Era il 10 Luglio e mentre Roma veniva stretta dall’estate mentre gli eventi di Rock in Roma contrastavano il cicaleggio con gli Arctic Monkeys (le scimmie di Sheffield) mentre entrai all’interno dell’Ippodromo delle Capannelle con la mia automobile un tipo si avvicinò con in mano i biglietti del parcheggio per indicarmi il posto:
“Sei qui per il concerto di stasera o per quello di domani?
C’è qualcuno venuto con un giorno d’anticipo?
Certo.
Ma chi canta Dio?
No, Bruce Springsteen”.
Mentre mi dirigevo verso i parcheggi, vidi nella zona indicata per il concerto del Boss alcune roulotte, tende da campeggio ed in particolare mi soffermai su padre, madre, figlio (ventenne) e fidanzata mentre pensavo ai quattro giovani di Sheffield giunti al successo grazie ad un demo distribuito in internet mentre riflettevo sul record britannico di vendite di un album in una settimana surclassando i Beatles e la sua valenza mentre respiravo la polvere della strada adiacente i pini mediterranei mentre mi avviavo a ricevere i biglietti offerti da “Radio Deejay” mentre entravo assieme a teenager e adolescenti imbevuti di profumi fruttati fino alla nausea mentre mi saltavano in testa diciottenni inglesi che correvano verso il palco ad ascoltare i “Vaccines” mentre ascoltavo indie rock, bevevo birra fresca e mangiavo un hot-dog mentre scendeva dal palco la band di Londra e salivano le scimmie britanniche mentre vedevo uno show di livello mondiale e capivo le differenze con i nostri giovani mentre ritornavo verso la macchina e compravo la solita maglietta “scalpo” del concerto vissuto mentre giovani ragazze poco vestite mi regalavano una bottiglietta di Chinotto mentre arrivai al parcheggio sentii in lontananza la voce inconfondibile del Boss provenire da una roulotte, volevo fermarmi con loro e parlare tutta la notte dei testi delle canzoni di Springsteen, “Secondo voi il brano Candy’s Room racconta di un amore vero o è una proiezione cantautorale? E in Human Touch non vi sembra esserci un’atmosfera simile? In quale brano/storia del Boss vorreste vivere? Ed in quale state vivendo?” mentre una nottata di racconti scorreva fino all’alba per addormentarsi sotto le stelle come nei migliori racconti della letteratura americana sognando un modo per capovolgere il mondo mi ricordai che il giorno dopo avrei avuto un impegno di lavoro improrogabile e non avrei potuto vedere Springsteen.
Nella vita reale come dice il Boss nelle sue canzoni: ci sono dei lavori da svolgere, una famiglia che aspetta a casa e giorni di gloria alle spalle che ci auguriamo di ripetere in futuro.
“Dicono che viaggi più veloce chi viaggia da solo ma stanotte mi manca la mia ragazza, signore, stanotte mi manca la mia casa.” (da Valentine’s day)
Non potevo assistere al concerto e ne ero quasi affranto che tredici giorni dopo assistetti al documentario: Springsteen and I. Eravamo in tre: io e due amici musicisti conoscitori di musica e rarità degni di scrivere in una grande rivista rock’n'roll. Il documentario inizia con il video di una famiglia americana che mostra i cimeli del Boss, un video da rimanerci secco ed uscire dalla sala. Volevo le interviste a Springsteen ed alla sua band e non questo tipo di racconto: immagini di videocamere professionali o istallate su cellulari, computer etc con semplici persone che dicono tre aggettivi per descrivere il Boss. Poi però con lo scorrere delle immagini e delle parole narrate qualcosa ti cattura come un uomo che si riprende con il cellulare e piange, solo, nella sua macchina oppure la testimonianza della tipa che è salita sul palco ed ha ballato col Boss in “Dancing in the dark”. Persone normali come me ed i miei amici e per questo speciali, i loro racconti, le loro storie sono tutte negli album di un cantante che è una religione ed il suo bagaglio musicale come la “Bibbia” può ritornare utile per piangere, ridere, ballare, nascere, morire e resuscitare.
Questo è “Springsteen & I” e vi consiglio di guardarlo e registrarlo su Sky Arte ad Ottobre.
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