Intitolato in Francia Homère et Shakespeare en banlieue, il libro di Augustin d’Humières, di professione professore, racconta la società di oggi, i ragazzi che popolano le scuole di questi giorni e con cui sembra impossibile comunicare, figuriamoci ad insegnare. Ma forse manca la tenacia di trovare un canale dove stabilire un contatto e introdurre così nel complesso mondo dei giovani quell'interesse e quella voglia di sapere che aiuta a crescere come persone. Questo professore c'è riuscito e questa è la sua storia.
La trama:
Dura, insegnare greco e latino in un liceo di periferia, quando a chiedere “Ma a cosa serve?” non sono solo ragazzetti svogliati nutriti di rap, sms e Grande Fratello. Ma anche gli altri professori, cosiddetti colleghi, e i genitori dei ragazzi. Dura, quando le riforme, le normative ministeriali, i colleghi in cerca solo di un quieto vivere, i presidi burocrati e kapò ti vedono come un granello di sabbia in un ingranaggio. Nel sistema scolastico applicato sulla pelle del professor d’Humières bisogna essere compiacenti e conformisti.Per non parlare dei finti certificati medici, dei genitori che ti insultano o dei ragazzi che in qualche caso ti schiaffeggiano... E poi, latino e greco, suvvia, meglio le materie tecniche, e perfino i corsi di golf, di alpinismo. Ma se i nuovi studenti che arrivano dalle medie non scelgono greco, le lezioni verranno soppresse, e l’insegnante? Così, per poter fare il professore, devi fare anche il piazzista, e nelle giornate di orientamento “vendere” la tua materia.Boicottato, osteggiato, il prof non molla, e trova aiuto negli ex alunni, ragazzi che hanno proseguito gli studi e possono fare da testimonial, garantendo che serve studiare anche il greco. Per esempio, dove sono andati a pescarlo, i guru del marketing, il nome delle scarpe che tutti indossano, se non dal greco Niké, vittoria? Infatti, quando all’università il gioco si fa duro, è proprio al greco che ti puoi aggrappare per non cadere.
Dicono del libro:
“La storia vera di un insegnante Robin Hood che ruba la cultura per darla a tutti.”Le Monde Conosciamo meglio il libro e l'autore:Questa è una storia, una storia vera, che comincia male e finisce bene. Dove il male sono i corridoi di una burocrazia scolastica stanca e rassegnata in un liceo della banlieu dell’Île-de-France, i suoi professori demotivati, i genitori vendicativi, le classi e le teste dei ragazzi sempre più vuote. E dove il bene, però, alla fine, è una classe di 80 alunni iscritti a greco antico, “la lingua morta” per eccellenza, capace, contro ogni previsione, di risvegliare i ragazzi difficili e disinteressati di una scuola di periferia: il giorno che è successo, scrive Augustin d’Humieres, professore di lettere da quindici anni e autore del libro, “ho cominciato a considerare il mio mestiere in maniera un po’ diversa”.Questa storia, in effetti, è la sua; la sua e di quei ragazzi dati per “perduti” del liceo Jean-Vilar de Meaux, di cui d’Humieres dice fin da subito “a conti fatti, i soli con cui avevo una possibilità di lavorare, di fare qualcosa, erano gli alunni”.Scritto con la giornalista di Le Monde Marion Von Renterghem e pubblicato in Francia da Grasset nel 2009, I figli dell’ultimo banco è la testimonianza personale di un professore d’estrazione borghese che si trova a combattere con le contraddizioni dell’insegnamento e del mondo della scuola, una volta che quella scuola è ai margini dell’”educazione che conta”. “Un pamphlet fracassant (che colpisce) – scrive Le Temps – contro l’idea che l’alta cultura non sia per i poveri, per i reietti, per i ragazzi immigrati”.“Il greco e il latino sono i migliori vettori per l’uguaglianza delle possibilità”: questo il credo di d’Humieres che, sostenuto dal fascino senza tempo di due compagni improbabili come Omero e Shakespeare – il titolo originale è, non a caso, Homère et Shakespeare en banlieu -, ce l’ha fatta. Soprattutto, è stato capace di far trovare nella letteratura classica - un linguaggio universale, un sistema di valori universali e fondamentali - una molla di riscatto personale per tante vite di confine.Con recensioni su Le Monde, Le Figaro, Le Temps, Evene, Marianne2, intervistato da France Culture, Radio Notre Dame e dalla rivista Fondation pour l’Êcole, I figli dell’ultimo banco è ancora una volta una prova a sostegno di “una cultura classica come strumento di promozione sociale”, come scrive Le Figaro.“Quando uso quelle parole (del greco e del latino ndr), mi rendo conto che ho un trucco in più. Io stessa me ne stupisco. Mi sento intelligente. Il latino e il greco hanno arricchito il mio vocabolario. Per la cultura generale, per il francese, è davvero una gran cosa”, confida Ines, una delle alunne del prof. d’Humieres, madre dello Zaire e padre del Congo, alla giornalista Marion Von Renterghem.Dal 2003, inoltre, il coraggio e la dedizione di questo prof francese in stile Attimo fuggente, si concretizza, oltre che nelle aule, nell’attività dell’associazione Metis (dal nome della dea della dell’astuzia, prima moglie di Zeus e madre di Atena), che d’Humieres porta avanti assieme ad altri ex alunni e colleghi con la missione principale di sostenere il greco e latino come vettori d’uguaglianza, promuovere lo sviluppo di servizi di tutoraggio, uscite culturali e viaggi, formare una troupe di teatro cittadina coadiuvata da attori professionisti.