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Spunti di vita 4

Creato il 06 aprile 2014 da Marvigar4

Spunti di vita

MARCO VIGNOLO GARGINI

SPUNTI DI VITA

   « Come se la passa il nostro cavaliere della notte ? »

« Adriana! Sai che stavo per chiamarti e… non mi credi, eh? È vero, fai bene a non credermi. A te non la si fa così facilmente! »

« Bravo Gustavino! Ricorda che io conosco fin troppo bene i tuoi piccoli tentativi di raccontare le balle, li riconosco dal tono della voce. Un’attrice capta l’atmosfera, è allenata a sentire le minime variazioni del suo interlocutore, ma non deve ascoltarsi, cioè non deve innamorarsi della propria voce… »

« Ora non mi farai una lezione d’arte recitativa! Dimmi piuttosto a che devo la tua telefonata. »

« Stasera non sono a teatro… le repliche sono finite ieri… e io mi sento così sola, così languida, così desiderosa d’affetto… Scommetto che hai già indovinato cos’è che vorrei fare stasera con te, qui a casa mia… »

« Vuoi scopare? »

« Che volgare! Oddio, l’intento resta sempre lo stesso, però non trovi che sarebbe meglio esprimerlo con un po’ più di garbo? Sei ancora un bambino porcellino che si diverte a dire le parolacce per sentirsi grande. »

Non dispiaceva all’attrice sentire le parolacce, non le dispiaceva affatto, anche se per organizzare quella serata avrebbe gradito ascoltare espressioni un po’ più romantiche… I registi non le davano mai dei ruoli importanti negli spettacoli: Adriana Rousseau era fatua nella vita e sulla scena, quindi meno la caricavi di responsabilità meglio contribuiva alla buona riuscita della piêce. Lei soffriva perennemente al ricordo della sua grande occasione sprecata, la mancata tournée con il Living Theatre, che la scartò dopo una rappresentazione piuttosto mediocre.

Alla sua discreta base tecnica, sapeva modulare la voce, non corrispondeva un’adeguata mimica facciale, una gestualità sciolta e, in primo luogo, un’energia animale indispensabile per sedurre il pubblico: Adriana Rousseau era un calorifero con delle bolle d’aria nei tubi, e per questo non si scaldava e non scaldava.

Con Gustavo Furia aveva un rapporto blando, occasionale, quando capitava, così come tutto ciò che piace in un determinato momento ma non può costituire la regola. Erano amanti menati dalla noia su di un letto e, elemento da non trascurare, privati di vincoli d’ogni tipo: i loro amplessi si sarebbero potuti paragonare a quelle docce che si fanno in seguito a un’estenuante prestazione sportiva. Adriana e Gustavo si lasciavano andare, dimenticandosi le squallide mascherate delle loro rispettive esistenze. Lui concedeva delle posizioni altrimenti impensabili; lei assumeva un ruolo molto attivo tenendo il ritmo della prestazione. Nell’unione carnale rinunciavano entrambi ai propri pregiudizi per abbandonarsi completamente.

In attesa dell’arrivo di Gustavo Adriana guardò la televisione con la mente rivolta alle ultime deludenti repliche teatrali. Il giornale sul tavolino davanti la poltrona era sulla pagina delle cronache interne, l’articolo in primo piano titolava:

IL SERIAL KILLER DELLA SETTA D’ISPIRAZIONE ZEN ‘ TAGAHASHI ’ ADESSO POTREBBE AVERE UN VOLTO

L’unica versione degli inquirenti, per spiegare il furore omicida che finora ha fatto quindici vittime tra gli adepti di ‘Tagahashi’, fa riferimento alla tecnica usata in tutte le esecuzioni e da essa risale alla possibile identità dell’assassino, anch’egli, secondo le ricostruzioni, appartenente o ex appartenente alla prima setta Zen ufficialmente riconosciuta in Italia… ”.

Due cose tennero desta l’attenzione di Adriana, una volta letto l’intero articolo: il giornalista non scriveva come un comune reporter, e il volto del killer poteva essere quello di un suo amico, un personaggio assai singolare, scomparso da tempo e proprio, da notare la coincidenza, mentre i fatti di cronaca nera dei delitti Zen occupavano le pagine di tutti i giornali. Delle due una: il giornalista aveva uno stile di scrittura originale, abile a tradurre la cruda notizia in avvenimento quanto mai romanzesco. Adriana amava la prosa degli scrittori e si annoiava ben presto alla lettura dei quotidiani, zeppi di articoli vuoti e senza il nerbo letterario degno dei grandi romanzi. E poi che confusione: il miracolo della statua di un santo in un paesino della Basilicata si accoppiava alla crisi dei manufatti coreani, o al divorzio clamoroso di un cantante pop!

« Enzo Caridi è sprecato per la stampa. In certi tratti lui mi ricorda addirittura Poe, specie quando infiorettava i racconti, li allungava fino allo spasimo perché veniva pagato in base alla lunghezza dei suoi scritti. Finalmente un semplice elenco di delitti che qualcuno sa riversare in un articolo artistico, lontano parente degli sciatti resoconti di molti redattori. Uhm… Che strano però… Mi sembra assai strano che Delfo sia svanito nel nulla da tre mesi a questa parte… Non fu lui a insistere perché andassi ad assistere agli incontri del gruppo “Tagahashi” ? Per due settimane mi martellò con la nozione dello spazio da reiventare, della vacuità di sé e roba simile. Poi il silenzio, la vacuità di lui ! Intanto è venuta alla luce quella storia delle morti misteriose… Possibile che lui sia coinvolto? Quasi, quasi lo chiamo, tanto per levarmi una curiosità. Non escludo che abbia davvero tagliato la corda. »

Non aveva per niente tagliato la corda, diciamo che la sua vena orientaleggiante si era allentata gradualmente in modo naturale. Delfo adesso dedicava la reinvenzione del suo spazio a una ragazza inglese conosciuta poche settimane prima. Aveva perso la testa per lei e era ricambiato.

« Ti devo delle scuse, Adriana, per come ti ho torturato con le storie Zen. Sul serio, sono dispiaciuto. Ho avuto perfino paura d’essermi giocato la tua amicizia. »

« È per questo che sei svanito nel nulla? Avevi paura d’avermi rotto le scatole… »

« … Anche per questo. »

« Non mi dire che c’è dell’altro? Su, racconta! »

« Niente di eccezionale. Esco con una ragazza, sai… mi ci trovo molto bene… la cosa funziona e… non mi dilungo se no potrei annoiarti con i discorsi tipici dell’innamorato che vede la sua bella in ogni dove, ne carezza l’immagine, il ricordo… »

« Non vergognarti dei tuoi sentimenti, Delfo. Non fare come gli uomini orgogliosi del machismo che sbandierano e dietro il quale si nascondono, pigri da generazioni e generazioni, cresciuti con l’idea che il maschio debba avere la servetta ai suoi piedi al solo schiocco di dita… »

« Adriana, ti devo interrompere. Scusa, ma è più forte di me. Allora, me lo vuoi dire perché ti vedi con quel bellimbusto di Gustavo Furia? »

« Non sono particolarmente legata a lui. Lo ammetto: mi piace fare all’amore con Gustavo, anzi ci vediamo esclusivamente per concludere la serata a letto, senza tanti problemi. Lo so che lui è un primitivo, però sotto le coperte, almeno con me, riesce a comunicarmi un non so che… I patti sono chiari e infatti la mia amicizia con Gustavo dura da dieci anni circa, tra un letto e l’altro. Già che ci sono ti dico anche un’altra cosa: io non credo ai grandi amori. Hai presente gli amori travagliati, pieni di impedimenti, ma intensi e assoluti? Non ci credo! Sai quel che m’è capitato tutte le volte nella mia vita? Quando l’appassionato, loquace innamorato mi si è inginocchiato promettendo l’amore con la A maiuscola, beh, tu scusa la mia rozzezza, a letto non è mai successo praticamente niente. Tanto fumo ma nessuna traccia dell’arrosto. Non escludo che la potenza dell’eloquio fosse tutta la potenza in dotazione… »

« Sei una vampira, cara Adriana. Del resto noi due abbiamo affrontato l’argomento all’epoca del mio squarcio Zen. »

« Eri un fanatico, pronto a mettere la mano sul fuoco… »

« Mi ero appassionato! Che male c’è? Non mi vergogno. La convinzione di allora mi è rimasta. Tu avrai degli orgasmi con Gustavo Furia perché di Gustavo Furia non te ne importa un fico secco, comunque tu non sarai mai l’orgasmo se continui a mancarti di rispetto come stai facendo… Io sarò anche esagerato, porterò all’estremo le mie esperienze, però coincido con ciò che provo e nessuno mi allontanerà da questa mia dimensione. »

« Sono estasiata! Una tirata del genere non si ascolta nemmeno a teatro, e io di queste cose me ne intendo… Continuo a sostenere la mia modestissima tesi, secondo la quale io sarei una donna volubile, incapace di amare, quindi disincantata, dunque disincagliata dalle secche della retorica sdolcinata dei post-romantici. Tu sei pazzo, Delfo, pazzo da legare se ti incaponisci alla ricerca della verità. La verità in amore poi ! »

« Non sei incapace di amare, sei soltanto terrorizzata dall’idea che un bel giorno potresti scioglierti come neve al sole. Mi hai rimesso in mente una mia vecchia storia, durata pochissimo, con una donna… La vuoi ascoltare?»

«Ti ascolto…»



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