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Spread giù a 162 punti. Mario Draghi: ” stagnazione pericolosa”

Creato il 06 aprile 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
Spread giù a 162 punti. Mario Draghi: ” stagnazione pericolosa” apr 6, 2014    Scritto da Ludovico Macario    Attualità, Economia    Bce, mario draghi, spread 0

Spread giù a 162 punti. Mario Draghi: ” stagnazione pericolosa”

Quella di ieri è stata la giornata più importante degli ultimi mesi per i mercati dell’ Eurozona.

Se qualcuno volesse la prova della competenza di almeno uno dei funzionari delle istituzioni europee, credo che troverebbe in Mario Draghi un ottimo esempio.

Partiamo dalla notizia principale, nella giornata di ieri il differenziale di rendimento Btp – Bund è sceso a 165 punti, determinando un’ ondata di rialzi sui titoli ed un’iniezione di positività sui mercati. Stamattina la borsa italiana ha aperto in rialzo e il differenziale è ancora calato di 3 punti, attestandosi a quota 162.

Come ormai abbiamo imparato, lo Spread o differenziale Btp – Bund segna la proporzione nell’acquisto di titoli del debito pubblico, comparando quelli di una nazione in crisi – Italia- a quelli di una virtuosa Germania. Durante il periodo di crisi degli anni scorsi ( vedi Crisi del Governo Berlusconi ) questo indice aveva superato i 300 punti.

Abbiamo anche imparato che più i rendimenti sono alti, più gli investitori saranno attratti dai debiti dei paesi in difficoltà, facendo conseguentemente aumentare la speculazione. D’altronde tutto ciò risponde ad una comune regola di vita, da sempre adottata anche dalle case farmaceutiche ” più sei in difficoltà e più hai bisogno d’aiuto, più hai bisogno d’aiuto e più sei costretto a pagare”. In effetti le aste di titoli di stato degli anni scorsi sono state esattamente questo: farmaci, palliativi.

Il notevole decremento di ieri è da attribuire in buona parte alla conferenza stampa del presidente BCE, Mario Draghi e al suo atteso “mea culpa”.

Pare che alla BCE si siano accorti che la smania anti inflazionistica e protezionistica del valore dell’ Euro sia arrivata al punto di non ritorno, vale a dire quello in cui produce l’effetto opposto. Ci si è resi conto che la situazione europea, ben lungi dal galoppare verso l’inflazione, sta pericolosamente deviando verso l’esatto opposto, la stagnazione e la deflazione.

La deflazione è quella particolare situazione macroeconomica nella quale si registra un calo dei prezzi determinato da una minore domanda di prodotti. In pratica, i consumi si stanno abbassando in tutta europa e i produttori fanno difficoltà a collocare i beni sul mercato, accettando quindi di vendere a prezzi più bassi.

Convinto del pericolo di tale situazione, Mario Draghi ha subito detto che saranno prese tutte le misure “convenzionali” del caso e forse anche misure ” non convenzionali”.

La misura convenzionale per eccellenza è il taglio dei tassi d’interesse applicato dalle banche. In teoria una tale operazione consente a consumatori e imprenditori di pagare di meno il denaro preso in prestito, aumentando la produzione e i consumi – al momento Draghi ha lasciato il tasso fermo allo 0,25 % -.

Tuttavia è più probabile che una tale volata dei titoli ed una tale riduzione dello Spread siano stati determinati da quel riferimento alle “misure non convenzionali” dalle quali il Presidente non ha escluso il  quantitative easing, acquisto di titoli da parte della stessa BCE.

Come ipotizzato da Domenico Conti di Ansa Economia, è probabile che la BCE si rivolga proprio ai titoli del debito pubblico. Fino al 2007 esistevano infatti i titoli ” ABS “, particolari titoli di Stato vincolati alla erogazione di prestiti a famiglie ed imprese, che ora in sostanza non esistono più.

L’altro target della BCE potrebbero essere i titoli bancari, ma il settore gode sostanzialmente di buona salute.

Ecco che allora la BCE, per voce di Draghi, potrebbe riferirsi proprio all’acquisto di Titoli di Stato – magari di stati più in difficoltà rispetto agli altri, aggiungerei io-.

Che lo spread sia sceso per preparare il terreno ad un possibile acquisto da parte della stessa BCE e che i titoli azionari siano cresciuti sull’onda entusiasta dell’adozione di politiche anti deflazionistiche è assolutamente plausibile, resta ora da tastarne gli effetti sul piano concreto.

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