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Spunti di vita 2

Creato il 02 aprile 2014 da Marvigar4

Spunti di vita

MARCO VIGNOLO GARGINI
SPUNTI DI VITA

   « O santi numi! Professore, mi risponda! Che cosa le hanno fatto? Bastardi, porci! Prendersela con un uomo anziano e debole che non può difendersi… Ecco, si sta riprendendo… Professore! »

Agostino aveva trovato la porta di casa socchiusa e una volta entrato gli si presentò subito lo spettacolo raccapricciante del vaso per terra, del sangue che colava sulla fronte del professore, caduto addosso a un tavolino, ormai ridotto in mille pezzi dalla sua massa corpulenta in picchiata. Tra le tante esclamazioni improvvise ci fu una frase di Agostino proprio assurda: « Nooo! Quel vaso cosĂŹ bello e prezioso! ». Prezioso era prezioso, ma dal punto di vista affettivo. Stanos Vanatis lo aveva ricevuto appena laureato dalla zia Raphaella, la sorella della sua povera madre, morta quando lui aveva sette anni. Un vaso che ritraeva, alla maniera degli atleti vincitori delle Olimpiadi care a Zeus, un giovane di belle fattezze discinto come uno sportivo del III° secolo a. C., nell’atto di venire premiato con il lauro da un personaggio barbuto, che sarebbe stato il rettore dell’Università trasfigurato in un membro dell’Aeropago. Una pacchiana imitazione degli esemplari originali custoditi nei musei. Però Vanatis andava pazzo per quel coccio e nessuno avrebbe mai potuto fargli cambiare idea sul reale valore estetico del regalo di thià Raphaella.

Agostino, il fedele aiutante, il segretario, il factotum del professore chiamò tutti, dall’ambulanza alla polizia fino al medico del pronto soccorso, contravvenendo agli ordini tassativi del vecchio intellettuale di non fare più di due telefonate al giorno. Nel frattempo, tamburellando con le dita sul bracciolo della poltrona, Agostino osservava angosciato il disastro generale in cui versava il salotto, poi si fissava sulla fasciatura abborracciata che lui stesso aveva praticato intorno al capo di Vanatis… Infine si mise a parlare da solo per tranquillizzarsi un po’: « Non hanno portato via niente, nemmeno i soldi della sua pensione che lei tiene nascosti nel cassetto del comodino. Perché non dà retta a me? Fa un conto corrente, deposita la somma e se ne ha bisogno preleva una parte o tutto usando una carta di credito… Ăˆ semplice, non è vero? Non mi lasci, professore, non mi lasci, io… io mi sentirei male senza di lei, senza i suoi rimproveri, le sue liste di cose da comprare, le sue piccole manie… E la polvere sui libri che non vorrebbe togliere? Guardi che un conto è la polvere depositata sulle bottiglie nelle cantine, una coltre che assicura un gradevole e corretto invecchiamento del vino, mentre un altro è lo sporco che danneggia le copertine, le pagine, tutto quanto, anzi con l’aggravante che lei fuma come un turco e la carta bianca delle sue belle edizioni si ingiallisce, e non parlo delle macchioline che picchiettano le pagine qua e là, semmai quello è l’effetto dell’umidità che… Non mi abbandoni, la prego! Non saprei di chi occuparmi adesso… Io mi sono sempre occupato di lei, sĂŹ, di lei che mi ha raccolto dalla strada e mi ha sfamato, mi ha istruito, mi ha fatto star qui in cambio di una compagnia che a lei mancava… Cosa sarei stato se non ci fosse stato lei? Non le esce più sangue dalla ferita, sa? Se ne andrà all’ospedale per vedere se ci sono traumi, fratture, roba del genere… Con una T.A.C. si accerterà la situazione generale del suo stato… Ma perché le hanno spaccato quel vaso in testa? Come mai? »

«Aaaaah… Mu ponài ! »

« Cosa? Sia ringraziato il cielo, è ancora vivo! Che ha detto? Non parli in greco, per favore, non la capisco… »

« Agostino, sei tu? La mia povera testa! Mu ponài‌ mi fa male, mi fa male da morire… Che è successo? »

Riconobbe Agostino ma non riuscĂŹ a ricordare chi lo aveva colpito con il vaso. Non furono capaci di farlo risalire alle circostanze esatte dell’incidente: Vanatis era troppo vago nelle spiegazioni, quasi reticente… Agostino invece non si dava pace per l’accaduto, si sentiva in colpa dal momento che era stato assente per un futile motivo, l’acquisto di una scatola di biscotti.

« Qualcuno, professore, è entrato in casa e lei lo ha fatto entrare, se no come si spiega che la serratura della porta non è stata forzata e nessuna finestra ha i vetri rotti? Possibile? Non ha nemmeno un piccolo barlume di memoria che la porti a ricostruire i fatti e ci aiuti nelle indagini? Su, si sforzi un poco! »

« Inutile, non mi viene in mente nulla… Io stavo leggendo un trattato su Hobbes, probabilmente mi hanno… »

« Mi hanno? Allora era più di uno? »

« Non lo so! Quante volte te lo devo ripetere, Agostino, che non ricordo, che tutto è cosĂŹ oscuro… Piuttosto, dove mi trovo? Non sono a casa? »

« Ăˆ all’ospedale. »

« All’ospedale? »

« SĂŹ. Ho chiamato immediatamente l’ambulanza ed abbiamo atteso dieci, quindici minuti, forse mezz’ora. Poi siamo giunti qui, però prima siamo passati… »

« Posso bere un bicchiere d’acqua? Mi sento la gola secca. »

« Vado a sentire. Ci sarà un infermiere che mi potrà dire se le è permesso di bere. »

Nella stanzina adibita agli operatori ospedalieri c’erano due infermiere, in completo relax: la cinquantenne adiposa Alba e la giovane Doris, quest’ultima intenta a terminare un complicatissimo cruciverba.

« Il nome della dama amata da Don Chisciotte. Otto lettere. »

« Non lo chiedere a me, tesoro. Io non vado mai al cinema. Non ne so nulla di Don Chisciotte e di quella donna… »

« Dulcinea. »

« Come? »

« Dulcinea. La donna amata da Don Chisciotte si chiamava Dulcinea… »

« Grazie. E sono giusto otto lettere! Ma, scusi, lei da dove viene? Ha bisogno di qualcosa? »

« Sono la persona che ha accompagnato il professor Vanatis, ho l’autorizzazione a stare qui con lui. Sa il caso di quel signore che ha avuto un aggressione ed è stato ricoverato con un trauma cranico? »

« Ho capito chi è. Tutto bene, spero. »

« Sta soltanto morendo dalla sete, poverino. Vorrebbe un bicchiere d’acqua… Ăˆ a conoscenza di particolari disposizioni nei suoi confronti? Cioè, può bere? »

« Credo di sĂŹ, almeno. Nessuno ci ha detto niente in proposito. Tu, Alba, hai sentito il dottor Listri, o hai visto un pro memoria scritto che riguarda il professor Vanatis? »

« Non mi risulta. Ma glielo dia pure il suo bicchiere d’acqua, non lo faccia crepare di sete dopo tutto quello che ha passato! »

« Aspetta, Alba. Lo faccia bere a piccoli sorsi, non un bicchiere intero mandato giù di colpo. E’ meglio essere cauti. »

« Va bene. Vi ringrazio molto. Se avessi bisogno di voi mi farò vivo con il campanello. Scusatemi ancora del disturbo. Arrivederci. »

Con un altro sentimento Doris tornò al suo cruciverba, annoiatissima all’idea di dover rimanere un’infermiera che, in mancanza di meglio, curava i malati in un ospedale statale. Magari si fosse impiegata in una clinica privata, diretta da un luminare, anche lo stipendio sarebbe cresciuto sostanzialmente… Non le occorreva ripetere giorno dopo giorno il ritornello, però la mattina appena alzata era il momento più brutto per realizzare questo fallimento della sua carriera: Doris era nata per dedicarsi ad altre attività, un’anima poetica caduta in mezzo alle brutali necessità di sussistenza che una realtà avara le aveva imposto. Terza di sette figli, un padre netturbino e alcolista, sposatosi giovanissimo con una sartina che sognava di aprire un negozietto da modista assieme alla sorella. Più che una famiglia un concentrato di miseria umana raccolto in una casa.

Doris passava in rassegna le fasi della sua esistenza, per esempio la mancata iscrizione all’Università, oppure l’abbattimento profondo che la colse dopo la rottura con il suo grande e unico amore.

Agostino, entrato all’improvviso in quella stanzetta, con la sua faccina pulita, le aveva comunicato un’intensa sensazione di nostalgia per gli anni passati inseguendo le chimere, baloccandosi dietro un visino di giovane studente, o una maschera virile e rassicurante di lavoratore.

La giovinezza della persona che chiedeva con spirito filiale, con fare tenero, se somministrare dell’acqua al professor Vanatis, e la sua figura sottile, il suo incedere timido, il timbro di voce pacato, tutto questo spiazzò Doris e la gettò in uno stato di profonda inquietudine.



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