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C’è chi ha strumentalmente covato sotto la cenere per anniSPESSO SONO PROPRIO I FINTI POMPIERI AD ATTIZZARE IL FUOCOPiù che una petizione dall’esito scontato, sarebbe utile rimediare ai buchi organizzativi È davvero incredibile come si possa stravolgere la realtà, anzi capovolgerla. Mettiamo che qualcuno ti offenda senza motivo e poi, non contento, inviti gli altri a metterti “al bando”, accusandoti di essere un destabilizzante fuoco che intende – come un furioso iconoclasta - distruggere tutto, per il puro piacere di distruggere. È verosimile, invece, che ci troviamo di fronte ad un improvvisato pompiere che, dopo anni in cui ha covato sotto la comoda cenere ed avendo contribuito (insieme ad altri) a creare le condizioni per cui potessero divampare le fiamme, si mette l’elmetto da pompiere. Come i vigili del fuoco di Fahrenheit 451 che, invece di estinguerlo il fuoco, lo appiccavano essi stessi. Con i loro improvvisati lanciafiamme, infatti, bruciavano tutti i libri, convinti che la pace sociale sia “turbata” dalla informazione. Così come fa oggi qualcuno che suggerisce di “estinguere” una voce, la mia, magari anomala, ma che tenta solo di dare informazioni. Peraltro, come ci hanno mostrato le cronache sui roghi estivi, spesso sono proprio i forestali addetti ad individuare e spegnere gli incendi boschivi che appiccano gli incendi. È loro interesse, infatti, che ci siano incendi altrimenti la loro stessa funzione di pompieri perderebbe di interesse sociale. Per evitare che la mancanza di incendi ne faccia rilevare l’inutilità, essi stessi, quindi, si prodigano per far divampare gli incendi. Venendo a noi, oggi la situazione è indubbiamente incendiaria. Ma nascondersi dietro l’incendio fingendo di pompare acqua dopo che per anni si è gettata benzina sui piccoli focarelli, mi pare oltre che scorretto perfino delittuoso. Personalmente, da più di un anno segnalo la presenza di focolai d’incendio pericolosi per l’intero bosco del TPL in Campania. Finora, tutti mi avevano considerato un folle disturbatore della pace sociale, un velleitario pifferaio magico che intendeva affogare tutti i poveri “topini” nel fiume. Ora che il dramma è in scena, ecco che improvvisamente si levano grida di paura e si manifestano tentativi di risolvere i problemi con strumenti che possono al massimo essere un richiamo simbolico per i distratti media locali. Accodarsi banalmente ad una petizione, peraltro lanciata da un quotidiano il cui editore (Caltagirone) è molto sensibile al tema della costruzione di infrastrutture (visto che produce cemento), non mi pare un’impresa memorabile. Mi pare tardiva captatio benevolentiae strumentalmente idonea a coinvolgere i cittadini/clienti ignari delle cause profonde dello sfacelo trasporti. Una petizione, che intende opporsi alla chiusura di un servizio pubblico, indubbiamente riceverà migliaia di consensi: sarebbe preoccupante se non fosse così. Se domani lanciassi una petizione per la riduzione delle tasse, ovviamente, raccoglierei milioni di firme, ma sicuramente nessun Governo ne terrebbe conto. Ecco perché la petizione pro Circumvesuviana avrà un grandissimo successo ma, probabilmente, non determinerà alcun effetto sulla crisi strutturale del TPL. Crisi che ha molti padri e tanti figli (di p…..) che ne hanno ricavato vantaggi diretti ed indiretti. Questa crisi non è di oggi, non è dovuta ad un’improvvisa pioggia di meteoriti o all’arrivo dei marziani. Le colpe sono di vario genere e distribuite fra più colpevoli. A tal proposito, mi viene alla mente che anche la crisi finanziaria di una famiglia può essere determinata da un quotidiano stillicidio di risorse sottratte indebitamente al bilancio familiare. La massaia, nel suo piccolo, è un responsabile d’acquisti e se “fa la gratta”, comprando prodotti scadenti e maggiorando gli scontrini, accumulerà sicuramente un gruzzoletto personale, ma alla fine farà ammalare i suoi stessi familiari e, magari, li porterà anche alla “morte”. Questa crisi (come ho scritto fino alla noia) è determinata da un pericoloso mix composto da errori aziendali, da scellerate scelte nella politica regionale e dagli effetti della crisi economica mondiale e nazionale che ha prodotto tagli consistenti al settore. L’Assessore Vetrella sarà pure diventato stucchevole con la sua ripetitiva litanìa che individua i colpevoli nella precedente amministrazione, ma dice una verità incontestabile: i bilanci erano taroccati e tutti (aziende, sindacati e Regione) fingevano fossero più veri dei Vangeli. Certo, dopo due anni il nostro Vetrellix non può ancora nascondersi dietro questa verità. Oggi, ha due sole scelte davanti a sé: o riesce a dare una sterzata positiva alla situazione o getta la spugna e si dimette. Un amministratore ha una funzione solo se sa dare soluzione ai problemi, se questi problemi a suo parere sono irrisolvibile ne deve prendere atto e conseguentemente dimettersi. Stesso ragionamento vale per il top management, ovviamente. Ma cosa ci insegna ancora questa crisi, che pare irreversibile? Forse che le soluzioni possibili sono dolorose e drastiche ma passano necessariamente attraverso una presa di coscienza cumulativa degli errori che ci hanno ridotto in questo stato. Presa di coscienza che deve determinare una volontà condivisa di cambiare registro, di non pretendere un’impossibile “restaurazione” di un passato che per molti anni potremo solo ricordare con nostalgia. Occorre, invece, mettere mano ad una serie di interventi strutturali, tra cui sicuramente una radicale spending review. Non basta fare tagli orizzontali, bisogna individuare nella spesa gli sprechi e le eventuali collusioni che hanno contribuito ad incrementare il buco. Risanare provvisoriamente sarebbe inutile, infatti, se si continuasse a perpetuare il sistema che ci ha condotto alla crisi attuale. Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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