Photo credit: The National Archives UK / Foter
La versione ufficiale: la commissione Warren.
Il 29 novembre 1963 Lyndon Johnson costituisce una commissione presidenziale d’inchiesta, incaricata di indagare su quella tremenda giornata di Dallas. L’intento del nuovo presidente è concludere le indagini nel minor tempo possibile, per porre fine alle voci incontrollate che in quel periodo circolavano e collegavano al complotto di Dallas le maggiori autorità degli Stati Uniti. Il lavoro della Commissione (di cui faceva anche parte uno dei futuri presidenti, il successore di Nixon, Gerald Ford) fu rapido: il rapporto fu reso pubblico soltanto dieci mesi dopo, racchiuso in ben 27 volumi, dei quali uno racchiudeva le conclusioni, gli altri raccoglievano tutta la documentazione esaminata.
L’espressione “commissione Warren” è la denominazione non ufficiale che è stata creata dai media, e che deriva dal nome dell’allora Presidente della Corte Suprema, Earl Warren.
Nelle indagini, venne utilizzato anche il filmato girato da un sarto cinquantottenne, Abrham Zapruder: 26 secondi che riprendono in super-8 millimetri l’intera sequenza della sparatoria. Il sarto aveva posizionato la cinepresa tra il Texas Depository e il cavalcavia sotto il quale era previsto il passaggio del corteo. Il filmato è stato sequestrato dalla Commissione d’inchiesta, per poi divenire di dominio pubblico. La velocità era di 18 fotogrammi al secondo, e gli spari vengono ripresi in 89 fotogrammi: l’intero delitto si doveva quindi essere svolto in 4 secondi e 8 decimi.
Secondo il rapporto, Lee Harvey Oswald è l’unico responsabile dei due omicidi, sia del Presidente Kennedy sia dell’agente Tippit. Fu lui l’unico a sparare, dalla finestra del sesto piano all’angolo sud orientale del Texas Old School Depository, e dalla carabina furono esplosi soltanto tre colpi, dei quali uno attraversò da parte a parte il presidente per poi ferire il governatore Conally seduto davanti a lui, ferendolo in ben quattro posti (spalla destro, petto, coscia e petto destro), l’altro ferì il presidente alla tempia. Vi fu un altro proiettile, ma andò a vuoto, e probabilmente fu il primo ad essere esploso. Quarantacinque minuti dopo, morì per mano sua anche l’agente di polizia Tippit. Oswald fu arrestato in un cinema trentacinque minuti dopo, ma oppose resistenza, e tentò perfino di sparare ad un altro agente. Viene inoltre sottolineato che ogni azione compiuta da Oswald fu compiuta autonomamente e senza la complicità di nessuno.
Per quanto riguarda la sua permanenza alla stazione di polizia e l’uccisione per mano di Jack Ruby, la commissione ammette che non fu possibile interrogarlo “nel modo dovuto” a causa delle caotiche condizioni in cui versava il comando della polizia di Dallas, invasa da giornalisti e inviati di radio e televisioni. Oswald fu poi ucciso alle 11,19 del giorno successivo, la domenica del 24 novembre, da Jack Ruby, con un solo colpo di rivoltella. Le indagini effettuate hanno escluso la possibilità di qualsiasi complotto, interno o internazionale, di cui facessero parte non solo Oswald o Ruby, ma anche qualsiasi funzionario pubblico o autorità federale, statale o locale. All’FBI viene soltanto attribuita la responsabilità di non aver segnalato la presenza di Oswald a Dallas, e i criteri adottati dagli agenti del servizio segreto per proteggere il capo dello Stato furono giudicati inadeguati.
A dimostrazione della colpevolezza di Oswald e della sua identificazione come unico responsabile, furono sottolineati i seguenti aspetti:
1) Vari testimoni scorsero il moschetto dalla finestra del sesto piano, e qualche secondo dopo l’esplosione dei colpi.
2) la pallottola ritrovata sulla barella del governatore e i frammenti di proiettili rinvenuti sul sedile anteriore dell’automobile provenivano dal moschetto italiano ’91 Mannlicher Carcano di calibro 6,5, la stessa arma che fu trovata abbandonata al sesto piano del Texas Depository.
3) Furono trovati esattamente tre bossoli vicino alla finestra, espulsi dalla stessa arma.
4) Lee Harvey Oswald era stato scelto dai Marines come tiratore di precisione, l’arma utilizzata, con cui si era esercitato più volte durante il suo soggiorno a New Orleans (secondo le testimonianze della moglie) fu definita come “precisa”. Dalla sua posizione inoltre aveva una vista favorevole, l’autovettura in movimento non rendeva difficile colpire il bersaglio in quanto procedeva a bassa velocità e si allontanava al tiratore in linea retta. A Oswald fu possibile esplodere ben 3 colpi in soli cinque secondi perché uno dei proiettili era già nell’otturatore, fu necessario soltanto premere il grilletto e azionare due volte la leva dell’otturatore stesso per sparare gli altri due.
5) Il frammento di proiettile che colpì la parte interna del parabrezza provocò una frattura sulla parte esterna del vetro, che però non si ruppe. Ciò dimostrerebbe l’inesattezza delle supposizioni secondo cui gli spari potessero provenire non tutti dalla stessa direzione, ma che qualche proiettile fosse stato esploso anche da un luogo situato davanti all’autovettura.
6) Oswald uscì dall’edificio alle 12.33, esattamente tre minuti dopo aver sparato a JFK.
7) L’agente Tippit decise di interrogare alle 13,15 Oswald sulla base della descrizione del principale sospettato della sparatoria, trasmessa dalla radio della polizia. Oswald era stato infatti osservato mentre faceva partire l’ultimo colpo da un idraulico, che in quel momento era seduto su un muretto all’angolo di Elm Street con Houston street, di fronte al Texas School Book depository, e l’aveva descritto ad un agente come “bianco, magro, sulle 65 libbre, alto circa un metro e 75, leggermente superiore all’età di 30 anni”. Tippit effettuò il proprio interrogatorio sporgendosi dal finestrino dell’automobile, quando fece per scendere dalla vettura Oswald gli sparò con una pistola, “Smith-Wesson”.
Riguardo a Jack Ruby, la commissione affermò di non aver rilevato alcun legame significativo con gli ambienti della malavita. L’omicidio nei confronti di Oswald avrebbe semplicemente rappresentato una vendetta nei confronti dell’assassino del presidente.