima stagione e il prequel. La bella prova artistica di John Hannah, perciò, è limitata a mezza serie.

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LA NUOVA FRONTIERA DEI FUMETTI

Anche tecnicamente la serie è interessante.
Dalla seconda stagione in poi, soprattutto, gli effetti visivi, (volutamente?) eccessivi, richiamano il linguaggio e le sequenze dei fumetti. Tra azioni velocissime, sbudellamenti e effetti slow motion, ci si aspetterebbe quasi di vedere comparire accanto ai personaggi quelle esclamazioni come “sbam”, “crash” tipiche dei famosi baloons.
Proprio per la tecnica di realizzazione, la serie si inserisce nel filone inaugurato da film come 300 o Sin City, adattamenti cinematografici delle rispettive graphic novels scritte e disegnate da Frank Miller, che hanno riscosso un enorme successo.
E’ indubbio che la saga di Spartacus strizza l’occhio all’utenza più giovane, avvezza al linguaggio veloce e visivo dei fumetti e dei video games.
Il passaggio dal cinema alla TV, ha inoltre consentito di sfruttare al meglio le caratteristiche del genere, decretando l’enorme successo commerciale della serie che, ancorché priva di qualsiasi possibile velleità culturale e artistica, resta ugualmente fra le più amate degli ultimi anni.

Annalisa De Stefano



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