Spurs campioni NBA: le pagelle delle Finals

Creato il 17 giugno 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

Il gruppo di coach Popovich ha avuto la meglio sulle stelle a disposizione di coach Spoelstra e i San Antonio Spurs hanno vinto il titolo NBA 2014, impedendo ai Miami Heat di firmare il Three-Peat dopo i successi 2012 e 2013. I neroargento hanno potuto contare su un grande Kawhi Leonard, votato MVP delle Finals, sui Big Three Duncan-Ginobili-Parker, e su un gruppo di gregari capitanati da Boris Diaw e che comprendeva anche Marco Belinelli, che ha avuto un impatto devastante sulla serie. Agli Heat non è bastato un monumentale LeBron James, troppo solo, abbandonato da un Bosh accettabile sono nelle prime due gare e da un Wade davvero sottotono, senza contare l’impatto nullo dei vari Chalmers, Battier e Cole.

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Le pagelle delle NBA Finals

SAN ANTONIO SPURS

Gregg Popovich – 10. Da quasi un ventennio ai San Antonio Spurs, l’ex agente della CIA è colui che incarna la filosofia della franchigia e a distanza di 15 anni dal primo titolo, ha saputo tenere sempre ad alto livello la squadra, costruita attorno a Tim Duncan e poi a Parker e Ginobili. Diaw, Mills, Green e Belinelli sono scelte azzeccate ma il lavoro che c’è dietro è unico. Un genio, aldilà dei siparietti con Doris Burke.

Kawhi Leonard – 9. Il divo del muto di casa Spurs ha fatto un altro salto di qualità e ha rivoltato la serie nelle due gare di Miami. L’ex stella di San Diego State, dopo i 18 punti con 4 rimbalzi totali delle prime due partite, ha innescato la quinta e non ce n’è stato più per nessuno: 29 in gara 3, 20+14+3 stoppate in gara 4 e 22+10 in gara 5 (61% dal campo e 58% da tre nella serie). MVP delle Finals e futuro della franchigia.

Tim Duncan – 8,5. A 38 anni il nuotatore caraibico ha dimostrato di essere ancora in grado di dominare una serie su due lati del campo, in difesa soprattutto, meritandosi anche gli elogi di LeBron James. Con Popovich rappresenta la dinastia neroargento: 5 anelli in 15 anni. E’ la reincarnazione di Bill Russell.

Manu Ginobili – 8. Quello con più voglia di rivincita di tutti perchè era il primo a sapere di non aver giocato al suo meglio nel 2013, anzi. In queste Finals è stato semplicemente la differenza, l’uomo in grado di entrare dalla panchina e spaccare tutto con le triple, gli assist e le zingarate nell’area avversaria. 16 e 11 assist in gara 1, 19 punti in gara 5: c’è la firma del Contusion sul titolo Spurs.

Boris Diaw – 7,5. Capitain Babac è stato determinante pur non andando mai in doppia cifra per punti! Coach Pop lo ha messo in quintetto da gara 3 e la serie è girata perchè con lui la circolazione di San Antonio, già discreta, è diventata un rebus irrisolvibile per Miami. Chapeau Boris.

Tony Parker – 7. A causa di qualche problema fisico che lo ha limitato, non è stato il solito imprendibile Parker ma nonostante tutto la sua leadership è stata determinante e più di una volta Popovich lo ha rincuorato e gli ha fatto sentire quanto sia importante. Super nelle prime due gare (19+8 assist e 21+7), sufficiente nelle successive tre. Ha coronato il sogno di vincere con la Francia e con gli Spurs insieme all’amico fraterno Diaw.

Patty Mills – 7. L’australiano è la scommessa vinta dagli Spurs, l’emblema del ‘players development’ di Popovich. L’aborigeno Mills si è disciplinato, si è inserito nel sistema ed è diventato un’arma letale dalla panchina: ha chiuso col 56% da tre, 14 punti in gara 4 e 17 in gara 5. Una presenza demoniaca.

Marco Belinelli – 6,5. Ha chiuso la stagione delle sue prime volte cestistiche coronando il sogno di diventare campione NBA. Nelle Finals ha avuto meno spazio ma con la fiducia di Pop e del gruppo sempre presente, si è fatto sempre trovare pronto, concentrato, aggressivo e si è meritato l’anello. 9 fantastici punti in gara 1, la tripla che ha ricacciato indietro Miami in gara 3, solido in tutta la serie. UnBELIevable.

MIAMI HEAT

LeBron James – 8,5. Ora si tornerà a parlare del LeBron perdente e via dicendo ma nonostante la sconfitta per 4-1 e una gara 3 in cui ha steccato aldilà delle 7 palle perse, James è stato il motivo per cui gli Heat non hanno perso 4-0 con 20 punti di scarto ogni sera. I crampi lo hanno fermato in gara 1 (forse l’avrebbe vinta…), in gara 2 è stato super (35 e 10 rimbalzi): da lì in avanti è stato lasciato solo e lui ha sempre risposto da campione, cercando sempre di coinvolgere i compagni e tenere tutti uniti. Un campione unico e assoluto, altro che perdente.

Chris Bosh – 6,5. Cifre alla mano, 14 punti e 5 rimbalzi col 55% dal campo e il 39% da tre, si può dire che CB si è salvato, è stato fondamentale con i suoi canestri nella vittoria in gara 2 ma non è mai riuscito, soprattutto da gara 3 in avanti, ad essere incisivo contro la difesa degli Spurs e a far sentire la sua presenza sotto il proprio canestro.

Dwyane Wade – 5. Queste Finals hanno detto che la carriera di Flash è ormai al capolinea. Ha faticato in tutte le gare, la sua condizione atletica e fisica era sotto gli standard, la difesa degli Spurs lo ha sempre respinto con perdite e dopo il ko di gara 3, la migliore per lui con 22 punti, ha dato l’impressione di essere rassegnato alla sconfitta.

Mario Chalmers – 4. Se nei titoli 2012 e 2013 era stato importante, perchè trovava almeno una o due gare in cui le sue giocate e le sue triple facevano la differenza, in queste Finals non solo è stato nullo, ma pure dannoso per gli Heat col suo atteggiamento negativo e insolente. Ha viaggiato a 4 punti di media con 1 su 7 da tre nella serie.


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