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Stadi di calcio: la proprietà è la vera panacea di tutti i mali?

Creato il 07 marzo 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Pur analizzando sport ed aree geografiche fra loro diverse, le analisi riportate nei post precedenti hanno fornito indicazioni fra loro coincidenti:

  • la costruzione di un nuovo stadio comporta un significativo incremento dei ricavi locali delle squadre che ne hanno la proprietà, per un periodo di tempo identificabile in circa un decennio;
  • l'aumento dei ricavi avviene tipicamente grazie all'incremento dei costi unitari dei biglietti, ad una maggiore quantità diposti dedicati all'utenza business (incluse le Sky box) e, solo marginalmente, ai nuovi servizi accessori all'impianto (parcheggi, concessioni, ecc.);
  • è diffusa un'importante percentuale di capitale proprio (o di contributi da amministrazioni pubbliche) nel finanziamento dei nuovi impianti, con una quota di debito bancario limitata al 30% dei costi complessivi. Una diversa ripartizione potrebbe rendere più difficoltoso la copertura dell'investimento da parte delle squadre.
Non sembra quindi essere la proprietà dell'impianto a garantire l'incremento dei redditi per la squadra di calcio ma, piuttosto, la possibilità di poterlo sfruttare in maniera non circoscritta al solo evento calcistico, incrementando le possibili fonti di entrata.

Infatti:

  • l'Ajax non è proprietaria dell'Amsterdam ArenA (ha una quota del 7,1%), paga un regolare affitto per l'utilizzo dell'impianto, ma ha beneficiato comunque di un incremento dei ricavi;
  • l'Arsenal è proprietaria dell'Emirates Stadium, ma non avrebbe avuto la forza di realizzare l'investimento se non avesse potuto finanziarne una parte attraverso i proventi immobiliari derivanti dalla costruzione di HighburySquare (aree, peraltro, di sua proprietà);
  • L'Allianz Arena dimostra che l'investimento in un nuovo impianto è fonte di nuovi importanti ricavi (come sta accadendo per il FC Bayern), ma anche di possibili problemi, tanto è vero che il TSV 1860 München (l'altro proprietario originale), non appena retrocesso, ha dovuto vendere la propria quota per l'incapacità di sostenerne i costi.

Dobbiamo però chiederci se sia possibile applicare tout court questi esempi all'Italia?
Probabilmente no. O comunque non a tutte le squadre.

È quanto sostenuto, ad esempio, da Marco Di Domizio (Ricercatore di Economia Politica dell'Università di Teramo):

" È indubbio che i club inglesi mostrino performance superiori rispetto a quelle dei club italiani (e non solo), ma tale gap si è determinato in particolare negli ultimi tre anni in cui ben 11 volte, sulle 12 potenziali, le squadre inglesi sono approdate ai quarti. È possibile che nel giro di tre anni si siano create le condizioni per un ampliamento così forte del livello di competitività? È possibile ricondurre tale gap alla possibilità di disporre di uno stadio di proprietà? Ma soprattutto il gap economico, se esiste, è riconducibile alla mancanza di uno stadio di proprietà? La nostra risposta è no! Quello dello stadio di proprietà si sta trasformando in una sorta di mito sul quale sono stati e si stanno tuttora riversando fiumi di inchiostro tra inchieste giornalistiche, pamphlet, libri (di sociologi), tesi di laurea ed altro. Quello che più sorprende è che per alimentare il dibattito intorno a questo tema si citano realtà lontane anni luce da quella italiana. Si portano come casi di confronto quelli dell'Amsterdam Arena, dell'Allianz Arena di Monaco di Baviera, dell'Emirates Stadium di Londra, ovvero di realtà metropolitane estreme per dimensioni economiche e di bacino di utenza. Tali modelli sono esportabili in Italia? Se sì, per quante squadre? Quale opportunità, non solo di redditività ma soprattutto di finanziamento dell'opera, avrebbe una società di medie dimensioni di Serie A per non parlare di quelle provinciali?"[i]

Quando si portano dati di carattere generale come base per un'analisi specifica occorre ricordare che, se questi sono importanti per cogliere le indicazioni del mercato e le tendenze in atto, devono poi essere contestualizzati per verificare se sono applicabili tout court al caso che si sta osservando. Non perché si debba essere conservatori o"provinciali"nell'analisi, ma perché non necessariamente una situazione valida e di successo a livello internazionale può essere replicata e portata a modello in una specifica realtà.

Dall'analisi dei tre stadi esteri emergono invece indicazioni applicabili anche in Italia, che devono fare riflettere:

  • nel progettare l'impianto è opportuno riservare una parte degli spazi per aree destinate ad un'utenza business, (Sky box, posti VIP, ecc.), se possibile anche aldilà delle specifiche prescrizioni minime dell'UEFA, in quanto queste garantiscono un elevato ritorno economico ed attivano un potenziale utilizzo dell'impianto anche al di fuori dei giorni di gara (riunioni di lavoro, catering, ecc.), con conseguente incremento dei ricavi. Il caso dell'Arsenal è emblematico, in quanto la squadra ottiene da tali categorie di posti circa il 35% del totale delle matchday revenues;
  • le aree commerciali all'interno dell'impianto devono essere (preferibilmente) tematiche: museo della squadra, negozi dedicati al merchandising, ristoranti e club house. Possono esservi posizionati, come nel caso dell'Allianz Arena anche i negozi degli sponsor principali. Le altre aree, se necessarie, sono ubicate all'esterno;
  • la copertura dell'investimento dovrebbe far prevalere l'utilizzo di mezzi propri da parte dell'investitore con una percentuale del 70%. L'origine può essere mista: capitale degli azionisti, emissione di obbligazioni per coinvolgere la tifoseria, identificazione di possibili sponsor interessati a partecipare in qualità di soci-fondatori, vendita di proprietà immobiliari. Nell'identificazione della percentuale di copertura attraverso mezzi propri è, evidentemente, rilevante il valore assoluto dell'investimento: un conto è coprire un debito di 400/500 milioni di Euro, con esborsi annuali variabili fra i 25 ed i 30 milioni di Euro, altro conto se la cifra da finanziare è più contenuta e l'esborso sostenibile nell'ambito del giro d'affari della squadra.

Gli esempi esteri, quindi, possono e devono essere analizzati. Ma vanno calati nel contesto della realtà che si sta considerando.

Tale passaggio va fatto con onestà intellettuale, allo scopo di non basare i propri progetti su premesse non replicabili. O, peggio ancora, di non nascondere dietro all'idea dello stadio delle iniziative immobiliari che, sebbene lecite nello scopo, non rappresentano un corollario ad un investimento sportivo, ma piuttosto il vero investimento (mascherato dallo stadio?).

[i] http://www.crusoe.it/mercato-regole/gli-stadi-in-italia-costruire-o-ripopolaress/133/
[ii] Nel caso dell'Emirates Stadium, la filosofia del club proprietario è addirittura definita come "Arsenalisation". Nel caso dell'Amsterdam ArenA, che non nasce personalizzato sulle necessità dell'Ajax, le aree veramente commerciali sono state oggetto di sviluppo nell'ambito dell'ArenA Boulevard.

I testi sono in parte tratti dal libro "Ho provato a difendere un Sogno" (di Diego Tarì, in collaborazione con l'Arch. Roberto Burlando e con l'Ing. Fabio Masnata). dedicato alla discussione sullo stadio di Genova. Stadi di calcio: la proprietà è la vera panacea di tutti i mali? Il libro è scaricabile gratuitamente in formato ebook dal sito www.difendereunsogno.jimdo.com

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