Da sempre, come vi ho già detto in altre occasioni, quando scrivo ho bisogno di musica in sottofondo. Beh, a volte nemmeno tanto in sottofondo, ma a un volume comunque umano. Ho iniziato con l’amato stereo e le sue belle casse, con il logico inconveniente legato al cambiare cd una volta finito. Insomma, sto scrivendo, passano 45 minuti e devo alzarmi per scegliere un secondo cd da inserire. Interruzioni poco gradevoli, non trovate?
Il logo di Spotify
Quindi sono passato alle playlist su Media Player, e qui si trattava di procurarsi i file mp3 e compilare queste liste. Il tempo a volte mancava, si inceppava il player, si scasinava qualcosa, per cui anche questa soluzione era poco ottimale, soprattutto perché alla fine rimaneva il problema della varietà. Ogni tanto infatti, avevo voglia di ascoltare altro, e finivo per cercare le canzoni singolarmente su YouTube. Altra distrazione, altro tempo perso.

Una pagina dell’interfaccia, che si comporta esattamente come un browser
E poi, magicamente, un amico su FB mi indirizza su questo Spotify e il mondo mi appare più bello.
In definitiva, per chi ancora non lo sapesse, Spotify è un software/lettore che ti collega a un database musicale enorme, logicamente on line. Da lì potete scegliere brani, discografie, album, singoli, creare playlist, condividere la musica che ascoltate sui Social, attivare addirittura una radio. Sì, una radio creata in base ai tuoi gusti. Io la devo in verità ancora provare, e mi sto limitando alle funzioni base della versione free.
Questa versione, si basa sul fatto che ogni tanto vi apparirà qualche spot o qualche consiglio e suggerimento dallo staff di Spotify e ve lo dovete ascoltate. In alternativa, potete abbonarvi alla versione Premium, senza pubblicità e che potrete installare sui vari dispositivi che possedete, interfacciandoli l’uno con l’altro e avere il vostro database personalizzato ovunque andiate.
Che poi, la versione Premium consiste in un abbonamento mensile di appena 9,90€ e che potete disdire quando volete.
Qualcuno potrebbe non capire l’utilità di Spotify, insinuando che in fin dei conti può comunque procurarsi la musica lo stesso. E se da un lato abbiamo questi inguaribili furbacchioni del tutto gratis, dall’altra avremo i polemici del “Io compro solo cd originali, sennò a musica muore”. Ebbene, Spotify li mette teoricamente a cuccia tutti e due. Infatti, il prodotto non è una diavoleria piratesca, bensì un software ufficiale e che va a supporto comunque dei musicisti. Nulla è rubato, tutto è condiviso. Se poi vogliamo rimanere sulla posizione del “libricino interno e il toccare con mano”, beh, io esco verso il futuro e la porta ve la lasci socchiusa, nel caso vi va di venire con me.




