Noi non dovremmo essere obbligati a sapere di spread. È vero che una minima conoscenza in tanti campi, dall’alimentazione alla medicina, all’economia, alla storia, ci serve per essere cittadini migliori, per assaporare il piacere della comprensione del mondo, e per non farci fregare. Però ora diventa necessario più di ogni cosa conoscere i meccanismi della finanza, perché questi meccanismi ci governano e sono infinitamente più potenti delle decisioni che si possono prendere democraticamente o addirittura individualmente nelle proprie vite – però la finanza è un piccolo frammento della vita umana, così complesso che anche gli addetti ai lavori ci si perdono, e anche poco appassionante. Richiede tante competenze e dà poche soddisfazioni. Bisogna ridimensionare la finanza anche, o soprattutto, perché è così difficile conoscerla. Va bene che sia difficile conoscere l’astrofisica, se ne occuperà chi ne ha voglia e talento, ma non va bene che sia complicata la finanza, perché bisogna conoscere quello che ci governa.
Ce l’hanno menata con lo spread come se fosse l’unica cosa che conta. La mia personale opinione è che le istituzioni debbano indebitarsi solo se è strettamente necessario, e che in tutta franchezza non capisco perché si usa il debito per finanziare la spesa pubblica, al punto che paghiamo decine di miliardi all’anno solo di interessi. Anzi: facendo così, è andata a finire che ci si indebita per pagare i debiti vecchi! Perché la spesa pubblica non può essere finanziata innanzitutto dalle entrate, poi da eventuali capitali messi da parte, e solo in ultimo dalla contrazione di nuovo debito? Qualcuno di voi lo sa? A me sembra che gli individui e le aziende prudenti facciano già così.
Avvertimento: io non sono un’economista. Ho un’infarinatura di economia, più quello che riesco a leggere ora. Prendete con le pinze tutto quello che scrivo, ma questo vale per chiunque. Se trovate errori non esitate a correggermi.
Lo spread di cui si sente tanto parlare, molto brevemente se non lo sapete già, è la differenza tra i tassi di interesse sui titoli pubblici di due paesi – per esempio Italia e Germania. Più è alto il tasso di interesse e più chi ha preso in prestito i soldi emettendo titoli (lo stato) deve pagare in interessi su questo prestito. Lo spread è una conseguenza, quindi, dei tassi di interesse, che vengono determinati da aste in cui gli stati che emettono titoli (cioè che prendono soldi in prestito da chi comprerà questi titoli) si rivolgono agli investitori (assicurazioni, fondi pensione, banche…) per vedere che tipo di interessi vogliono ricevere per acquistare suddetti titoli. Più è alto il tasso di interesse più significa che il debitore è considerato inaffidabile. Cioè: se ho buoni motivi per credere che non mi ripagherai, almeno compensami del rischio che corro con tassi alti che mi facciano guadagnare in fretta.
Ora, vi lascio con tre link che sostengono che non è grazie a Monti che lo spread è alla fine calato. Addirittura uno di questi link, piuttosto autorevole, sostiene che ci sia un legame tra le notizie pubblicate dai giornali italiani e, come conseguenza, l’andamento dello spread. Sentite qua: “hanno probabilmente ragione coloro che identificano nella quotazione dei titoli di stato di un dato paese il risultato di un referendum continuo da parte degli investitori sulle pubbliche finanze del paese stesso. Un cattivo esito di questo referendum è costoso per lo stato”. Cioè: siccome lo stato è indebitato, a decidere come viene governato sono i creditori, anche se non sono cittadini di questo stesso stato; inoltre, anziché ‘una testa, un voto’, siamo al ‘un euro, un voto’.
Un altro articolo, oltre a ricordare il peggioramento di tutti gli indicatori economici sotto Monti, sostiene che lo spread è calato quando Draghi (governatore della Bce, Banca Centrale Europea) ha non fatto, ma detto le cose giuste. Addirittura l’ex ministro Brunetta, proprio lui, sul Sole 24 Ore scrive che “attribuire l’andamento degli spread tra Italia e Spagna a questo o a quel governo, a questo o a quel leader, a questa o a quella politica economica è una banale distorsione ottica di chi è afflitto da provincialismo opportunista.” Il motivo era piuttosto quello che i mercati pensavano che sarebbe successo alla Spagna. Capite come si muovono, questi signori delle nostre vite, del nostro lavoro, della nostra sanità, delle nostre pensioni?
Non dico queste cose tanto per criticare Monti, anche se io ho un’opinione assolutamente negativa di lui – ma non mi servono dimostrazioni ulteriori. Piuttosto, voglio ricordare che i mercati sono, oltre che potentissimi, anche capricciosi. Possono far crollare un’economia perché non gli piace l’aria che tira. Noi siamo in balia di questi. A seconda di come fanno andare su e giù lo spread, tengono per le palle un intero paese.
E poi venitemi a dire che chi si lamenta perché ci sono i ricchi è solo invidioso. I soldi sono potere, e più sono concentrati più è concentrato il potere. E il potere O ce l’hanno i cittadini, O ce l’ha il mercato.
Che aspettiamo ad emanciparci da tutto questo? A riprendere in mano l’economia?
Intanto, una buona notizia, cioè un mio piccolo ulteriore passo per uscire da questo sistema e contribuire alla creazione di un’economia migliore: sono entrata tra coloro che accetteranno pagamenti anche in SCEC, una moneta locale. Io per ora accetterò il 10% sui miei libri in SCEC. Aspetto di vedere come va e poi vi darò maggiori informazioni.
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