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Speciale "La concubina russa": recensione

Creato il 31 agosto 2011 da Lauragiussani

Cari lettori, diamo il via oggi a uno speciale dedicato a un libro che ho letto in queste settimane e che mi ha davvero incantata, per non dire rapita. Si tratta del romanzo storico "La concubina russa" di Kate Furnivall, pubblicato da Leggereditore giusto un mesetto fa. Una lettura di cui vi avevo già parlato nell'apposita anteprima e che voglio riproporvi oggi,  con tanto di scheda del libro e la recensione, ma che ritroveremo anche nei prossimi giorni, tra diverteti inziative e interessanti curiosità.
Titolo: La concubina russa
Autore: Kate Furnivall
Editore: Leggereditore
Data uscita: 28 luglio 2011
Pagine: 380
Prezzo: 14,00 euro
Cina 1928. In una città insidiata da ladri, pericoli e sofferenze di ogni sorta, la giovane Lydia ha dovuto imparare presto a sopravvivere. Proviene da una famiglia dell’aristocrazia russa, esiliata in seguito alla repressione bolscevica. A cinque anni ha visto morire suo padre e da allora il suo cuore è andato in frantumi. Ma Lydia non ha tempo per volgersi al passato, sua madre ha bisogno di lei e farà di tutto per assicurarle una vita dignitosa, persino commettere piccoli furti. È durante una delle sue uscite in cerca di fortuna che incontra il giovane comunista Chang An Lo. Fra i due è amore a prima vista, è come se avessero aspettato questo momento per riconoscersi nella solitudine terribile che li sovrasta. Tuttavia, la loro complicità li spingerà verso pericoli e intrighi molto più grandi di loro, portandoli a rubare una collana di rubini inviata da Stalin in regalo al comandante Chiang Kai-shek, e a introdursi in luoghi cui non avrebbero mai dovuto avvicinarsi: quelli delle lotte di potere fra comunisti e nazionalisti. In un’epoca dove l’amore sembra la scelta meno indicata, Lydia e Chang intraprendono un cammino che potrebbe distruggerli entrambi, ma nonostante tutto sembri ostacolarli, i due non sono in grado di ignorare un sentimento che mostra loro, forse per la prima volta, una promessa di felicità.

RECENSIONE: "Una giovane donna che viene da lontano e che porta con sè un grande dolore. Un uomo deciso a combattere per ciò in cui crede. Un giorno per caso i loro sguardi s'incrociano e il loro incontro sarà forse l'unica promessa di felicità."(Livello spoiler: medio)

E qui prevedo una recensione davvero coi fiocchi (e davvero molto lunga). Libro consigliato da un’amica –mai consiglio fu più azzeccato – ma che avevo già comunque adocchiato qualche settimana prima che uscisse. Ad attirarmi è stato sicuramente il titolo “La concubina russa” (beh, più il riferimento al “russa” che alla “concubina” a dire il vero). Perché? Semplice, adoro i romanzi storico-romantici ambientati in Russia (Paullina Simons docet). Posto che, in questo caso, benché la protagonista sia indiscutibilmente russa la storia è in realtà ambientata in Cina. Una novità per la sottoscritta, se la memoria non mi inganna.Qualsiasi vaga perplessità (ultimamente è facile restare delusi da letture all’apparenza molto promettenti) si è sciolta come neve al sole già alle prime pagine. Un romanzo del quale mi sono innamorata a partire dal prologo, breve ma ad effetto, ambientato nella fredda Siberia. E’ così che viene introdotta la protagonista, Lydia Friis, una bambina di cinque anni stretta tra i genitori, mentre vengono fatti scendere dal vagone merci dopo un lungo ed estenuante viaggio. Siamo nella Russia del 1917, l’anno della rivoluzione, e i Bolscevichi attendono con impazienza di spedire i prigionieri nei campi di lavoro, se non di ucciderli seduta stante. Il danese Jens Friis verrà trattenuto, mentre la moglie – la pianista russa Valentina Ivanova – e la loro piccola Lydia saranno risparmiate.
Il primo capitolo trasporta quindi il lettore nella Junchow del 1928, immaginaria città della Cina (l’autrice si è ispirata all’attuale Tientsin). Lydia Ivanova, ormai sedicenne, vive con la madre (della quale ha adottato il congome) nel quartiere russo del grande Insediamento Internazionale, che comprende anche i quartieri britannico, americano, francese, italiano e giapponese. Valentina si è imposta di sopravvivere, annegando ricordi dolorosi nell’alcol e facendo di tutto per garantire un futuro alla figlia. Lydia frequenta l’Accademia Willoughby nel quartiere britannico, non sa parlare russo – per volere della madre - solo inglese, e quando il pomeriggio fa rientro nella squallida soffitta in cui abita trova spesso la madre addormentata a terra, vicino a una bottiglia di vodka vuota.Sono molti i personaggi che fanno capolino nella vicenda: figure complesse e sapientemente tratteggiate che rivestono magistralmente il ruolo per il quale sono stati creati. Nessuno stona, non c’è noia o esagerazione: sono proprio come devono essere. Complice uno spessore che li rende particolarmente credibili, più che semplici personaggi sembrano a volte persone vere e proprie. C’è Polly Mason, migliore amica e compagna di scuola di Lydia, ragazzina benestante ma con una situazione familiare che non è tutta rose e fiori come può sembrare; C’è Theo Willoughby, insegnante di Lydia e fondatore dell’Accademia, che convive con Li Mei, giovane donna cinese ripudiata dal padre, uomo tanto potente e vendicativo che non le ha mai perdonato la sua relazione con un “fanqui” (= diavolo straniero). Poi abbiamo Chrystopher Mason, personaggio severo e inquietante, freddo e ricattatore, capace di rivendicare il proprio potere su tutti, dalla moglie alla figlia Polly, da Theo a Valentina, la madre di Lydia. Lei è una figura centrale di questo romanzo, pur non essendo la protagonista: tormentata dai ricordi e dai segreti, cerca con scarso successo di restare a galla per amore della figlia, di non lasciarsi trascinare in quell’oblio che troppo spesso la tenta. A volte è affettuosa, altre semplicemente insopportabile. Una donna provata che non ho potuto fare a meno di apprezzare nella sua infinita pena. Valentina vuole solo sopravvivere, e questo è ciò che insegnerà a Lydia. Ma la giovane, col tempo, comprenderà che sopravvivere soltanto non basta, non è sufficiente.Altri personaggi interessanti sono sicuramente Alfred Parker, benestante inglese che inizialmente – lo ammetto – si tende a sottovalutare. E’ il personaggio forse più buono, che non mancherà di evolvere nel corso della vicenda, diventato per Lydia prima la vittima di un furto, poi il fastidioso corteggiatore della madre e infine un patrigno pronto a darle il proprio sostegno incondizionato. Singolare anche Liev Popkov, al quale mi sono un po’ affezionata, un gigante russo apparentemente scontroso e burbero, custode di un segreto che verrà taciuto a lungo. Inizialmente messo nei guai da Lydia – che accusa praticamente a caso lo sconosciuto del furto di una collana che lei stessa ha in realtà rubato – verrà poi scagionato dalla ragazza, pentita, e diventerà per lei una sorta di gigante buono, che l’aiuterà ad affrontare i problemi e, da bravo armadio a quattro ante, la proteggerà dalle molte minacce in agguato.Devo poi dire che - i protagonisti non me ne vogliano per questo - il mio preferito è indubbiamente Alexei Serov. Figlio della contessa russa Natalia Serova, è un giovane dal portamento algido ed elegante, dagli affascinanti occhi verdi, che non risparmierà a Lydia pungenti frecciatine, innervosendola a dismisura con la sua calma impassibile. Insomma, lo adoro. Anche perché i due ragazzi sono al centro di un segreto che ignorano del tutto, un verità nascosta che né la contessa né tanto meno Valentina sono intenzionate a rivelare.Infine c’è lui, Chang An Lo. Il protagonista maschile di questo romanzo è un giovane cinese che ha abbandonato una casa comoda e sicura per inseguire i propri ideali e combattere per ciò in cui crede. Il primo incontro con Lydia avviene in un malfamato vicolo di Junchow: la ragazza cade in un agguato e viene aggredita da losche figure. Ovviamente Chang accorrerà in suo aiuto, stendendo i malviventi a colpi di karate. I due non potrebbero essere più diversi. Lui pensa a lei come la “ragazza volpe”, per via della folta chioma ramata; Lei parla a Polly di lui come il suo “falco volante”. Lei è una ragazza russa senza passaporto, una rifugiata orfana di padre, che vive con una madre della quale spesso deve prendersi cura. Chang è un giovane cinese comunista costretto di continuo a nascondersi per sfuggire alla polizia (siamo all’inizio della guerra civile cinese, con Chiang Kai-shek alla guida del Koumintang e ben deciso a sradicare il Partito Comunista Cinese). A dividerli ci sono lo stile di vita, gli ideali, i doveri, le tradizioni e la cultura. Ma tutto questo non sarà sufficiente a tenerli separati, anzi, verranno attratti l’uno verso l’altra come i due poli magnetici di una calamita.Con uno stile scorrevole e intrigante, Kate Furnivall accompagna il lettore tra storia e sentimenti, speranze e atroci realtà. Nessun personaggi ha vita facile e nessuno è completamente buono: la stessa Lydia si macchia più e più volte del reato di furto, per dirne una. Tanto di cappello a quest’autrice per nulla statica o monotona, ma in grado dare vita a tutte le mille sfumature di cui questo romanzo è intriso: c’è un’innocente delicatezza che stempera i primi e ritagliati incontri tra Lydia e Chang. Un rapporto che si evolve con un misto di tenerezza e urgenza, e che non risparmia momenti davvero duri, come quando Lydia trova Chang ferito e si prende cura di lui. Ci descrizioni dettagliate di ferite e torture spesso difficili da digerire: Chang non è il classico e poco credibile “ammaccato ma pur sempre bello”: la Furnivall non gli risparmia piaghe e tagli, lividi e bruciature, con tutte le situazioni umilianti che la debilitazione può comportare. Molto belle anche le scene d’amore, che sembrano conservare un’aura di purezza davvero rara.Le meravigliose e magiche descrizioni della Cina degli anni venti, che sembra a volte una valle incantata e altre un vero e proprio inferno, fanno da sfondo al susseguirsi di eventi, sempre più rapidi e incalzanti, che rimescola di continuo la posizione dei vari personaggi e i loro destini. Per Lydia sarà un percorso lungo e tortuoso: prenderà le sue decisioni, mentre il suo amore per Chang la cambierà profondamente; non solo, instaurerà col tempo anche un rapporto con Alexei, che nelle ultime pagine dovrà far fronte a una rivelazione a dir poco scioccante. Anche Valentina apparirà via via diversa ai suoi occhi, nel bene e nel male.Non entro ulteriormente nei dettagli, anche se potrei stare qui a parlare per ore e ore di questo romanzo che nonostante la sua mole – 650 pagine circa – si legge davvero tutto d’un fiato (e vanta un ottimo rapporto qualità-quantità / prezzo).Il finale – come tutto il resto – non delude. Niente di banale o scontato, i soliti clichè sono stati davvero messi al bando. S’inserisce invece proprio nelle ultime pagine, in modo fluido e articolato, una svolta decisiva che sembra voler fare da ponte tra questo e il prossimo libro (nessuna nuova saga interminabile, intendiamoci, piuttosto una trilogia – se non ho capito male – di cui “La concubina russa” rappresenta il romanzo centrale). Seguito che io attendo con impazienza, per leggere ancora di Lydia, di Chang, degli altri… E soprattutto per vedere che cosa combinerà il mio – passatemi il pronome possessivo, ormai lo considero proprietà privata – caro Alexei.In conclusione, questo libro finisce dritto nell’Olimpo della mia libreria, sfoggiando quelle cinque scintillanti stelline che raramente concedo. Più che consigliato, un romanzo davvero imperdibile!

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