Quando ci poniamo la fatidica domanda “su cosa agiscono i fiori”, facilmente siamo portati a pensare che la loro azione sia principalmente emozionale, poiché abbiamo fiori per la rabbia, per l’angoscia, per la paura, per il senso di colpa. Questo ci induce erroneamente a pensare, ed è questo che è stato detto per anni, che la loro azione si limiti a questo piano. In realtà il loro lavoro è ben più profondo, essi sono in grado di armonizzare moltissimi aspetti dell’essere umano, dal lato fisico, a quello emozionale, a quello mentale, ai corpi sottili. Per capire questo, è stato molto utile il lavoro di Ricardo Orozco, che è andato a studiare la componente materica, il corpo fisico, imparando ad utilizzare i fiori per lenire le problematiche di quest’ultimo. Egli, rifacendosi al lavoro bachiano, cita il famoso caso dell’elettricista:
“Ho visitato un uomo di 21 anni che, installando dei cavi elettrici, ha subito accidentalmente una scarica elettrica. Quattro giorni dopo l’incidente la mano destra era molto gonfia…con gravi ustioni… la mano non aveva alcun tipo di percezione e in un certo senso era praticamente morta… Immediatamente gli è stato somministrato Clematis internamente, per ridare vita alla mano, aggiungendo Impatiens lozione, perché agisse come balsamo sulle ferite… La mano ha cominciato a tornare in vita e a riprendere sensibilità, quindi a far sentire il dolore … Aggiungo per via orale Impatiens per il dolore e anche Agrimony per lo stato mentale… Due dita tremavano e si contorcevano spasmodicamente … si aggiunge quindi oralmente Gentian per una lieve depressione e Scleranthus per l’instabilità delle dita; in particolare, il pollice risulta parzialmente bloccato. Gli viene somministrato Vervain internamente aggiungendolo anche alla lozione per combattere la rigidità… gli viene somministrato Vervain anche per una certa rigidità rimanente e viene applicato Impatiens sulle bende qualora le terminazioni nervose esposte provocassero dolore…”
Da qui si deduce che Bach utilizzasse i fiori in modo transpersonale, applicando Clematis non solo per un sognatore che non riesce a poggiare i piedi a terra ma anche per ridare vita a una mano apparentemente immota, Scleranthus non solo per una persona confusa che non riesce a scegliere ma anche per le dita che tremano, e così via. La domanda sorge spontanea: “come può un medicamento che agisce sulla confusione mentale, avere effetto anche sul tremore di una mano?”.
Questo effetto a cascata è proprio dell’aver individuato i meccanismi causali che soggiacciono alle situazioni, quelli che Jung chiamerebbe archetipi. C’è un’altra considerazione che è importante fare e cioè che l’uomo nasce, cresce e si sviluppa andando dalla terra verso il cielo, esattamente come fa il fiore. Così come l’uomo cresce, si accoppia e genera una nuova vita, anche il fiore viene impollinato e produce un frutto. Il frutto, come il bambino, è, allo stesso tempo, una parte della pianta da cui è stato creato e una pianta nuova poiché contiene i semi. Il bambino infatti, è il frutto dell’unione tra due creature. Seguendo questa linea di pensiero siamo spinti a pensare che il punto più alto dell’intera esistenza della pianta sia il fiore, strumento atto alla creazione di frutti, così come l’uomo porta i propri frutti nel mondo, siano essi i figli, azioni o idee.
Il fiore a sua volta, è stato un frutto, poiché il seme da cui è nato è stato fiore ed è stato frutto.
Questa lunga catena di morti e rinascite, che Darwin chiamerebbe evoluzione, è, con tutta probabilità, volta al miglioramento. Questo significa che tutti quanti in questa vita, abbiamo la possibilità di imparare qualche cosa, di migliorare noi stessi. Ecco il punto focale di tutta la questione. Avere la possibilità di migliorare significa agire attraverso la vita per passare da un comportamento negativo ad uno positivo, il che implica che in noi, al momento attuale, sia presente il comportamento negativo. Se io sono iroso, ho necessità di sviluppare la qualità corrispondente all’imperturbabilità. Se sono nato imperturbabile, probabilmente non avrò bisogno di lavorare su questo asse, saranno altri i problemi che dovrò affrontare. Questo significa che, dal punto di vista evolutivo, avere la possibilità di migliorare, nasce necessariamente dal trasformare un difetto in qualità. Se noi sviluppassimo in due dimensioni l’interazione tra difetti e qualità, avremmo probabilmente una sorta di ferro di cavallo, in cui, da una parte si trovano le qualità, dall’altra i difetti. Sviluppando le prime, i secondi annichiliscono.
I fiori di Bach sono facilitatori di questo sviluppo. La parola “facilitatore” è necessaria poiché, nonostante la loro azione travalichi le difese proprie dell’individuo, è sempre possibile evitare di seguire le indicazioni del sè superiore nonostante la sofferenza.
Molti di noi infatti permangono in questo stato nonostante un continuo richiamo evolutivo sia sempre disponibile per ognuno di noi e i fiori di Bach si comportano similmente. La loro azione vibrazionale suggerisce alla nostra struttura energetica quali siano i comportamenti migliori per procedere verso lo star bene.
Stare bene comprende una serie di atteggiamenti non solo fisici e fisiologici ma anche e soprattutto, mentali ed emozionali. È tuttavia da sottolineare che un organismo vivente tende all’omeostasi. Questo significa che, in chiave energetica, tende a mantenere lo status quo. Nel suo saggio “La cultura e l’organismo”, Juri Lotman afferma che “la cultura può essere definita un organismo (a livello semiotico di elaborazione dell’informazione)”.
L’omeostasi viene definita come “il tentativo di conservare il proprio livello strutturale - cioè il livello di informazione posseduto e di contrapporsi all’entropia”. L’omeostasi è quindi quella, fase nel susseguirsi ciclico degli stati del sistema, in cui si riscontra una tendenza alla conservazione dell’informazione ed al mantenimento della stabilità delle strutture, caratterizzata dalla simmetria. Questa fase si contrappone funzionalmente alla quella caratterizzata di produzione di nuove informazioni, in cui all’omeostasi si contrappone il dinamismo.
Possiamo quindi parlare di “equilibrio nel disequilibrio”, cioè della tendenza, nonostante la sofferenza, nonostante i difetti, a mantenere lo status quo e questo è il motivo per cui è così difficile dimagrire o cambiare partner nonostante la informazioni in nostro possesso ci suggeriscano continuamente che questa sarebbe la strada giusta da percorrere. Quando si cerca un equilibrio più alto invece, ci si spinge in avanti fino a che un successivo equilibrio è raggiunto. Questo avviene sia verso l’alto, nello sviluppo delle qualità, che verso il basso, nell’inviluppo del difetto, delle mancanze. Dobbiamo quindi trasformare il nostro “ferro di cavallo a due dimensioni” in una forma in grado di occupare anche la terza dimensione. Ora possiamo parlare di difetto che ci abbassa e qualità che ci eleva. Per fare questo stiriamo il ferro di cavallo e ragioniamo sulla possibilità che un punto di equilibrio possa essere contemporaneamente di arrivo rispetto ad una fase precedente e insieme di inizio per una nuova fase. Il percorso evolutivo raramente percorre a grandi passi una linea verticale poiché questo richiede di abbandonare molte zavorre contemporaneamente, per cui congiungiamo una serie di ferri di cavallo in cui il raggiunto equilibrio verso l’alto è anche la base per proseguire nel cammino. La forma che potrebbe scaturire da questa supposizione, potrebbe essere più o meno elicoidale. Una crescita dinamica che coinvolga molteplici stati dell’essere. Una ricerca di un equilibrio sempre più affine ai reali bisogni del nostro sé superiore. I fiori di Bach ci aiutano a dirigerci verso questo equilibrio.
Visita il sito di Max Volpi sui fiori di Bach: www.reflexal.com