Nella mia mente sembra assumere un senso quasi profetico che il termometro di questa crisi sia rappresentato dal cosiddetto «valore di spread Btp-Bund», perché spread in inglese ha tanti significati, ma a me fa venire in mente soprattutto le immonde creme grasse e spalmabili che si vendevano inscatolate al supermercato dietro l’angolo quando stavo in America. E così nella mia mente, invece di tradurre la parola in «differenziale», mi viene solo in mente un’immonda poltiglia rosacea di materiali non meglio identificati che cercano di sembrare commestibili ma non lo sono.
E questa è la Roma che vedo ogni giorno quando varco la porta di casa, trovando le strade intasate per le manifestazioni, il fango, l’acqua o qualche altra ciclica disgrazia che il comune non ha saputo prevedere. Oggi erano gli studenti che avevano bloccato la stazione Tiburtina per protesta, metro chiusa, linee di autobus deviate, polizia e carabinieri in assetto da battaglia, sciami di pendolari disorientati come storni, la polta che cresce e si spalma sui marciapiedi, sotto i ponti, nella mia testa. Decido di arrivare in ritardo prendendo un derelitto treno urbano delle FFSS. Il marciapiede al binario è sovraffollato.
Accanto a me un giovinetto dallo spiccato accento calabrese strilla nel cellulare: «Ha cambiatoh il suo profiloh di Facebook a “single”, hai capitoooooh? E io invece no! Quellah stronza mi ha sputtanato davanti a tuttih! Che stronzah!» Meno male che nonostante la polta, i ritardi e la tabe ferroviaria la vita continua per la generazione digitale. Io e altri assardinati sul binario ci guardiamo con la faccia di «Ma perché non tace due minuti?», mentre il giovane continua a urlare nel telefono: «Siìììì ma non dirloh a nessunoh! Mi dà fastidio essere sputtanatoooh! Non dirlooh a nessunoh!»