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Spotify: la rivoluzione della musica in streaming

Creato il 17 aprile 2013 da Postscriptum
 

spotify

La parola chiave è streaming, un termine che in gergo informatico identifica un flusso di informazioni (audio o audio/video) emesso da una sorgente e ricevuto da un destinatario che riproduce il flusso durante l’emissione.

Tutto ciò che viaggia nei canali streaming attraverso internet può raggiungere qualsiasi dispositivo mobile e non che disponga di un accesso alla rete; la rivoluzione dello streaming, cominciata già da qualche tempo con metodologie e servizi che coprono tutto il campo del lecito (e dell’illecito) promette una nuova era in cui parole come condivisione, libero accesso e on demand fanno capolino nel mondo della musica, del cinema e della letteratura digitale. Dinanzi a chi ha abbastanza immaginazione si apre un universo fatto di centinaia di migliaia di libri elettronici, film, serie televisive e, ovviamente, musica, raggiungibile in modo pressoché immediato, gratuitamente e ripetutamente in qualsiasi posto ci troviamo.

In questo campo si muovono, registrando un successo incredibile, gli ideatori di Spotify.

Spotify nasce nel 2008 da un’alleanza tra Daniel Ek (ex-CEO di μTorrent) e Sean Parker (già padre del fortunatissimo Napster) siglata da un investimento di parecchi milioni di euro che ha portato ad un giro d’affari capace di attirare l’attenzione del CEO e fondatore di Facebook Mark Zuckerberg: una volta aperte le porte del mondo social il gioco è stato semplice.

Spotify è un servizio di musica on demand che promette musica per tutti i gusti in streaming gratuito fruibile attraverso un semplicissimo software da installare sul pc (o mediante relativa app sui device mobili): basta una connessione ad internet e un dispositivo connesso per attingere ad un database di oltre 20 milioni di titoli, creare e modificare la propria playlist personale e, dietro pagamento mensile (abbonamento al costo di 9,99€), sincronizzarla con il catalogo musicale del proprio pc, tablet o smartphone per ascoltarla anche offline; mediante la funzione radio, inoltre, è possibile anche ascoltare i brani proposti dal software stesso in base ai gusti musicali evidenziati dalle playlist create.

Questo non basta però a spiegare l’enorme successo che ha portato Spotify ad invadere i pc di 20 paesi del mondo (dallo scorso Febbraio anche in Italia) con un riscontro economico talmente consistente da riuscire a tenere a bada le avidissime case discografiche con un assegno a 9 cifre. Un contagio virale così veloce e ramificato non può non tenere conto del concetto di condivisione che, sfruttando l’enorme potenziale dei social network, permette di diffondere a velocità sostenuta e in maniera capillare non solo i pregi del servizio ma anche, e soprattutto, l’idea di un web pieno zeppo di contenuti fruibili gratuitamente o al limite dietro abbonamenti irrisori in un periodo storico in cui non si spende un euro senza un minimo di garanzia sulla qualità del prodotto acquistato.

Con Spotify la musica arriva a casa nostra come la corrente elettrica o l’acqua, si trasforma da bene commercializzabile a bene di consumo su larga scala a un prezzo più equo, riacquista la caratteristica essenziale dell’accessibilità che, unita a quella della condivisione, rianima un mercato, quello discografico, rovinato dalla poca lungimiranza delle major che, nella folle e bieca corsa all’accumulo sconsiderato di denaro, non sono state in grado di adeguarsi al profondo cambiamento che è avvenuto da tempo nei consumatori, stanchi di spendere cifre esorbitanti per i cd dei propri artisti preferiti e sempre più attirati da metodi più economici però meno onesti per crearsi la propria collezione personale. Il possesso (del supporto fisico) passa dunque in secondo piano rispetto all’accesso immediato di fronte ad un servizio che mette a disposizione una sconfinata libreria, ancora in corso di ampliamento, a chiunque possa connettersi ad internet.

La musica sarà quindi il primo passo nella profonda trasformazione che sta reinventando internet trasformandolo da servizio secondario a diritto essenziale del cittadino perché il web è informazione ma anche, grazie a servizi come Spotify, cultura.

Per iscriversi basta collegarsi al sito di Spotify e sottoscrivere un abbonamento, oppure accedere attraverso le credenziali di Facebook; una volta scaricato il software (ci vogliono pochi minuti) si può accedere subito a un’interfaccia (che somiglia molto da vicino a iTunes) organizzata e intuitiva e…che altro?
Buon ascolto.

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