sputerò sulla tua tomba...

Creato il 24 marzo 2011 da Omar
Una scrittrice discretamente gnocca (Sarah Butler) raggiunge una baita isolata nel profondo sud statunitense per mettersi a scrivere il suo bravo romanzetto in santa pace. Le cade subito il telefonino nel water ma chissène, il posto è meraviglioso e la giovane, finalmente affrancata dallo stress della metropoli, ha bisogno solo di quiete e un po' di vino per partorire il suo capolavoro. Poi una notte un quartetto di rednecks autoctoni compare a darle il benvenuto, e per la scrittrice le ore liete saranno solo un ricordo. I Spit on your Grave è il (furbo) remake del 2010 della pellicola omonima del 1978 (da noi conosciuta come Non violentate Jennifer). Il regista Steven R. Monroe si accosta a uno dei capisaldi del genere rape and revenge con l'atteggiamento giusto: ammodernandolo secondo i canoni contemporanei ma rispettandone pedissequamente l'assunto teorico - ammesso che si volesse ovviamente intravederne uno nel film originale di Meir Zarchi: stiamo parlando di un filmaccio brutale e crudo al limite del pornografico, di chiaro stampo derivativo (impossibile non leggervi gli echi di Un tranquillo weekend di paura da un lato e di Cane di paglia dall'altra) che è rimasto negli annali della cinematografia a stelle e strisce più per la carica eversiva e la volontà di mostrare l'immostrabile che per il valore intrinseco dell'opera. Mutata però la società, nella versione attuale la rappresentazione della violenza si tramuta in mero compiacimento, regalando aggratìs scene di tortura che, senza un adeguato substrato politico (o etico) a sorreggerle, mostrano tutta la loro fragile inconsistenza. La prima parte del film, però, si gode con gran sollazzo: i bifolchi fanno brutto per davvero e la boscaglia che incombe offre più di qualche brivido lungo la schiena. Tutto procede rapido ed emozionante e sembra davvero una versione dell’originale fatta con un budget degno. I guai cominciano grossomodo con l'avvio dell'infernale stupro: in cabina di regia non si sa bene quanto dosare l'efferatezza e così la protagonista - per evitare la ripetitività - a un certo punto sviene. Buona l'idea di inserire un'ambigua figura di sceriffo timorato di Dio (lo interpreta Andrew Howard) ma incapace di contenere le proprie feroci pulsioni sessuali. Epperò non appare plausibile che una donna stuprata e spinta (quasi) al suicidio poi sembri acquisire una sorta di superpoteri (uno dei quali, evidentemente, consiste nel materializzare dal nulla un guardaroba cool anche in una stamberga in mezzo alla vegetazione) per vendicarsi dei propri aguzzini. E questo sottrae pathos all'immedesimazione, pertanto quando dovremmo solidarizzare con la ribellione di Jennifer, assistiamo di fatto solo ad una successione di torture inflitte (alcune davvero per stomaci forti, tipo la cesoia sul pistolino del più cattivo) mai emotivamente coinvolgenti. Per patiti del genere, ma forse è meglio recuperare l'originale o, ancor di più, L'Ultima Casa a Sinistra di Wes Craven.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :