Spreco delle nostre brame chi è il peggio del Reame!

Creato il 27 gennaio 2014 da 19stefano55

Ogni giorno ci ricordano, oltre all’abbonamento Rai che, ma guarda che bravi, non è aumentato, che fra 18 mesi (dopo quanti governi?) ci sarà l’EXPO 2015 a Milano. Fino a ieri era 20 milioni di visitatori, oggi già siamo a quasi 30 (ma li mandate qualcuno anche a Macerata!! o a Pergola, ci sono i Bronzi Dorati ) e si prevedono soldi, soldi a palate. Intanto lavorano le pale!

Tema :l’alimentazione che con lo spreco diventa un elemento di ricatto e sviluppo quindi ecco dal sito dell’ex Ministro De Girolamo uno studio sullo spreco nostrano, D.O.C.!

Sono dati del Rapporto 2013 sullo spreco domestico realizzato da Knowledge for EXPO, il nuovo Osservatorio di SWG e Last Minute Market, con l’apporto dell’Osservatorio nazionale sugli sprechi Waste Watcher. Non è un caso che l’indagine – per la cura scientifica del presidente di Last Minute Market Andrea Segrè con il presidente di SWG Maurizio Pessato e l’esperto statistico di Waste Watcher Furio Camillo – si sia concentrata sullo spreco domestico, ovvero in quel “circolo velenoso” che gravita fra il frigorifero e la pattumiera di casa, dove è piuttosto difficile indagare a proporre soluzioni concrete per ridurre o meglio prevenire gli sprechi domestici: infatti il monitoraggio incrociato fra spreco domestico e spreco nella filiera agro-alimentare (aziende agricole, industria alimentare, piccola e grande distribuzione, mercati all’ingrosso, ristorazione collettiva), condotto in questi mesi da Waste Watcher e da Last Minute Market, permette di affermare che lo spreco alimentare domestico gioca la parte del leone, contando per lo 0,5 % del Pil.
Ciononostante, il Rapporto 2013 sullo spreco Domestico ha rilevato una controtendenza importante nella sensibilità e nell’attenzione degli italiani intorno al tema degli sprechi. Infatti, il 90% degli italiani considera molto o abbastanza grave lo spreco alimentare, il 78% si dichiara preoccupato da questo problema, e l’89% degli italiani vorrebbe ricevere maggiore informazione sulle conseguenze dello spreco e sui sistemi utili a ridurlo. E ancora: il 57% degli italiani dichiara di gettare “quasi mai” gli avanzi e il cibo non piu’ buono, il 27% meno di una volta alla settimana, il 14% almeno una volta a settimana, il 55% dichiara di riutilizzarlo, mentre il 34% lo getta nella spazzatura e il 7% lo usa per gli animali. Le incidenze per regione di residenza riflettono alcune differenze significative: in Campania solo il 47% non getta via cibo quasi mai, mentre in Liguria (68%) Sardegna (66%) e Lombardia (62%) tali percentuali risultano superiori al valore medio complessivo, indicando una tendenza a gettare via cibo inferiore alle altre Regioni. Se fra gli alimenti ‘freschi’ o non cotti gettati dagli italiani primeggiano frutta (51,2%) e verdura (41,2%), formaggi (30,3%) e pane fresco (27,8%), seguiti da pane fresco (27,8%), latte (25,2%), yogurt (24,5%) e salumi (24,4%), le percentuali calano considerevolmente quando si tratta di cibi cotti: in questo caso gli italiani buttano soprattutto la pasta (9,1%) i cibi pronti (7,9%) e precotti (7,7%).
Contestualmente, aumenta la sensibilità degli italiani alla questione ambientale: il 72% degli intervistati di un’indagine di SWG – Knowledge for EXPO ritiene che lo sviluppo economico e l’occupazione debbano passare dalla tutela dell’ambiente (nel 2007 la percentuale era del 57%) e solo il 28% degli italiani giudica allarmistici gli allarmi lanciati sulla questione ambientale (si trattava del 35% nel 2007). L’81% degli intervistati valuta che il singolo individuo sia in grado – con le sue azioni quotidiane – di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e della natura, ma solo il 18% ritiene che le persone si impegnino veramente per tutelare l’ambiente e la natura.
Knowledge for EXPO e Waste Watcher indagano innanzitutto le cause degli sprechi, per progettare e promuovere policies di comportamento efficaci a favorire la riduzione concreta dello spreco alimentare: in questa direzione, il rapporto ha prodotto una segmentazione di 9 spreco-tipi italiani, individuati secondo motivazioni che gli intervistati hanno indicato come cause primarie nella pratica del “buttare via del cibo”. Fra queste cause primeggia la motivazione per cui il cibo “aveva fatto la muffa” (38,94%) o “era scaduto” (32,31%), o “era andato a male fuori dal frigo nel caso di frutta e verdura” (26,69%), o ancora perché “l’odore o il sapore non sembravano buoni” (25,58%). In misura sensibilmente inferiore sono state indicate cause come “l’aver cucinato troppo cibo” (13,29%), l’ “aver calcolato male gli acquisti” (13,15%), o addirittura motivazioni più “capricciose” come l’aver acquistato “cose che non piacevano” (6,61%).
Il questionario proponeva 14 diverse possibili cause e ciascun rispondente poteva segnalarne anche più di una. A partire dalle combinazioni delle possibili cause dello spreco, così come sono state generate dall’insieme dei rispondenti, è stato possibile individuare 9 tipologie “naturali”, 9 spreco-tipi risultanti da un algoritmo di clustering, in cui sono raggruppati gli individui che hanno indicato la stessa combinazione di possibili cause.
Ogni Spreco-tipo è stato rappresentato utilizzando la tecnica del clouding: ciascuna tipologia è quindi descritta mediante una nuvola delle cause dello spreco che la connota e la grandezza del testo è proporzionale al risultato di uno specifico test di significatività statistica. E in ogni nuvola le parole scritte “alla rovescio” individuano le caratteristiche negativamente caratterizzanti. In linea con il trend generale del Rapporto, risulta significativo che il 35% appartenga alla categoria meno sprecona, il “sensoriale che getta solo se costretto”. Questo spreco-tipo di italiani getta in media solo 4.81 euro settimanali per nucleo familiare, e ritiene che “la quantità di cibo giornalmente buttato rappresenti per il pianeta un problema molto grave”. Questi italiani gettano via solo “se costretti” da una oggettiva non fruibilità dei cibi in questione. Non si tratta dunque di italiani che cucinano troppo (sono molto decisi nel dirci no a tale possibile causa), né imputano alla grandezza delle confezioni lo spreco da loro generato.
Altri tre spreco-tipi si collocano al di sotto della media dei 7,06 euro di costo-spreco settimanale per famiglia. C’e’ innanzitutto l’ “ignaro un po’ marginale” (6,01%). È un gruppo di italiani che non conosce le cause dello spreco, probabilmente vive in una condizione piuttosto marginale. È uno spreco-tipo che non sa rispondere a buona parte dell’indagine SWG sugli orientamenti ed è emblematica l’assenza sostanziale di opinioni. Il titolo di studio più diffuso in questo gruppo è la media inferiore, gli intervistati dichiarano di ignorare la differenza tra la data di scadenza di un cibo e la dicitura ‘…da consumarsi preferibilmente entro..’, e di essere disinteressati alle discussioni politiche. L’età è leggermente più anziana ma non sembra una chiara determinante della tipologia.
E ci sono poi il “nostalgico autoisolato, arreso ma senza cause precise” (5,21%) e il “cliente della spesa grande, ma tifoso del fresh” (15,22%): due spreco-tipi che gettano settimanalmente 5,06 euro e 6,97 euro per nucleo familiare.
La seconda tipologia si sviluppa fra lavoro e casa nelle periferie delle città del nord con uno stile di acquisto legato alla grande distribuzione, della quale lamentano una scarsa capacità di conservare frutta e verdura. Questo Spreco-tipo sembra un ottimo consumatore di prodotti freschi, di località vicine, è sensibile notevolmente ai temi di una sana alimentazione sostenibile, nonché più genericamente ai tempi ambientalisti. Lo stile di alimentazione è caratterizzato dalla voglia di cibi freschi (tanta frutta e tanta verdura comunque), ma il bilancio di tempo li porta invece a non poter approvvigionarsi nella piccola bottega di quartiere.
Al di sopra della media dei 7,06 euro di costo-spreco settimanale per famiglia si collocano 5 spreco-tipi: il “fanatico del cotto e mangiato”, il “cuoco esagerato”, “l’illuso del packaging”, “lo sperimentatore deluso” e “l’accumulatore ossessionato”. Si tratta di gruppi di italiani caratterizzati comunque un valore dello spreco che tocca punte di quasi 13 euro alla settimana (è il caso di dell’Accumulatore Ossessionato). Se ai 5 Spreco-tipi del box sopra si aggiunge la tipologia precedente “dei tifosi del fresh”, con uno spreco medio simile a quello globale, si raggiunge una percentuale della popolazione italiana ragguardevole, ossia il 54% circa. Si tratta di italiani che in generale mostrano un tenore di vita medio-alto, con declinazioni del tempo, dello stile di vita, delle propensioni valoriali differenti, ma che denotano un livello di capacità di reazione importante a eventuali azioni politiche di supporto alla riduzione degli sprechi.
Tecnologia della conservazione, consigli per approvvigionamento e consumo migliore, packaging intelligente, possono sicuramente muovere l’attenzione di questi segmenti poiché quelli più marginali della popolazione, come visto, sono già a livelli minimi di spreco.
Ma qui emerge la contraddizione di fondo: più elevata è la partecipazione a modalità attive e moderne di vita sociale e maggiore sembra “il rischio” di generare spreco. La relazione tra spreco medio e spesa media è infatti positiva: all’aumentare della spesa aumenta la quantità di spreco generato. Stessa cosa accade per il numero di componenti della famiglia, con un’intensità della relazione però più bassa. Fa aumentare lo spreco anche l’aumentare della quota degli acquisti di cibo pronto, consumato al bar e al ristorante. La relazione è negativa invece con l’età: più si invecchia meno si spreca. La relazione tra lo spreco pro-capite e la spesa per consumi (entrambe settimanali) rileva che a livelli di spesa pari a 100 euro corrisponde uno spreco pro-capite di poco più di 1,5 euro.
All’aumentare della spesa, aumenta lo spreco pro-capite, con un’elasticità via via crescente fino ad arrivare ad un punto di “saturazione”, corrispondente circa ai 350 euro di spesa media settimanale; oltre tale soglia lo spreco diventa costante e indipendente dall’incremento della spesa, ovvero verosimilmente del reddito. Ne deriva che una politica di redistribuzione del reddito potrebbe sostenere la riduzione dello spreco tra le fasce più abbienti, ma allo stesso tempo favorirne l’aumento tra le classi più povere che, con una maggiore disponibilità di reddito, potrebbero iniziare a “sprecare”, forse in quantità ridotte perché coscienti, attenti e praticanti da sempre la non-generazione dello spreco.
IDENTIKIT DELLO SPRECO E DEGLI “SPRECONI”
Nella fascia di coloro che dichiarano di sprecare molto, rispetto allo stile di vita troviamo una maggiore incidenza degli indicatori di un elevato stato di benessere: si tratta di coloro che vanno ai concerti, al cinema, a teatro e in palestra, sono sempre connessi ad internet e vanno in ferie almeno tre settimane all’anno. Rispetto ai comportamenti più direttamente legati al processo di acquisto e gestione del cibo si rovano coloro che hanno frigo e dispensa troppo forniti, non conoscono il significato corretto del “preferibilmente entro”, non si occupano personalmente di fare la spesa e di gestire le dispense di cibo, che acquistano prodotti non in stagione, che solo qualche volta preparano la lista della spesa e che approfittano delle offerte commerciali. La fascia ‘sprecona’ è composta con maggiore incidenza da maschi, cittadini di situazione economica medio-alta, giovani, studenti, con intolleranze al glutine o allergie, occupati professionalmente, del Sud, con titolo di studio elevato e residenti in un grande comune.
Viceversa per la fascia bassa della distribuzione della quantità sprecata di cibo, in cui troviamo soprattutto anziani, femmine, intervistati con coniuge in pensione, del Nord Est, in pensione, casalinghe, senza figli, con bassa scolarità. Gli intervistati di questa fascia non praticano sport, non vanno al cinema e a teatro, si connettono poco frequentemente ad internet, ascoltano poco la radio, vanno a messa tutte le domeniche , non leggono mai i quotidiani e fanno poche ferie.
Più strettamente connesso ai comportamenti domestici, si caratterizzano coloro che riutilizzano gli alimenti scaduti, dopo averli controllati, conoscono il significato delle diciture “entro” e “preferibilmente entro”, preparano sempre una lista della spesa, si occupano personalmente di gestire le scorte e di cucinare.
Nella fascia alta di coloro che sprecano emergono quelli che hanno difficoltà nella gestione della vita di tutti i giorni: è difficile la gestione dei figli (dalla mera gestione di quando sono piccoli a quella dei rapporti e nell’affrontare le loro difficoltà scolastiche quando sono più grandi). Un altro orientamento che emerge è quello dell’ottimismo, sia rispetto all’indirizzo della propria vita e alla situazione economica propria e del Paese e di fiducia nei giovani. E infine coloro dall’orientamento liberista: la cultura non deve ricevere finanziamenti pubblici, servizi migliori se scuola, sanità e trasporti fossero dati ai privati, intervento dello stato troppo forte, sì alla globalizzazione. In questa fascia, rispetto al tema spreco la percezione è che la quantità di cibo scartata sia aumentata negli ultimi due anni, ma che comunque il cibo buttato sia poco e che quindi non si tratti di un fenomeno preoccupante.
Fra coloro che generano quantità relativamente minori di spreco, rientra chi dichiara di non avere alcuna difficoltà nella gestione dei figli. L’orientamento politico è quello a favore del pubblico: un forte intervento dello stato può garantire un maggior impulso, bisogna investire nella cultura e non deve essere favorita una maggiore presenza della scuola privata. C’è un forte sentimento di orgoglio italiano: il fatto di essere italiano e’ un aspetto molto importante e relativamente al cibo, per far fronte alla crisi oggi e’ necessario comprare prodotti italiani. Emerge l’orientamento al pessimismo: rispetto alla ripresa economica e alla paura di perdere il posto di lavoro.
ITALIANI CONTRO LO SPRECO: I PROVVEDIMENTI AUSPICATI DAI CITTADINI
Se il Rapporto 2013 di Knowledge for EXPO / Waste Watcher ha evidenziato che la consapevolezza sulla questione spreco alimentare è certamente accresciuta nella percezione degli italiani, quali sono i provvedimenti auspicati dagli stessi cittadini per potenziare la sensibilizzazione sul tema e invertire il trend spreco nel Paese? Certamente si richiede, in generale, che sia data maggiore informazione su questo tema, in particolare sui danni all’ambiente e sull’impatto negativo dello spreco per l’economia nazionale. Anche l’istruzione nelle scuole è considerata importante.
Ma attenzione: ci sono provvedimenti che solo alcuni italiani considerano auspicabili o adottabili, come la realizzazione di confezioni di cibo più piccole e l’istituzione di tasse calibrate sullo spreco personale.
L’indicazione arriva da un gruppo di italiani propensi a mettere in prima piano la sostenibilità e la visione sul lungo periodo: si tratta di un 38% di intervistati che sconsiglia la predisposizione di confezioni di cibo più grandi e l’aumento del costo del cibo come deterrente allo spreco alimentare. Rilevante anche l’incidenza del 23% degli intervistati, raggruppati nella visione ‘Occhio all’ambiente e pochi rifiuti’: qui, al contrario, si auspica la predisposizione di confezioni più grandi e viene deprecata l’idea di un sistema di tassazione commisurato agli sprechi di ciascuno.



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