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Spunti di vita 9

Creato il 21 aprile 2014 da Marvigar4

Spunti di vita

MARCO VIGNOLO GARGINI

SPUNTI DI VITA

I quarantacinque minuti della lezione erano trascorsi.

Alfonso Cardenotti, da Trapani, si alzò dalla sua comoda poltrona di docente universitario, aveva appena concluso di parlare dell’amore-odio di Soufrage per la musica, e un rigurgito di tedio lo stordì, nemmeno fosse il giramento di testa dopo aver bevuto una dose robusta di alcool che in partenza si sapeva non provvidenziale. Tutto lo schifo dei suoi cinquantasette anni si presentò sugli attenti e lo sfotteva, lui, il professore dall’aurea fama, il girovago intellettuale, la prostituta culturale. Avrebbe desiderato avere almeno la restituzione della propria scorza floscia, come quella di Michelangelo nel Giudizio Universale della Cappella Sistina, se la sarebbe portata a casa e appesa su di un muro per ammirare quanto era stata inutile la sua saggezza.

“La carne è triste, ahimè! E ho letto tutti i libri”.

Alfonso Cardenotti non era blasé quanto alcuni Mallarmé, questo verso nella sua mente riacquisiva il sito appropriato, senza eventuali languori inumiditi da stucchevoli lacrimucce e pose da gigione.

Nostalgia impossibile quella di Cardenotti, perché la carne lo aveva richiamato poco durante la giovinezza: all’epoca c’era da studiare, analizzare, compendiare, estrinsecare, non esisteva lo spazio da dedicare ai sensi e agli istinti più immediati. Che ne sapeva lui del profumo giovanile di certe zone dei corpi, del tepore, dei brividi che corrono lungo la schiena e ti fanno gettare il capo indietro per il godimento del contatto fisico? Queste esperienze le aveva fatte molto più tardi, ma non vi partecipò mai staccando completamente la spina: s’imponeva sempre di essere vigile di fronte alle cose, come in un laboratorio dove si sta mettendo a punto una sostanza con un’attenzione macchinale. Aveva perduto l’abbandono sensuale, non era arrivato a conoscerlo, purtroppo. Gli mancava la caduta degli esseri mortali, dei peccatori lussuriosi, il volgare arrapamento.

All’improvviso, si fa per dire, gli mancò tutto. E il tempo era a suo sfavore. La poltrona vuota, abbandonata al termine della lezione, gli comunicò che doveva rimediare, se possibile…

Nell’aula che si stava svuotando ci doveva essere una studentessa particolarmente affascinata dai temi, dall’eloquio, e dall’ensemble fisico e intellettuale di Cardenotti. era ancora lì la studentessa, riassettava gli appunti presi con precisione in ogni minimo dettaglio, attenti anche al più flebile cambiamento di tono del docente. Si sentì osservata, sperò di essere osservata e collegava questa impressione all’idea di un interesse nei suoi confronti del professor Cardenotti. Non era la prima volta che se ne restava seduta a far finta di sistemare ciò che nasceva sistemato, a fine lezione, quando le sembrava di poter assistere alla apparizione della vera immagine del suo idolo, chiusasi la rappresentazione ex cathedra.

Anche lei osservava, osservava il fazzoletto che dalla tasca finiva sulla fronte per asciugare il sudore, e come ci finiva; osservava la pila dei libri raccolta con cura che raggiungeva l’interno della valigetta per coricarsi temporaneamente e ripararsi dagli affronti del tempo; osservava altri oggetti radunati e la giacca sulla sedia recuperata con eleganza… Osservava il professor Cardenotti come un uomo che si muoveva normalmente mantenendo però la differenza di statura culturale tra sé e il resto della stanza.

Lui la guardava solo ora. Lei rispondeva timida con un sorriso riverente. Gli piacque la scena: era la famosa “promessa di felicità” di stendhaliana memoria, era la bellezza finalmente!

Il quadernone degli appunti della ragazza lasciò scappare alcuni fogli, atterrati a poca distanza dal professore. Lui corse a prenderli.

« Sono suoi. Le sono caduti… »

« Sì… La ringrazio tantissimo… È molto gentile da parte sua. »

« Ma, un momento… Perdoni la mia curiosità, signorina. Questi non sono appunti di una lezione, vero? »

« … no, infatti. Sarebbero delle sciocchezze che ho scritto così per divertimento. Niente di eccezionale. Le avevo portate stamattina con l’intenzione di farle leggere a una mia amica… »

« Non le dispiace se ci do una occhiata? O sono troppo personali per la lettura vorace di un critico letterario spietato come me? »

« Ma… Il suo parere… Sarebbe straordinario avere una sua critica. Però temo di deluderla, professore… »

« E perché mai? Sono sufficientemente vaccinato anche contro le aspettative deluse! Di solito vengo disingannato dagli autori affermati, quelli per intenderci che in concomitanza del loro successo commerciale hanno, caso misterioso, perduto l’arte della composizione. I nuovi scrittori sono ancora genuini, non corrotti, perché vanno in cerca di uno stile e, forse, ce l’hanno già senza accorgersene… La prego, non abbia timori e pudori. Potrei scoprire un nuovo talento, no? »

« Lei, professore, mi sta facendo arrossire. Non penso d’aver scritto un capolavoro, la avverto. E’ un’imitazione presuntuosa dell’ultimo capitolo dell’Ulisse di Joyce… »

« Addirittura! Io intanto la leggo, poi vedremo… Mica la sto trattenendo? Deve andare altrove? Può aspettare che abbia finito di leggere o ha un’altra lezione dopo la mia? »

« No, no. Oggi ero venuta solo per la sua lezione… »



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