Dalla negazione politica di un processo economico inevitabile, alla comunicazione ossessiva di uno stato di precarietà e di insicurezza, in cui ogni diritto di cittadinanza rischia di essere sminuito: questa potrebbe essere la sintesi di un periodo storico della politica italiana che sta deteriorando l’armonia sociale degli italiani….
La crisi economico finanziaria, tuttavia, non è un evento di per sé negativo, considerando, in particolare, le falle di un modello di sviluppo economico sociale che è sì in evoluzione, ma che è caratterizzato da elementi di contrasto e disagio sociale e di limiti di accesso dei più a percorsi di crescita personale.
La mancanza di progressione del singolo nella scala sociale e i continui muri, od ostacoli, di accesso al mercato del lavoro, ma anche all’istruzione e alla libera iniziativa imprenditoriale o professionale sono gli elementi principali di fallimento di un vecchio e “peculiare” modello di sviluppo nazionale.
La crisi, pertanto, se guidata attraverso opportune politiche pubbliche, economiche e sociali, potrebbe essere foriera di nuove opportunità che nascono dai vuoti creati dal modello dominante precedente.
Perchè ciò avvenga è necessario che l’attenzione si sposti dal tecnicismo freddo del sapere specialistico e dal vuoto affermare di principi astratti che non si traducono in “politics” della politica, al “caos creativo” di un dibattito politico prolifico di idee nuove e di nuovi percorsi.
L’economia sociale, intesa come modello di sviluppo economico capace di produrre benessere sociale, con forte attenzione a fenomeni redistributivi e di inclusione è, a tutti gli effetti, lo strumento naturale per l’attuazione di un nuovo Rinascimento.
L’economia sociale, nell’era del capitalismo imperante, ha vissuto ai margini. E’ stata interpretata come un fenomeno secondario e, spesso, ha vissuto attraverso forme di sostegno che l’hanno allontanata dal mercato. Paradossalmente, negli anni passati, il termine sociale rimandava concettualmente ad “aiuto”. Dove quest’ultimo era bidirezionale. Qualcuno aiutava chi si trovava in condizioni di svantaggio e lo Stato, attraverso le istituzioni, aiutava gli “operatori del sociale” a fare “il sociale”.
Solo recentemente gli operatori del settore sono stati spinti e motivati a produrre processi di riorganizzazione, che pongono le basi per la definizione di “nuove economie sociali”. Inoltre, la crescente esclusione dal mercato del lavoro che falcidia giovani e meno giovani potrebbe essere paradossalmente riassorbita attraverso attività di divulgazione che, come seme, riesce ad attecchire in nuova imprenditorialità e in nuove figure professionali.
Storicamente, il Rinascimento, per definizione, è un’età di cambiamento che maturò un nuovo modo di concepire il mondo e l’uomo, sviluppando le idee di umanesimo, dalla letteratura fino ad influenzare anche le arti figurative.
Nessun cambiamento sociale è mai avvenuto nella storia senza un salto di paradigma culturale. Così come nessun cambiamento economico è plausibile se gli attori economici (siano essi consumatori o imprenditori) non sono nella possiblità di sperimentare nuove relazioni economiche, che necessitano di nuove strutture sociali. Il percorso dell’evoluzione sociale non può prescindere dalla sua essenza naturale legata al cambiamento dell’uomo che si manifesta prima nella dimensione culturale, poi strutturale sociale e solo successivamente impatta nei comportamenti economici, che determinano, a loro volta, nuovi sistemi economici.
Un nuovo neoumanesimo s’impone ed è per questo che comprenderne la portata nelle sue diverse e molteplici forme di espressione, compresa quella economica, è di primaria importanza.
Oggi se ne parla… ma necessità di forma politica.